Gestazione per altri o utero in affitto, due nomi una sola sostanza

utero in affitto

Sulla questione “utero in affitto” sono molte le incongruenze e il fronte politico-culturale sembra spaccato in due. C’è chi rivendica una legge su misura e chi ne parla come di una preziosa conquista sociale per le donne, ma intanto a restare senza voce è sempre il nascituro.

In questi ultimi giorni si accavallano notizie contrastanti sul cosiddetto diritto ad avere un bambino/bambina utilizzando l’utero (cioè il corpo) di una donna estranea alla coppia. Per addolcire la pratica si usano i termini “gestazione per altri” o “gestazione solidale” invece di “utero in affitto” che sembra urtare la sensibilità laica più spinta. Ma c’è poco da addolcire perché si tratta di un contratto che la coppia stipula con la donna che porterà in grembo un bimbo/bimba non suo, che dovrà cedere immediatamente dopo il parto, che dovrà sottoporsi a tutti gli esami richiesti, non dovrà fumare in gravidanza o prendere farmaci, non dovrà minimamente attaccarsi al feto e dovrà abortirlo se avrà qualche imperfezione non gradita alla coppia committente.

La prima notizia è stata il via libera del Consiglio di Stato al regolamento sulla donazione di cellule riproduttive per la fecondazione eterologa. La sezione consultiva di Palazzo Spada ha pubblicato il parere reso sul regolamento con cui sono state recepite in Italia alcune direttive europee sui tessuti e cellule umani donati per scopi medici, che recepisce anche le prescrizioni necessarie a effettuare la donazione di cellule riproduttive per la procreazione medicalmente assistita eterologa, vietate in Italia fino a quando la Corte costituzionale, nel 2014, dichiarò illegittima la legge 40. Il Consiglio di Stato ha reso un parere “favorevole”, indicando però alcune prescrizioni a tutela della salute dei donatori e del nascituro. In particolare il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario che siano indicati direttamente nel regolamento stesso “limiti di età per la donazione, differenziati per la donna e per l’uomo”, non solo per prevenire patologie del nascituro legate all’età del genitore genetico, ma anche sul presupposto che “l’età del donatore, o della donatrice, possa influire sull’esito positivo della tecnica utilizzata nel caso concreto e conseguentemente esporre, per l’ipotesi di esito non favorevole, la coppia alla necessità di altri tentativi con i relativi pregiudizi per la salute psico-fisica”. Nello stesso tempo, il Consiglio di Stato ha ritenuto “indispensabile” che venga inserito nel regolamento un limite quantitativo alla donazione degli ovociti e dei gameti maschili per “limitare le nascite di bambini portatori (anche solo in parte) del medesimo patrimonio genetico”, con l’obiettivo di “scongiurare il rischio di consanguineità tra i nati con il medesimo patrimonio genetico della donatrice, o del donatore”, e per ridurre il numero di stimolazioni ormonali cui può sottoporsi la donna per donare gli ovociti con “conseguente pregiudizio per la sua salute”. Così facendo il Consiglio di Stato ha dato il via libera alle “donazioni” in materia di eterologa spalancando le porte alla “fabbricazione” di bambini.

La seconda notizia che sembra essere in contrasto con questa via libera alla fecondazione eterologa è che la Corte costituzionale ha deciso che “non è incostituzionale il divieto” per le coppie omosessuali di ricorrere alla procreazione artificiale. Cioè non esiste un diritto assoluto alla genitorialità delle coppie omosessuali. La terza notizia arriva dalla CGIL del neo segretario Maurizio Landini che ha organizzato un convegno il 19 giugno presso la sede nazionale Cgil a Roma in cui sono state presentate due proposte di legge per la regolamentazione dell’utero in affitto in Italia. Promotori dell’iniziativa, insieme a Cgil Ufficio Nuovi Diritti, con il responsabile Sandro Gallittu, l’Associazione Luca Coscioni, Famiglie Arcobaleno a associazioni come Certi Diritti, Art.29. Mentre la destra in Italia è contraria all’utero in affitto, tutta la sinistra è favorevole alla sua “regolamentazione”. Cioè il fenomeno va considerato un frutto dei tempi moderni e non va proibito ma regolamentato per legge, come fecero per l’aborto. Nel PD, che non ha mai preso formalmente posizione, in risposta a un appello internazionale che chiedeva ai candidati alle elezioni europee di assumere l’impegno di fare muro contro la lobby di Big Fertility, alcuni si sono dichiarati no Gpa (tra cui gli eletti Carlo Calenda e Simona Bonafè). Maggioritario nel PD un grande silenzio. Questo nonostante importanti sentenze della Corte Costituzionale (272/2017, relatore Giuliano Amato) e della Corte di Cassazione a Sezioni Unite che ribadiscano e rinnovano il divieto espresso dalla legge 40. 

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Alla CGIL pro utero in affitto hanno risposto le femministe, alcune delle quali sono rimaste sbigottite anche per la richiesta di sindacalizzare il “sex work” (la prostituzione!). Emanuela Mariotto, ex-iscritta CGIL, scrive al segretario Landini: “Contro l’utero in affitto da tempo agisce un movimento nazionale e internazionale di donne che chiede l’abolizione universale di questa pratica disumana. Può la CGIL, che dice di difendere la dignità degli esseri umani, sostenerla? Può accettare che delle donne vengano trasformate in materia prima (i loro ovuli venduti) e in mezzi di produzione (le gestanti), trattate come incubatrici, a cui, per contratto, viene tolta ogni libera decisione sul “prodotto” del loro lavoro di riproduzione, a cui, per contratto e tramite il passaggio di denaro, la creatura viene sottratta per essere venduta a ricche coppie, omosessuali e eterosessuali? Può la CGIL avallare la legittimità di confezionare una creatura su misura? Può essere d’accordo sul recidere il legame che fonda la nostra vita, separando la madre dal bambino? Può decidere di riconoscere come diritti individuali pratiche che violano i diritti umani di donne e bambini e stravolgono l’orizzonte della riproduzione umana? Io penso di no e come me, ne sono certa, molte donne e uomini del Sindacato”.

Alessandra Bocchetti, Daniela Dioguardi e Giovanna Martelli scrivono: “Davvero possiamo pensare, vista la condizione sociale ed economica del Paese, che la possibilità di un figlio nel 2019 passi dal regolamentare l’utero in affitto? Sono ben altri gli impedimenti alla scelta libera di avere un figlio che un Sindacato come la CGIL dovrebbe considerare, con urgenza.
L’immagine di una donna che affitta l’utero, rientra nella vostra mission di tutela del lavoro? Se si tratta di dono e non di lavoro perché la CGIL organizza il convegno? Se il ricorso all’utero in affitto all’estero vale circa 200.000 euro, la CGIL, in Italia quanto pensa si potrebbe valutare? O pensate, venendo meno ai vostri principi, che la GPA possa rientrare nel libero mercato? Per ora stando così le cose soltanto i ricchi potrebbero fare ricorso alla gestazione per altri. O pensate, come nelle vostre migliori tradizioni, che se ne debba far carico il Sistema Sanitario Nazionale? Ed infine, cosa intendete per nuovi diritti? il mercato del sesso e il corpo femminile come merce? È amaro pensare di doversi difendere anche dalla CGIL…”

Infine l’Appello di Udi Napoli, Associazione Salute Donna, Arcidonna che scrive: “I diritti non negoziabili delle donne, come dettati dai protocolli internazionali, devono essere posti al centro del recupero di credibilità di tutta la politica, anche di quella sindacale, per questo non ci basta comunicare la nostra indignazione per le aperture della CGIL verso pratiche come il sex work e GPA, ma chiediamo quindi una chiara presa di posizione di contrasto a queste pratiche che corrispondono a una riedizione della schiavitù femminile”. Parole giuste e veritiere che devono far pensare e che confermano i diritti dei nascituri ai quali pochi pensano.  

 




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Gabriele Soliani

Gabriele Soliani, nato a Boretto (Reggio Emilia) il 24-03-1955. Medico, psicoterapeuta, sessuologo, adolescentologo, giornalista pubblicista iscritto all’Ordine. Libero professionista. Ha collaborato per 9 anni al Consultorio Familiare diocesano di Reggio Emilia. Sposato con Patrizia, docente di scuola superiore. Vive a Napoli dal 2015. Ministro della Santa Comunione e Lettore istituito.

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