Scuola
Cosa vuol dire innamorarsi?
di Elisabetta Cafaro
Settembre è iniziato, i ragazzi sono tornati tra i banchi. Guardandoli mi accorgo che qualcuno ha lasciato il cuore in questa estate, e allora ho deciso di iniziare l’anno con una domanda: “Perché ci si innamora? E come si fa a riconoscere quando un amore è autentico?”.
“Sulla spiaggia si allungavano le ombre. Guardando l’uva mi dicesti è già settembre…”. Qualcuno della mia generazione avrà riconosciuto le prime strofe di questa celebre canzone estiva dal titolo “Mi innamorai”. Proprio così… è già settembre e sicuramente nelle varie stagioni della vita almeno una volta, tutti ci siamo innamorati. In questo settembre 2019 il fresco e piacevole venticello della mattina mi riporta come un’eco le numerose e tristi storie di fallimenti matrimoniali, che mai come in questa estate ho ascoltato. Sono pagine di vita dolorose, ferite che lacerano l’anima, strappano pezzi di cuore, sono promesse e speranze di un sogno pensato in due che cadono in frantumi, diventando briciole irrecuperabili eppure: “Eravamo innamorati… ma poi l’amore è finito”.
Perché un matrimonio fallisce? Sembra troppo facile rispondere che si è infranta sin dall’inizio una delle regole, ma ci sono delle regole per un buon matrimonio? In realtà secondo alcune teorie come il Well–being che è la corrente filosofica nata dalle opere di Roberto Albanese, le persone “si amavano, ma non si volevano bene”. L’innamoramento per quanto sia una situazione altamente emozionale non è una condizione per la riuscita del matrimonio, il volersi bene sì. L’eventuale fase di innamoramento iniziale deve essere sostituita da un costante volersi bene.
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Riflettendo su questa tematica ho deciso di iniziare questo nuovo anno scolastico chiedendo ai ragazzi: “Cosa significa volersi bene, amarsi?”. Non è una lezione facile, ma nulla è semplice quando si toccano i sentimenti. Un’equazione segue delle regole. Il cuore dell’uomo quale legge segue? In un mondo in cui prevale l’egoismo, l’edonismo, l’arrivismo e mors tua vita mea (morte tua vita mia) sembra essere diventata un’ardua impresa educare all’affettività, a volersi bene, a rispettare le diversità, a edificare relazioni sincere e durature.
La triste prova di questa realtà è statisticamente verificabile dai numerosi fallimenti amorosi proprio delle unioni matrimoniali. I dati del 2015 risentono degli effetti delle recenti variazioni normative. In particolare, l’introduzione del cosiddetto “divorzio breve” fa registrare un forte aumento del numero di divorzi, che ammontano a 82.469 (+57% sul 2014). Più contenuto è l’incremento del numero di separazioni, pari a 91.706 (+2,7% rispetto al 2014). La durata media del matrimonio al momento della separazione è di circa 17 anni. In media i mariti hanno 48 anni, le mogli 45 anni. La propensione a separarsi risulta più bassa e stabile nel tempo nei matrimoni celebrati con il rito religioso. A distanza di 10 anni dalle nozze i matrimoni sopravvissuti sono 911/914 su 1.000 per i matrimoni contratti nel 1995 e nel 2005. I matrimoni civili sopravvissuti scendono a 861 per il 1995 e a 841 per il 2005.
Leggo questa statistica con i ragazzi in classe e comprendo dalle loro considerazioni che è sempre più difficile credere che possano esistere legami affettivi solidi e concreti. Famiglie divise o allargate sono la prova visibile di come questo sentimento sia diventato flebile. Sembra davvero che la triste profezia di Baumann quando coniò il termine “amore liquido” si sia avverata. Tra i 15 e i 20 anni, delusioni e cottarelle, spesso generano una chiusura.
Annalisa (nome di fantasia) quando si parla di sentimenti si tappa le orecchie. I suoi genitori sono separati e lei sente il peso di questa profonda frattura. Qualcun altro esce fuori dall’aula indossando la sua corazza di guerriero ferito, capace (a suo dire) di fare a meno dell’amore. C’è chi, invece, sta vivendo una storia positiva sia nella sua vita che nella sua famiglia e sorride accarezzando questo sogno. Dove ci troviamo? Nel pianeta dei giovani, dove il cuore lancia continue scintille e la vita è una bounganville sempreverde.
Proprio all’ombra di una maestosa bounganville che si trovava sulla terrazza di mia nonna lessi le lettere d’amore che mio padre e mia madre si scrivevano. Erano chiuse in una cassaforte di colore verde bottiglia. Avevo trovato per caso la chiave. Ero un’adolescente curiosa, un po’ dispettosa e… senza troppi scrupoli iniziai a rovistare attraverso quei pezzi di carta nella vita sentimentale dei miei genitori e nei loro cuori. In quella cassaforte c’era anche un libro con una copertina di pelle color avorio, impreziosita da un titolo scritto con i caratteri in oro: “Oggi Sposi. Diario di una vita insieme”. Mia madre lo aveva ricevuto come dono di nozze dall’ultimo Abate della Collegiata di san Giovanni Battista di Angri, (piccolo e accogliente paese della provincia di Salerno) il cui nome era don Alfonso Raiola. Don Alfonso fu la sua guida spirituale, nonché il sacerdote che sigillò la sua unione sponsale. Le pagine di questo libro mi affascinarono e all’ombra della bounganville iniziai a leggerle. Si parlava di un amore illuminato dalla grazia di Dio. Ogni parola era una perla preziosa, una guida per fidanzati e sposi verso il cammino insieme e l’accoglienza della vita, fulcro e centro della famiglia.
Scoprii un vero tesoro, che non doveva essere chiuso in una cassaforte ma divulgato. Inconsapevolmente avevo trovato la chiave che apre la porta alla reciprocità e al dialogo coniugale nei lunghi e difficili sentieri della vita. Compresi che l’amore coniugale è uno specchio dell’amore di Dio e trovai la risposta alla domanda cosa vuol dire amarsi: “Cercare Dio negli occhi dell’altro”. Riuscirò mai a farlo capire anche ai miei ragazzi e soprattutto a quelli come Annalisa, che hanno perso fiducia nell’amore? Alla fine dell’anno ve lo racconterò…
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