CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Quanti bambini aspettano un papà e una mamma! Vogliamo parlarne?

22 Luglio 2019

adozioni

Negli ultimi anni sono drasticamente diminuite le adozioni internazionali: il 50% in meno. Una realtà a dir poco drammatica: meno adozioni significa più bambini che restano senza una famiglia. Tutto questo non interessa a nessuno?

Non si parla molto di adozioni. La politica e i mezzi di informazione risultano assenti ingiustificati. Quanti bambini, in diverse parti del mondo, non hanno una famiglia e crescono in istituti per minori. Meglio di niente ma non si può dire che sia il meglio per loro. Una realtà assai triste di cui si parla poco. Troppo poco, praticamente nulla in rapporto al dramma. 

Perfino la Chiesa resta in silenzio, colpevolmente distratta. Chi segue la cronaca ha l’impressione che l’unico capitolo della solidarietà che oggi fa vibrare le corde della carità ecclesiale sia quello che riguarda i migranti. Ovviamente si tratta solo di un’impressione, la Chiesa è impegnata su tanti altri fronti. E tuttavia, mi pare che sono poche, troppo poche, le parole che riguardano le adozioni; e meno ancora le azioni messe in campo per rispondere ad un duplice appello: quello dei bambini che attendono una famiglia e quello di sposi che non hanno figli e vorrebbero rallegrare la casa con la presenza dei bambini. 

Eppure, i numeri non solo attestano che aumenta l’infertilità delle giovani coppie ma dicono anche che negli ultimi anni sono drasticamente diminuite le adozioni internazionali: il 50% in meno. Una realtà a dir poco drammatica: meno adozioni significa più bambini che restano senza una famiglia. Tutto questo non interessa a nessuno? Come mai quei giornali che si stracciano le vesti quando si tratta di migranti che cercano di approdare in Italia, non hanno alcun interesse a raccontare storie di bambini che attendono genitori? Il silenzio dei media è palesemente in contraddizione con quella solidarietà che in altri contesti viene sbandierata in modo plateale. Viene da pensare che l’interesse umanitario è solo una maschera che nasconde altri obiettivi.

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Tempo fa, raccontando la storia di una famiglia che aveva adottato un bambino, Repubblica titolava così: “Siamo andati a salvare un altro bambino”. Non c’è solo il salvataggio in mare, c’è anche chi, a proprie spese e senza suonare la tromba, va nei Paesi più poveri per dare ad un bambino la gioia di una casa e di una famiglia. Se ci interessa davvero salvare persone, dobbiamo chiedere alla politica di sostenere quegli sposi che desiderano accogliere un figlio. Dobbiamo chiederlo ad alta voce e con un’insistenza adeguata al dramma.  

Nell’attesa che la politica dica la sua, della quale cosa ahimè dubito molto, vorrei che almeno la Chiesa fosse più attiva in questo campo con parole ed azioni mirate e concrete tese a sostenere il processo adottivo. Nel contesto di una cultura e di una mentalità sempre più diffusa che propone la procreazione assistita come unico rimedio all’infertilità, è necessario mettere in campo una precisa azione educativa che da una parte mostra con maggiore chiarezza i limiti etici della fecondazione artificiale e dall’altra segnala l’adozione dei bambini, specie di quelli che portano nella carne i segni della fragilità, come una luminosa testimonianza di quell’amore gratuito che deve innervare la vita civile di un popolo. 

Sia chiaro, lo dico a quelli che ritengono ingiusta la mia critica, non basta raccontare qualche storia commovente né scrivere qualche articolo sugli organi ufficiali della CEI, non basta neppure sottoscrivere un documento, che pure sarebbe necessario. A mio parere occorre elaborare un progetto che, attraverso diversi e complementari registri comunicativi, assuma la forma di un’organica proposta etica e solidale. L’unica che rispetta la dignità dell’uomo, sia quella dei genitori che quella dei bambini.

A me piacerebbe anche vedere una Chiesa pronta a investire una concreta somma di denaro per sostenere l’adozione delle famiglie meno abbienti. Sarebbe un bel segnale, un modo concreto per dire che ci interessa promuovere questo stile di vita, questa bellissima forma di carità familiare.

Di tutto questo ad oggi non vedo alcuna traccia. Non mi straccio le vesti. Al contrario, vedo questa lacuna come una provocazione e un’opportunità. Sono convinto che se tutti facciamo sentire la nostra voce, possiamo contribuire non poco ad incrementare questo capitolo della solidarietà.




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1 risposta su “Quanti bambini aspettano un papà e una mamma! Vogliamo parlarne?”

Carissimo Don Silvio,
concordo pienamente con la tua disamina sul delicato tema dell’adozione e credo che sia importante diffondere la cultura dell’adozione.
Solitamente ogni progetto in qualsiasi ambito nasce sempre da piccole cose, piccoli focolai, che poi con il tempo si alimentano e diventano sempre più grandi e importanti.
Credo che con il tuo movimento potresti occuparti di più anche di questo aspetto! Forse uno dei pochi che è rimasto ancora all’appello.
Penso all’ultima intuizione che hai avuto interessandoti di famiglia e disabilità….lo so è ancora un piccolo focolaio, ma man mano il tuo laboratorio, il tuo progetto sta prendendo forma.
Il contributo del tuo movimento nell’ambito dell’adozione potrebbe essere un esempio per poter creare in futuro un progetto più ampio.
Io ci penserei…
Con affetto, Alfredo.

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