CORRISPONDENZA FAMILIARE
di don Silvio Longobadi
Ti puoi fidare di Gesù e della Chiesa che parla in nome di Cristo
5 Agosto 2019
“Non esistono famiglie perfette”, ha detto una volta Papa Francesco. Queste parole vengono ripetute come un mantra ma spesso sono utilizzate per dire che non possiamo proporre ideali troppo grandi. La perfezione è al di là dei nostri piani, non appartiene al nostro orizzonte esistenziale. Meglio restare con i piedi sulla terra. Eppure…
A leggere il Vangelo il nostro unico Maestro non sembra così accomodante. Un giorno incontra un giovane che gli pone una domanda seria: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” (19,16). Inizia così un dialogo che – ahimè – non si conclude positivamente. A dire il vero, la risposta di Gesù indica un ideale piuttosto esigente, gli chiede di vendere tutto e di donare il ricavato ai poveri. La proposta non trova accoglienza, la parola di Gesù appare troppo impegnativa. Se non fosse Gesù il protagonista, i benpensanti direbbero che ha chiesto troppo e troppo presto. Dobbiamo adattarci alla mentalità e alla cultura. Per l’ebreo i beni materiali non sono erano indispensabili ma rappresentavano una benedizione di Dio, una sorte di impliciti imprimatur. Perché dunque toccare proprio questo tasto così doloroso? Non era meglio battere altre piste e più tardi, semmai, giungere anche ad affrontare un argomento così ostico.
Nessuno accusa Gesù di aver chiesto troppo. Tanti invece accusano la Chiesa di proporre un ideale della sessualità che non può trovare accoglienza nel contesto dei condizionamenti culturali oggi in atto. Per questo chiedono di cambiare. La Chiesa non può venir meno al suo compito, essa non può dare le briciole ma deve indicare con chiarezza la via della felicità, pur sapendo che si tratta di una via stretta.
Il primo grande discorso di Gesù che Matteo registra nel suo Vangelo è conosciuto come il Discorso della montagna (Mt 5-7). Una proposta articolata e impegnativa che tocca tutti gli ambiti della vita: il rapporto con gli altri, con Dio e con le cose. Una proposta fondata sull’autorità di Gesù e come racchiusa nell’espressione: “Ma io vi dico”.
Stando a Matteo sono le prime parole del primo dei grandi discorsi che strutturano questo Vangelo. E tuttavia, siamo sorpresi nel vedere che fin dall’inizio la Parola di Gesù risuona forte e chiara. Il buongiorno si vede dal mattino, dice un proverbio. Gesù mette subito sulla bilancia il peso della sua autorità ma sembra non pesare le parole che Egli consegna, come se non sapesse quanto sono impegnative. Egli invece sa bene quello che dice e quello che fa. È giusto fare le cose con gradualità ma non dobbiamo fare della gradualità una scusa per non compiere i passi decisivi, che in genere sono quelli più faticosi. La pedagogia di Gesù è diversa dalla nostra: Egli invita a prendere sul serio la vita, chiede di non esitare. Chi vuole vivere la vita non deve aver paura di puntare in alto.
“Ma io vi dico”: questa formula, che introduce ogni insegnamento, non ha solo un valore formale, non è solo una premessa, al contrario contiene una verità essenziale che viene prima e vale più dell’insegnamento: è come se dicesse, fidatevi di me! Gesù cita la Legge antica, cioè quella Parola che da secoli nutre la fede d’Israele, e annuncia che Egli ha un’altra parola da dire, una parola che non si limita ad offrire una nuova interpretazione ma apre un orizzonte nuovo. Il suo insegnamento è realmente, radicalmente innovativo. Possiamo accoglierlo solo se riconosciamo che Lui parla con l’autorità di Dio.
I giovani rivendicano la loro autonomia ma in fondo sentono l’esigenza di incontrare maestri, adulti che sanno indicare la strada. “La domanda di fondo”, disse Giovanni Paolo II ai giovani raccolti a Tor Vergata durante il grande raduno del 2000, non riguarda solo il “che cosa fare” ma il “chi”: “verso chi andare, chi seguire, a chi affidare la propria vita”. I giovani hanno bisogno di sapere in nome di chi possono accettare la sfida della vita e affrontare le difficoltà. È una domanda silenziosa, talvolta. Spetta agli adulti dare una risposta. Spetta alla Chiesa, cioè a noi. Tutti, nessuno escluso.
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