Quanti sono i figli che trovano madri e padri disposti a donare la vita?
Trovare genitori pronti a consumarsi per i propri figli non è una cosa così scontata ora come ora. Qual è il problema? Perché allevare i più piccoli sembra così difficile?
Quanti sono i figli che trovano madri e padri disposti a donare la vita? Sembra una domanda scontata ma, ahimè, purtroppo oggi non è così. L’ultimo caso di cronaca viene da Carpi, dove un bambino di 4 anni, il piccolo Nicolas, è morto soffocato in circostanze poco chiare che non escludono la responsabilità della madre e del padre. Ultimo solo in ordine di tempo, le prime pagine dei giornali ci raccontano spesso storie raccapriccianti di omicidi impensabili. Cosa sta succedendo? Perché sembra che non siamo più capaci di fare i genitori?
Generare la vita vuol “dare la vita” ovvero “consegnare la propria vita” nelle mani di un altro: il figlio. La maternità e la paternità cambiano la natura umana, non si vive più per se stessi. Eppure molti, pur generando nella carne, non sono pronti ad essere padri e madri. Il rifiuto del sacrificio e della rinuncia è uno dei grandi capitoli educativi. Una vera e propria emergenza. Mi capita spesso di incappare in genitori adultescenti, che credono di poter fare le stesse cose di prima e allo stesso modo, che non accettano il cambiamento, la conseguente rinuncia e la bellezza del sacrificio.
Siamo nella settimana in albis. Abbiamo ancora nel cuore l’offerta del Figlio e l’immagine della Madre che resta ai piedi della croce. Maria ci insegna che diventare genitore vuol dire rinunciare a vivere per se stessi. Educarsi ogni giorno alla logica del dono di sé. Una parola decisamente in disuso secondo il vocabolario moderno. I figli spesso rappresentano la risposta al bisogno di genitorialità dell’adulto. La sintesi sembra questa: “Voglio un figlio. Lo voglio ora e lo voglio sano”. Se non arriva “posso ricorrere ad ogni stratagemma possibile” e se arriva disabile “lo annullo come un programma al pc e ne faccio un altro”. Perché? Perché io ho il diritto di essere felice.
Leggi anche:Un bambino ha bisogno di entrambi i genitori. Ma perché?
Amici cari, i figli non sono un diritto, la felicità non è un diritto. Non posso offrirvi una lista di consigli da attuare e non ho una ricetta. La genitorialità è la massima espressione della donazione di sé, la massima espressione della rinuncia e del sacrificio vissuti nella logica dell’amore. Vivere la maternità nella luce della Pasqua dona questa consapevolezza.
Assolutizzando la cultura secondo cui per diventare mamme non bisogna necessariamente rinunciare a se stesse e alle proprie esigenze di donna, finisce con alimentare un’idea egoistica. È urgente dunque tornare alle radici: un figlio è una presenza che ti cambia la vita e se non lo fa è perché il cuore di madre non si è generato. È meglio non illudersi, la maternità è una responsabilità. Un esodo che va messo in conto subito fin dal primo test positivo.
La Pasqua ci ricorda che Gesù sulla croce offre la sua vita al Padre, così fa la Vergine Madre che entra nella passione del Figlio, con tutto il suo essere, con l’anima, con l’amore più vivo. Un amore donato fino alla morte, come testimoniano le tante mamme coraggio che trovano in Santa Gianna Berretta Molla un’icona, madri che non hanno esitato ad offrire la propria vita per accogliere la vita della creatura che portavano in grembo. È stata canonizzata il 16 maggio 2004, alla presenza del marito, dei figli e dei nipoti da papa Giovanni Paolo II. Tre figli, poi la quarta gravidanza. La gioia è grande ma la notizia di un fibroma all’utero getta delle ombre scure. Santa Gianna non ha dubbi: contro l’aborto c’è la vita. Nascerà una bellissima bambina ma il 28 aprile 1962, a soli 7 anni dal matrimonio, Gianna viene riportata a casa, dove morirà alle 8 del mattino, accanto al marito e ai figli. Mi piace farvi notare che nel 1962 la Pasqua si celebrò il 22 aprile, dunque santa Gianna Beretta Molla è entrata nella vita eterna proprio nella settimana in albis. Credo che non ci sia esempio migliore di questo per raccontare la maternità. È l’amore la chiave della vita.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento