Vita

Non basta aiutare ad accogliere la vita, c’è bisogno di una rete di solidarietà

insieme

di Paola Bonzi

Oggi dal Cav della Mangiagalli di Milano la commovente storia di una famiglia che può sperare in un domani migliore grazie ad una rete di solidarietà.

È la storia di Irene e Silvestre. La prima volta che l’ho vista lei era in attesa di due gemelli e la data per l’interruzione della gravidanza era già stata fissata. Aveva solo 23 anni, frequentava l’università e abitava in una residenza del campus. Silvestre, ottenuta la laurea breve in Giurisprudenza, voleva proseguire verso quella magistrale. Entrambi originari del Togo, le loro famiglie non si conoscevano.

A quel tempo lavoravano per l’Expo e lui stava uscendo da un’importante storia sentimentale che non sembrava definitivamente finita. Quando Irene ha iniziato il colloquio con me era disperata, anche perché incinta non poteva più restare nella residenza universitaria. Era molto credente ma, di fronte alle innumerevoli difficoltà, aveva deciso insieme a Silvestre di andare ad abortire. La sua sofferenza era palese ed era evidente che avrebbe compiuto questo gesto solo per le difficoltà pratiche che lo stato di gravidanza comportava.

Silvestre, invece, avendo un carattere più chiuso e introverso, non manifestava i suoi sentimenti. Non vedeva in questa relazione un amore duraturo, ma accettava di essere responsabile di questa storia. Ho immediatamente proposto un’accoglienza in un grande appartamento che da poco avevamo preso in affitto a San Maurizio al Lambro, dove da alcuni giorni viveva già un’altra coppia, anche questa in attesa di due gemelli. Essendosi assicurata che avremmo potuto mettere in atto un progetto di accoglienza, di un sussidio mensile e della fornitura delle cose indispensabili per vivere, Irene ha deciso, d’accordo con Silvestre, di rinunciare a interrompere la gravidanza.

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Ho quindi elaborato il mio progetto di aiuto, inviandola per i 18 colloqui successivi all’operatrice del consultorio, che li avrebbe accompagnati per la prosecuzione della maternità. La convivenza con l’altra coppia si è mostrata da subito molto buona e attorno a questa casa ho cercato di creare una rete di solidarietà. I bambini, Diego e Paola, sono nati in prossimità della discussione della tesi di laurea di Irene, che aveva continuato a preparare durante la gestazione. Io, come di consueto, non li ho più seguiti direttamente, essendo altre le operatrici di riferimento. Con i volontari che seguivano la casa abbiamo organizzato il Battesimo, non solo dei bimbi di questa coppia, ma anche di quelli dell’altra famigliola. Sono stati battezzati alla Mangiagalli da Don Andrea Mardegan che si era preoccupato di preparare adeguatamente i genitori a questo sacramento importante. È stato un momento bellissimo seguito da un bel ricevimento, presso il nostro consultorio, con la presenza di numerosi invitati. La felicità era grande.

Ma al termine del percorso con l’operatrice di riferimento, Irene e Silvestre mi sono stati inviati dall’equipe consultoriale per una serie di colloqui di consulenza familiare. Esisteva la probabilità di una separazione dei due e dell’invio dei gemelli in Togo presso i nonni. Ho ricominciato così a prendermi cura di questa giovane famiglia. Avevano tanti problemi ma entrambi desideravano unirsi in matrimonio, tanto che Silvestre cominciò a frequentare un percorso di catechesi per poter ricevere la Cresima.

Il mio lavoro di consulenza familiare è documentato in una delle nostre cartelle, che riporta gli 8 incontri, verificate dall’ATS. Alla fine di questo percorso risultava evidente la necessità di trovare una nuova situazione abitativa per la quale anche una signora piuttosto abbiente si era impegnata. Nel frattempo i bambini erano stati accettati al nido di Cologno per cui risultava necessario che la nuova casa venisse trovata in zona. La signora che li sosteneva si era anche messa d’accordo col parroco perché la cosa risultasse più facile. Nonostante l’impegno messo in questa ricerca, la cosa è risultata praticamente impossibile.

Vivere nel nostro appartamento non risultava più positivo; la coppia aveva bisogno della propria intimità. Non essendo riusciti a trovare un alloggio adeguato vicino al nido dei bambini, ci siamo dati da fare per trovare comunque una soluzione anche nelle vicinanze, ma tutto è risultato inutile, pur essendoci rivolti a due o tre agenzie immobiliari. Sono state molte le difficoltà che abbiamo dovuto affrontare insieme, e non saremmo mai stati in grado di risolverle senza l’aiuto di una rete di solidarietà che spesso è la vera ricchezza dell’umanità. Oggi questa famiglia ha la speranza di un domani migliore, grazie alle persone che hanno messo a disposizione i loro averi insieme al desiderio autentico di aiutare l’altro a vivere in maniera dignitosa.




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