Bullismo

Giovani sempre più bulli, e se l’antidoto fosse il volontariato?

bullismo

di Elisabetta Cafaro

A Manduria qualche tempo fa un uomo solo e anziano è deceduto in seguito alle continue aggressioni dei bulli. Drammatico, ma Manduria non è un caso isolato. Succede tutti i giorni, sotto i nostri occhi. A poco servono le lezioni teoriche, una soluzione possibile potrebbe essere, insegnare ai giovani a impegnarsi nel volontariato.

Ogni giorno nelle scuole italiane, molti docenti e dirigenti si devono occupare di casi di cyberbullismo in cui qualche minore viene deriso, umiliato, picchiato e le immagini di tali violenze circolano da telefono a telefono, fino a quando qualcuno, ma non sempre succede, le intercetta.

Se pensiamo a quello che è accaduto a Manduria, dove una baby gang per noia o solo per divertimento, ha torturato e ucciso un uomo, non possiamo non chiederci: “Dove abbiamo sbagliato?”. Famiglie lasciate sole, abbandonate, ragazzi che si definiscono in una chat comune come degli orfanelli. Tutti segnali allarmanti di una società in declino.

Sono giovani che, almeno in parte, vanno ancora a scuola, ma che passano il loro tempo commettendo azioni di bullismo per riempire il vuoto che hanno dentro. Quante sono le persone che presentano fragilità, difficoltà, solitudine che sentono di non poter contare più su nulla? Chi si prende cura di loro?

Di casi del genere ne troviamo in tutti i paesi. Manduria è salita alle cronache perché l’uomo bersagliato e torturato è morto, ma Manduria non è un caso isolato, no, purtroppo non lo è. Quante volte assistiamo indifferenti ai maltrattamenti di persone senza fare nulla?

Leggi anche: https://www.puntofamiglia.net/puntofamiglia/2019/01/03/26389/>“Sono arrabbiato e tanto deluso, ma forse, nel mio piccolo, voglio crederci ancora”

Qualche giorno fa una mia alunna raccontava di un uomo anziano con gravi problemi familiari che passeggia per le strade del paese con il suo cane e che spesso viene deriso e preso in giro da crocchie di giovani. E poi c’è Miriam, un’altra ragazza che scrive: “Spesso mi fermo a parlare con una signora anziana che tutti prendono in giro per il suo modo di vestire goffo e scoordinato a volte non a tema con la stagione. All’apparenza sembra una barbona ma parla un italiano perfetto ed è molto colta, conosce anche bene il latino. Ha avuto enormi dispiaceri nella sua vita ed ora vive da sola”.

La violenza è stata sdoganata nell’immaginario collettivo con la stessa modalità con cui la pornografia ha reso la sessualità un semplice esercizio di corpi al servizio dell’eccitazione, svuotato di qualsiasi connotato intimo, emotivo, relazionale. Al pari della pornografia, la violenza entra nelle nostre vite come uno spettacolo usato per intrattenere e divertire, come se fosse una cosa da niente.

Il giovane di oggi è turbato nella coscienza e frastornato nella sua capacità logica, ferito e scandalizzato dalla società in cui vive. Una comunità umana agnostica e secolarizzata che offre risposte confuse e spesso contraddittorie. Ma al tempo stesso il giovane di oggi è esigente, specialmente in campo religioso e morale perché pone e si pone domande, vuole sapere se veramente la fede è in grado di dare risposte appaganti al senso della vita. Infine è sensibile ai valori della verità, della purezza, della carità, dell’amicizia, ed attende qualcuno che sappia comprendere queste sue attese.

Si parla tanto, ora come ora, del ritorno in cattedra dell’ora di “Educazione civica”. Sono contenta, ma lancio una sfida. Dal mio osservatorio privilegiato mi convinco sempre di più che la prima educazione civica che serve ai nostri figli è quella del cuore. La capacità di guardare in modo empatico all’altro e ai suoi bisogni. E se orientassimo i nostri giovani verso il volontariato? Il mondo dell’associazionismo, quello definito genericamente il “Terzo settore”? Se li educassimo a mettersi a servizio della povertà in tutte le sue forme?




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