Morte

di Miriam Incurvati, psicologa

Come spiegare la morte a un bambino?

23 Ottobre 2019

Angelo

La morte è una cosa seria. Tanto seria da far paura. E a volte i primi ad avere una gran paura della morte siamo proprio noi. Esiste un modo per spiegare questa dimensione della vita ai nostri figli? Sì e chi crede in Dio è avvantaggiato perché ha una risposta concreta da dare: la Resurrezione.

Hanno regalato alle mie figlie il libro “Anna dai capelli rossi”, stasera mentre gliene leggevo qualche pagina, si è avviata una conversazione interessante. La più piccola giocava e rideva, giusto per attirare l’attenzione (ha 2 anni e mezzo e segue poco un testo con una trama così complessa) ma la sorella, di quattro anni per la precisione, si gira all’improvviso e la zittisce così: “No guarda non si fa. Non si ride quando si parla della morte. È una cosa seria”. In effetti, la protagonista del libro è un’orfana che ha dovuto cambiare famiglia numerose volte. 

Io rimango, però, silenziosa e affascinata dalla fermezza di quella frase. Non so dove mia figlia ha imparato questa cosa, ma ha ragione. La morte è una cosa seria. Tanto seria da far paura. E a volte i primi ad avere una gran paura della morte siamo proprio noi. I grandi. Quelli che dovrebbero sapere, che dovrebbero spiegare, che dovrebbero proteggere. Qualcuno di noi grandi pensa sia una cosa troppo seria per i bambini, allora decide di non parlargliene per proteggerlo, per non farlo soffrire. Sì è vero, di solito le cose serie sono importanti, e anche la morte lo è. Però, per questi adulti è troppo difficile parlarne, e poi a dei bambini. Ma in fondo, io li capisco. È proprio difficile parlare ai bambini di qualcosa che ci può dividere, che ci può far soffrire. 

Eppure, qualcuno ci riesce. Sapete che quest’anno è stato il 30° anniversario della serie “Esplorando il corpo umano“, un cartone animato passato alla storia per aver trasmesso l’anatomia umana attraverso straordinari racconti avvincenti, raffigurando le varie cellule e microrganismi come personaggi animati. Un capolavoro dell’epoca. Ma io in particolare ho a cuore un episodio: il 26esimo e ultimo, il toccante Le età dell’uomo (Et la vie va…, nella versione originale francese). Si racconta il fine vita del nonnetto e tutta la famiglia raccolta intorno al suo capezzale per salutarlo: adulti, giovani, bambini e donne incinte. Apprezzo molto il modo laico di affrontare la questione. Si delinea un messaggio fondamentale: la morte è un fenomeno naturale della vita. Il ciclo della vita prevede questo ritmo. 

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Si aggiunge poi una seconda preziosa nozione: la vita di chi rimane continua portando in eredità ciò che ha ricevuto da chi è morto. La vita prosegue perché nascono altri bambini. Va avanti perché chi c’è può vivere anche con gli insegnamenti di chi non c’è più. Ecco questa mi sembra una versione utile, da poter riproporre.

Nella riflessione di oggi voglio suggerire tre punti che possono orientare il nostro parlare al bambino della morte:

  1. I figli hanno bisogno di condivisione. Permettetegli allora, di affrontare insieme il dolore, di parlarne e di sfogarlo. Le parole agiscono solo su una piccola sezione della nostra esperienza, e soprattutto nessuna parola è capace di togliere il dolore. Ma non è certo questo l’obiettivo dell’agire educativo. Noi genitori non siamo qui per tenerli sotto una campana di vetro. Siamo qui piuttosto per guidarli/ affiancarli nella loro crescita. Non neghiamo la paura della morte. È un elemento che forse accomuna molti. Accogliamo il bambino quando ne parla, e conteniamo la sua angoscia. Il dolore allora potrà essere condiviso, affrontato, sentito ed elaborato.
  2. I bambini hanno diritto a salutare. A sapere per tempo, quando è possibile, che stanno per perdere una persona cara. Sarebbe utile se avessero il tempo di prepararsi a lasciar andare. In caso contrario potrebbe essere più difficile elaborare, la ferita potrebbe continuare a sanguinare, far fatica a rimarginarsi. Al riguardo, i funerali rappresentano il momento per eccellenza del saluto. Bambini dopo i 3 anni con un’adeguata preparazione possono parteciparvi serenamente. Ed infine, tutti i cimiteri forse servono anche a questo: a salutare, a lasciar andare, a ricordare, a continuare a manifestare il nostro amore a chi è morto. Forse bisognerebbe tornare a frequentarli di più, portando con noi anche i nostri fanciulli.  
  3. I figli hanno bisogno di senso, non tanto e non solo tecnicismi ma soprattutto valori. Se lo ritenete utile spiegate di cosa è morta la zia, ma soprattutto date senso alla perdita, alla separazione. Non sempre questo è fattibile, alcune tragedie sono inaccettabili. Come si può spiegare la morte di un fratellino? Come si può parlare ad un bambino della morte della sua mamma? Eppure ci sono delle metafore che potrebbero dare senso, forse anche speranza. Mi piace quella del semino che morendo si trasforma in un albero meraviglioso. Si potrebbe aggiungere una frase del tipo: “La mamma è morta, perché la vita è fatta così, prevede la morte. Ma la sua vita ha un seguito… quel seguito sei tu”. 

Ovviamente, chi crede nel Paradiso, negli angeli, in Dio è avvantaggiato. Può fornire ai suoi bambini una lettura spirituale che potrebbe aiutarli molto. Rispetto alla paura della morte ad esempio, un cristiano può comprenderla perché conosce la natura dell’uomo che sempre aspira all’eternità. Eppure, ha una risposta concreta: la Risurrezione. Al riguardo Don Oreste Benzi, un sacerdote educatore di enorme spessore, scriveva: “Infinito, armonia universale, bellezza affascinante, luce infinita, mistero indicibile: sono parole mozzafiato. Appena le senti è come avere le vertigini, sono parole da capogiro, soprattutto durante il periodo teen-ager. Ma nel medesimo tempo senti come una tragedia dentro di te (Rm 8,14). Dio preme in te, ti ha creato per l’immortalità, a immagine della sua natura, ti ha creato! Immortale, dai desideri infiniti, con una spinta verso la pienezza, con la paura della morte. E la morte è il non-senso della vita. Ogni volta che vivi nel non-senso, muori. È di questa morte che hai paura”. 

E allora tutti noi possiamo intercettare questa paura, dargli valore e dare la nostra disponibilità ad affrontarla. In tutti i casi, ogni adulto vicino al bambino che affronta un lutto può aiutare a dare senso, anche solo con il suo abbraccio amorevole.




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