Vita
Quando la maternità vince la morte: la storia di Glory Obibo
a cura della Redazione
Era malata e sapeva che portare avanti quella gravidanza poteva determinare la sua morte, ma questo non le ha impedito di andare fino in fondo e far nascere la bambina. Domenica mamma Glory, 29enne di origini nigeriane, è morta, ma il suo gesto di coraggio sopravvive in sua figlia.
“Nostra figlia deve venire al mondo”: questa la risposta di mamma Glory quando, in stato di gravidanza, ha scoperto di avere un tumore al seno. Nessuna esitazione, una sola la strada da percorrere: portare a termine la gravidanza e far nascere la bambina. Lei è Glory Obibo, 29 anni, origini nigeriane. La sua storia sta commuovendo Treviso, gli amici della famiglia, ma anche il vasto mondo del volontariato, in particolare il Cav e il Mpv, che hanno accompagnato lei e suo marito, Samuele lungo questo doloroso itinerario, l’ospedale di Treviso e la comunità di “Casa dei gelsi”. A tre mesi dalla nascita della figlia, però, Glory non ce l’ha fatta e domenica ha lasciato questo mondo.
Era giunta in Italia nel 2000, insieme a tante altre nigeriane, per riscattarsi dalla miseria. A Treviso ha conosciuto Samuele, un bravissimo pizzaiolo: lei viveva per strada, lui una sera le regalò un pezzo di pizza e così si conobbero. Un anno fa, dopo il matrimonio, la ricerca di un figlio. Due i tentativi poi l’arrivo della tanto sospirata gravidanza. Ma dopo poche settimane il dramma: un dolore al seno, i controlli e la decisione dei medici di operare. Proprio in sala operatoria il tumore si palesa in tutta la sua gravità. Si rendono necessarie terapie tra le più pesanti, ma la bimba? La bambina è sana e, quindi, deve nascere.
Per Glory non ci sono dubbi. Le cure possono aspettare; per il momento bastano quelle che frenano la malattia. «Glory ha protetto tutti, fino all’ultimo, tenendosi per sé le paure e le sofferenze. L’ha fatto per dare alla luce nostra figlia – ha confidato Samuel a “La Tribuna” -, ed ora io ho tra le mani un diamante che alleverò con tutta la forza e la tenacia che aveva lei. Io potevo solo sostenerla; la sua, credo, non sia mai stata davvero una scelta. Sapeva di volere nostra figlia, ed ha proseguito per quella strada come se fosse la cosa più giusta e normale. Anche immaginando quello che poteva succedere».
Era sostenuta da una grande fede che le donava sempre uno sguardo positivo sul futuro. Lungo questo doloroso percorso Glory ha trovato al suo fianco le volontarie di “Uniti per la vita”. «La sua scelta è stata grande – riconosce Lidia De Candia – perché Glory era consapevole di avere un brutto male. Probabilmente sapeva anche che un’eventuale gravidanza non si sarebbe conciliata con le cure, ma la maternità l’ha voluta con tutte le sue forze. Era davvero una persona bella, educata, gentile, piena di entusiasmo. Non finiva mai di ringraziare noi volontarie, ma anche il personale medico e infermieristico prima dell’ospedale e poi dell’hospice. Non voleva che ci affaticassimo per assisterla».
Cav e Mpv di Treviso accompagnano 300 mamme in difficoltà; numerose sono proprio quelle nigeriane. «Glory era di una riconoscenza eccezionale – ammette Lidia – quando uscì dall’ospedale, volle farsi portare, seppur gravemente ammalata, al Cav per ringraziare. E proprio una delle nostre volontarie l’ha accompagnata anche negli ultimi istanti di vita, accanto al marito e a sua figlia».
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