CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Genitori incapaci di spiegare il senso della vita?

13 Gennaio 2020

genitore

Quali sono i pilastri e i valori su cui si fonda la relazione educativa genitori e figli? Il quadro che emerge è preoccupante: genitori molto accudenti ma poco maestri di vita, incapaci di trasmettere ai figli quelle virtù che costruiscono una persona e non la rendono schiava di una cultura individualistica che rincorre il piacere ad ogni costo.

Secondo gli ultimi dati dell’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) le nascite in Italia sono in costante diminuzione, negli ultimi dieci anni sono crollate del 23 per cento. Nell’ultimo anno abbiamo un meno 20mila che dovrebbe quantomeno suscitare qualche interrogativo. Niente! Nessuno se ne preoccupa. Mancano politiche ad hoc e, prima ancora, manca un confronto serio su un fenomeno che forse viene considerato marginale e che invece potrà influenzare non poco i processi sociali del futuro. 

La diminuzione delle nascite è stata salutata come un bene sociale ed è stata anche favorita da una politica che non ha mai tenuto in giusta considerazione le necessità legate ad una famiglia numerosa. Nell’immaginario culturale creato negli anni ’60 e che tuttora tiene banco, meno figli uguale maggiore attenzione educativa. I genitori desiderano dare ai figli tutto ciò che serve per la loro crescita. La preoccupazione non solo è legittima ma doverosa. E tuttavia, si cade facilmente nella trappola tesa dalla cultura del benessere e del consumismo che impongono mode e modalità che comportano costi nient’affatto marginali. 

Tutto questo ha non poche conseguenze. In primo luogo, distoglie tempo e risorse dalle cose più essenziali, quelle che sono assolutamente necessarie per uno sviluppo integrale della persona. Non mi riferisco solo alla fede che, considero come il fondamento e l’orizzonte di qualunque proposta educativa, ma anche alla dimensione relazionale, premessa indispensabile di quelle virtù sociale che, a parole, vengono sbandierate come pilastri del vivere civili. I nostri figli crescono con un tasso di individualismo che è davvero preoccupante e che, se non verrà corretto lungo gli anni, avrà non poche conseguenze sul loro cammino personale e sul loro impegno familiare e sociale. 

Tanti genitori sono pronti a sostenere ogni genere di attività – dalla danza alla palestra, per fare solo due esempi – che dovrebbero dare sale alla vita ma non sono capaci di spiegare le ragioni che danno senso alla vita. Se non educhiamo i figli ad affrontare le piccole difficoltà che oggi incontrano, come potranno gestire gli eventi imprevisti che saranno causa di sofferenza? Se li facciamo crescere con la mentalità che hanno diritto ad avere tutto, come potranno maturare la coscienza della responsabilità? Se non li invitiamo ad accogliere l’altro – il fratello, il compagno di classe, l’anziano – come potranno diventare attori di una società più solidale? Se non diamo loro gli strumenti per una valutazione critica della realtà, come potranno difendersi da quella cultura che, in modo sempre più pervasivo, impone idee e modelli di comportamento inaccettabili perché incompatibili per la dignità della persona? 

L’educazione deve tornare ad essere un capitolo importante e decisivo della vita sociale. È vero, non ci sono ricette a buon mercato valide per tutti, specie in una società complessa come la nostra. Una cosa è certa, dobbiamo vincere la tentazione rinunciataria che oggi fa capolino e che abbandona i figli ad una cultura che ha tutto l’interesse ad aumentare il popolo dei consumatori, per avere burattini da manovrare a piacimento. Dobbiamo chiedere ai genitori di fare la loro parte e di dedicare più tempo ai figli, non solo come baby-sitter o come autisti, ma proprio come educatori. Dobbiamo ricordare loro che è questo il primo mestiere che devono esercitare. Un mestiere oggi più faticoso che, proprio per questo, richiede un surplus di attenzione e competenza. 

Questo appello non chiama in causa solo i genitori ma anche tutti coloro che hanno responsabilità nella vita sociale ed ecclesiale. Nel 2011, agli inizi del decennio ormai concluso, la Chiesa italiana aveva pubblicato un documento interessante: Educare alla vita buona del Vangelo. Non mi pare che questo progetto pastorale abbia avuto una specifica ricaduta sul piano di una maggiore attenzione a quella specifica e primaria responsabilità educativa che appartiene ai genitori. Se l’educazione non torna ad essere considerata come la prima e la più grande sfida, il futuro diventa più oscuro per tutti.




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