Case famiglia

Commissione di inchiesta sulle case famiglia? Sì a patto che abbia un’azione propositiva

a cura della Redazione

Al via la Commissione di inchiesta sulle case famiglia in Italia. La risposta della Federazione Progetto Famiglia, che da anni si occupa di questo: “Il problema è molto più complesso di quello che sembra e richiederebbe delle politiche sociali più specifiche”.

Detto fatto, a tre giorni dall’annuncio del vicepremier Matteo Salvini a Verona, l’altro ieri la Lega ha depositato sia al Senato che alla Camera la proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di affidamento di minori alle case famiglia.

Gli obiettivi: in primo luogo fare chiarezza su un sistema che non consente di avere un quadro chiaro sul numero dei minori coinvolti e sulle strutture nelle quali sono ospitati. In secondo luogo verificare che il diritto dei minori a crescere nella propria famiglia di origine sia sempre rispettato ed evitare casi di abuso e di non corretto utilizzo di risorse pubbliche. 

Sulla situazione si era già espressa la rete “5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti” che nei giorni scorsi aveva diramato un comunicato stampa.

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Abbiamo raccolto il commento di chi da più di vent’anni non solo si occupa di famiglia ma ha anche fondato diverse case famiglia a conduzione familiare. Marco Giordano, genitore affidatario, presidente della Federazione Progetto Famiglia commentando l’azione del governo, ha dichiarato: “Ben venga una Commissione parlamentare che si proponga l’obiettivo di valorizzare e verificare l’effettivo funzionamento dei vari istituti coinvolti nella tutela dei minori ma mi preme sottolineare che il sistema in sé ha già ben chiaro cosa è necessario fare per rispondere concretamente alle esigenze dei piccoli e delle loro famiglie in difficoltà. Ricordo che in Italia c’è un Osservatorio nazionale per l’infanzia e adolescenza, che stila un piano nazionale per l’infanzia in cui c’è sempre una attenzione speciale ai temi di cui stiamo parlando. Bisognerebbe chiedersi dunque perché tutto il piano di intervento già esistente non è finanziato? Perché è disatteso? Mi preme ricordare anche che l’Unicef periodicamente elabora un rapporto dettagliato su quali siano i passi da fare in direzione di un miglioramento di tutto il sistema.

L’Italia ha un tasso di allontanamento rispetto alle famiglie d’origine, inferiore rispetto ad altri Paesi, questo mi dice che non siamo in una situazione di criticità da questo punto di vista, nel senso che i minori non vengono facilmente allontanati dalle loro famiglie per essere tenuti ostaggio di case famiglia. La legge italiana dice che un bambino può essere dichiarato adottabile se i genitori nonostante gli interventi di aiuto non riescono a riabilitarsi. Il problema è che in Italia non abbiamo sufficienti e diffusi interventi di supporto alla genitorialità e questo crea un corto circuito evidente. La problematica dunque richiederebbe delle politiche sociali più specifiche e adeguate a partire dal sistema degli assistenti sociali. Il modello di altri Paesi prevede la presenza di equipe di assistenti sociali con specifiche competenze di supporto alle varie, possibili necessità. Gli assistenti sociali per anziani, quelli per i minori e così via… Invece in Italia abbiamo pochi assistenti sociali che fanno un po’ tutto. Questo scarica sul sistema giurisdizionale una serie di responsabilità che i tribunali non riescono chiaramente a smaltire. Sul fronte della case famiglia c’è bisogno di rispondere in maniera qualificata alle esigenze dei minori e molte case famiglia si trovano a dover far fronte ai costi con propri fondi perché non sempre i comuni danno quanto devono. Se non vi sono allocazioni di risorse il sistema non funziona. C’è necessità di un’azione articolata per leggere un fenomeno così complesso come il sistema di tutela dei minori”.

Fa eco don Silvio Longobardi, fondatore di Progetto Famiglia che si domanda: “È proprio vero che non abbiamo bisogno di una Commissione d’inchiesta? È proprio inutile far emergere tutta la realtà dei minori abbandonati e il loro iter tra affido e adozione? Ritengo invece che sia utile istituire una Commissione che abbia una funzione positiva e propositiva. Chiudere a priori le porte mi sembra una forma di difesa che non favorisce quel dialogo che chi opera nel sociale dovrebbe avere ben radicato nel suo dna. Si parla di case famiglia, ma il tema è anche la risposta al disagio dei minori abbandonati, delle famiglie a cui appartengono, del sistema degli assistenti sociali e anche dei tribunali di competenza. I tribunali inadempienti o eccessivamente prudenti fino ad accumulare ritardi inaccettabili che costringono spesso tanti minori a restare a lungo nelle case famiglia”.  e aggiunge: “Verificare se i vari anelli di questo sistema funzionano a mio parere è cosa buona. Inoltre va attenzionato il capitolo delle adozioni nazionali ed internazionali. Un tema su cui è necessario confrontarsi dato che le adozioni sono drasticamente calate del 50%. Come mai tutto questo? Per rispondere è necessario che ci sia un confronto, se poi la Commissione adozioni internazionali come sappiamo non viene convocata da anni, vuol dire che non c’è attenzione e questa è una cosa che certamente non può farci contenti. Penso anche che, su questi temi, la Chiesa italiana dovrebbe prestare più attenzione e mettere in campo gli strumenti per rispondere alle tante coppie che chiedono di poter stringere tra le braccia un bambino e per motivi diversi non possono farlo”.




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