Maternità

di Miriam Incurvati, psicologa

Ma la “mamma perfetta” esiste davvero oppure no?

25 Luglio 2019

mamma

Non sbagliare mai, non perdere la testa, sapere sempre cosa è giusto fare, sorridere anche quando bisogna far finta che le cose vadano bene. Siamo davvero sicuri che questa sia la ricetta della mamma perfetta? E se invece ci concedessimo anche di sbagliare?

Diventare mamma è un’esperienza che ti segna per la vita. È un attimo che niente e nessuno potrà cancellare. Eppure non basta mettere al mondo un bambino, non basta leggere qualche libro, non basta neppure manifestare un amore infinito. Molte di noi mamme si devono confrontare con dei modelli genitoriali. Oggi vorrei porre attenzione ad un fantasma che aleggia nei discorsi genitoriali, uno spettro sempre presente tra le parole delle donne alle prese con i figli: il famoso mito della mamma perfetta. Avete presente la mamma della pubblicità del Mulino Bianco? Quella che si sveglia la mattina senza un capello fuori posto, con un sorriso impeccabile, quella che raccoglie le stelle dal cielo e le porta in tavola? Già, proprio quella mamma. Ci siamo cresciuti tutti con un modello così. Tutte noi, chi più chi meno, ci abbiamo fatto i conti. Il nostro mondo di apparenza e falsa eccellenza sembra imporlo come un dominio categorico. 

In cosa consiste poi questa perfezione? Non sbagliare mai, non perdere la testa, sapere sempre cosa è giusto fare, sorridere sempre anche quando bisogna far finta che le cose vadano bene ma non è così.  Questo è un modello molto distante dell’esperienza quotidiana. Molte mamme mi raccontano, ad esempio, dello stordimento provato quando si scoprono a provare un’ambivalenza di sentimenti alla nascita del loro piccolo. Con un’esplosione ormonale, appena attraversato il parto, in preda a vari cambiamenti nella coppia e nella vita personale, è possibile anche provare una simile sensazione, avere un misto di gioia e paura, tristezza ed entusiasmo. Come si concilia tutto questo con la mamma impeccabile? Ma le contraddizioni non finiscono qui, proseguono ed aumentano durante la crescita dei figli. Come può un essere umano, entità limitata, non sbagliare mai. Come può conoscere sempre il bene e il male? E soprattutto può solo l’amore fare di una mamma la mamma ideale? 

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Avrete già capito il mio parere: direi proprio di no. Ma se abbandonassimo il format della mamma perfetta, allora che tipo di modello materno assumere? Innanzitutto, è utile fare un’importante premessa: ogni donna è diversa, ognuna è unica e speciale. Alla stessa stregua ogni figlio porta con sé una irrepetibile unicità. Pertanto, forse più che parlare di una mamma perfetta potremmo individuare una serie di caratteristiche che possono guidare la costruzione del proprio ruolo genitoriale, vorrei proporre quindi tre tipi di competenza genitoriale: il saper essere, il saper fare e il sapere

Personalmente ritengo che per chi ha bambini diventa importante avere accesso a informazioni sullo sviluppo tipico del bambino e sulle possibili strategie educative da adottare. Pensiamo a un bambino che a 12 mesi ancora non cammina, ma riesce solo a stare seduto. È importante che il genitore conosca le tappe di sviluppo motorio, almeno in linea di massima, in modo da poter comprendere se suo figlio ha bisogno di aiuto. È, inoltre, utile che il genitore conosca alcune strategie educative di base. Che possa andare ad approfondire alcune questioni nel momento in cui con sensibilità, responsività e attenzione alle esigenze del piccolo, possa scoprire elementi di criticità. Certamente non tutti sono chiamati ad essere esperti in materia, ma nell’era dell’iper- informazione è doveroso informarsi da fonti attendibili e scientificamente comprovate e poi adattare quanto appreso al proprio stile educativo. Al riguardo suggerisco la scelta di siti e libri dove sia menzionata abbondante bibliografia e di recente aggiornamento. In merito alla ricerca del proprio stile educativo, poi, desidero aggiungere qualche parola. La rete, le riviste e gli opuscoli informativi pullulano di liste di cose da fare: i 7 consigli che non puoi non seguire nell’educazione, le 10 parole da non dire mai a tuo figlio, i 5 pilastri ecc… A volte, troviamo anche spunti positivi, tuttavia, ricordiamoci che l’educazione non è una formula magica, una ricetta da seguire alla lettera. Educare è relazione, costruzione di alleanza, condivisione e molto altro ancora. Allora non esiste una formula preconfezionata ma piuttosto qualcosa da costruire giorno dopo giorno sulla base dei tratti del bambino, della personalità e delle esigenze del genitore ed infine sulle circostanze storiche e di vita familiare. 

E qui si apre la seconda macroarea che abbiamo definito saper fare. Con ciò intendiamo tutti quei comportamenti, azioni, gesti e parole che vedono l’educatore capace di aiutare ed indirizzare il bambino. Non solo cogliere i segnali, non solo informarsi sull’argomento, ma passare in prima linea, “sporcarsi le mani con l’educazione”. Non delegare, non omettere, dedicare tempo, spendere energie e concedersi di sbagliare e poi con onestà riparare ai propri errori.

Per saper essere, infine, si intende la dimensione istintiva, primordiale, in qualche modo di base, che è propria della donna nel momento in cui diviene genitore. Non si tratta però di qualcosa che arbitrariamente si può decidere di avere o non avere, che c’è e si manterrà invariato per tutta la vita. Tutt’altro, è qualcosa che si alimenta, che può modificarsi o perdersi. A volte, si incorre in tentativi di sostegno, anche delle figure che si prendono cura dei genitori e della salute perinatale, che finiscono per sostituire l’adulto di riferimento. Diversamente l’approccio che qui voglio proporre vede l’adulto come attrezzato naturalmente e dunque con una competenza potenziale, una predisposizione innata. Quello che potremmo definire istinto materno che programma la mamma ad accogliere il piccolo, e a strutturare delle competenze in grado di educare il bambino. Allora, l’intervento dei professionisti può volgere proprio ad un rinforzo delle capacità genitoriali, può incrementare la scoperta di un simile istinto e aiutare ad affinare tale istinto.

Possiamo quindi abbandonare il mito della madre perfetta, lontano dalla quotidianità e capace di ingabbiarci in irreali esigenze, ma piuttosto ricordarci di cosa hanno bisogno i nostri figli: un genitore consapevole, un genitore che gli dica che vale la pena vivere, che è possibile farlo, perché lui in prima persona ci è riuscito.




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