CORRISPONDENZA FAMILIARE

Il gender, la nuova religione che modifica l’uomo

30 Settembre 2019

manichino

“Il Nuovo Verbo trionfa, ma dinanzi a questo scenario inquietante noi dobbiamo conservare il buon senso e la capacità di costruire una reale alternativa culturale”. Il gender avanza e tra poco ci ritroveremo inconsapevolmente trascinati in un’altra società civile. Superata la differenza “maschio e femmina”, gli argini sono rotti. Come restare lucidi? Quali sono le basi antropologiche e culturali da cui ripartire? Lo affronta Punto Famiglia Plus nel suo dossier mensile in uscita il 4 ottobre.

L’ideologia gender non è una problematica etica ma una nuova religione. Non si tratta di un fenomeno sociale transitorio ma di una questione destinata a durare perché non è più una corrente culturale ma una vera e propria dittatura del pensiero che s’impone con sempre più raffinata prepotenza attraverso una legislazione che non lascia più spazio al dissenso. Non si limita a codificare nuovi diritti ma rappresenta il tentativo di modificare radicalmente la concezione dell’uomo e della struttura sociale.

È un’ideologia che avanza rapidamente e senza trovare ostacoli. Tutti affascinati da questa nuova cultura, tutti convinti che “maschio e femmina” non sia una legge normativa della natura ma una condizione culturale imposta chissà quando e chissà dove. Tutti o quasi discepoli devoti di questa nuova religione che, come d’incanto, risolverà tutti i conflitti sociali, eliminerà le discriminazioni ereditate dal passato, inaugurerà una nuova era. L’età dell’oro si avvicina.

Restano alcune sacche di resistenza attivate dai gruppi più conservatori di stampo cattolico. Resta, ma di questo ovviamente nessuno parla, una decisa opposizione da parte di quel miliardo e più di musulmani che guardano la politica gender come fumo di satana. Restano le perplessità di tante persone che, prima di parlare, hanno ancora il buon gusto di pensare. A parte questo limitato dissenso, il Nuovo Verbo trionfa. 

Questa cultura presenta i tratti del più rigoroso totalitarismo. Di fatto la cultura giuridica impone un modello che respinge come illegale ogni diversità e dissenso. L’impostazione gender è assunta come un criterio veritativo, assolutamente incontrovertibile. Per questo è doveroso – un dovere che assume la forma della più intransigente eticità – zittire o irridere tutte le voci contrarie, far apparire ridicole le obiezioni, mettere nell’angolo i dissenzienti, anzi additarli al pubblico ludibrio. Non è più il 1984 di Orwell, siamo nel 2019. E purtroppo, non parliamo di un libro ma di una realtà che oggi è andata al di là di ogni pessimistica previsione. 

Leggi anche: Gender: bomba atomica o problema inesistente?

Il recente documento della Congregazione per l’educazione Cattolica, di cui si parla ampiamente in questo dossier, citando Benedetto XVI, afferma senza mezzi termini che i percorsi educativi dell’ideologia gender “trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”. Dinanzi a questo scenario inquietante dobbiamo conservare il buon senso e la capacità di costruire una reale alternativa culturale. Abbiamo il dovere di formare il popolo credente perché sappia custodire la fede e distinguere il bene dal male.

Non basta scrivere un documento che resta negli scaffali della storia. Né basta fare convegni che coinvolgono solo gli addetti ai lavori. Dobbiamo mettere in campo un’articolata strategia comunicativa capace di arrivare al largo pubblico. Dobbiamo chiederci come e quali messaggi far giungere alle nuove generazioni già abbondantemente indottrinate. La questione è tanto più urgente quanto più abbiamo la consapevolezza di non trovare alcun appoggio nei mezzi di informazione che, manco a dirlo, sono tutti a favore dell’ideologia gender. Così come quarant’anni fa erano a favore del divorzio e dell’aborto.  

Non desidero una Chiesa più agguerrita ma una Chiesa più vigilante e maggiormente preoccupata di offrire una proposta educativa che da una parte denuncia il male sempre e con chiarezza per non alimentare equivoci e confusioni già abbondantemente presenti; e dall’altra elabora sussidi che, con un linguaggio semplice e persuasivo, sappiano offrire quelle provocazioni che favoriscono la crescita di una coscienza critica. Su entrambi questi versanti noto una latitanza educativa che mi preoccupa non poco. Nel corso dei secoli il cristianesimo ha subito tante persecuzioni ed è passato sotto diversi regimi, è dunque in grado di resistere anche a questa nuova dittatura. A condizione di non subirla passivamente e di non fare concessioni etiche in nome di un malinteso dialogo che rischia di diventare – ahimè per noi – un nuovo e più pericoloso cavallo di Troia.

L’ideologia gender non esiste, dicono i fautori della cultura che intende abolire ogni differenza sessuale. Un atteggiamento sospetto. Si difendono come fanno tutti i dittatori che rifiutano stizziti le critiche degli oppositori perché ritengono di essere i salvatori del popolo. Meglio svegliarsi prima che sia troppo tardi. 

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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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