Scuola

Bambino di colore ingiuriato dal maestro. È un caso di razzismo o di cattiva scuola?

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di Ida Giangrande

“Quanto sei brutto. Non mi devi guardare”. Queste le parole dell’insegnante allo scolaro di origini nigeriane. Lui, un maestro con 10 anni di esperienza, scusandosi dice: “Era un esperimento!”. Ma si può sperimentare su bambini di quinta elementare?

Succede a Foligno, ed è uno di quegli episodi di cronaca che non vorrei mai trovarmi a raccontare. Il protagonista? Un ragazzino di soli 10 anni, originario della Nigeria ma residente in Italia da tempo. Il piccolo, infatti, è nato a Foligno, tant’è che la sua cadenza ricorda vagamente il dialetto umbro. Frequenta insieme alla sorellina la scuola elementare di via Monte Cervino, zona residenziale, con poco traffico e giardini curati.

Sabato 9 febbraio il piccolo è tornato a casa da scuola, ma aveva un’aria diversa. La mamma gli ha chiesto cos’era successo e lui ha detto: “Ero lì da solo davanti alla finestra e non riuscivo a capire il perché, il tempo passava e non cambiava nulla”. La madre non ha capito subito cosa era realmente accaduto in quella classe, poi però sono tornati a casa anche gli altri bambini, una scolaresca di cui lui è l’unico bimbo di colore. Ebbene tutti i compagni hanno riferito ai genitori la stessa identica versione dei fatti: “Il maestro lo ha invitato ad alzarsi, gli ha detto quanto sei brutto, non mi devi guardare e gli ha ordinato di girarsi verso la finestra”.

La mamma, come prevedibile, ha chiesto spiegazioni prima di passare alle vie legali. Il bambino è un ragazzo studioso e molto educato e quando è arrivato il momento di tornare a scuola, il lunedì, non voleva andare: “Ho paura di essere di nuovo umiliato”, ha confessato alla mamma. Però poi ha fatto finta di niente, il maestro supplente era in un’altra classe e la giornata è filata liscia. Ma soprattutto, il coraggio di rientrare, gliel’hanno dato quelli della sua classe, i suoi compagni, che quel sabato 9 febbraio, quel giorno che poteva essere per lui senza ritorno, mentre il maestro lo teneva lì fermo, immobile, davanti alla finestra, si sono ribellati urlando: “Noi siamo uguali, noi siamo come lui, perciò anche noi ora stiamo qui, fermi, a vedere il mondo là fuori”.

L’insegnate si scusa. “Era un esperimento – dice – col senno di poi, è chiaro, non lo rifarei più. Ma in quel momento sentivo che il mio esperimento sarebbe stato apprezzato dalla classe e ho chiesto loro il permesso. Vi va? Ho domandato. E hanno risposto di sì”. Lui è Mauro Bocci, 42 anni, insegnante da 10. Cosa insegna? “Alternativa alla religione cattolica”. Che materia è? Non saprei dirlo. Quello che so, e lo dico da madre di bambine che vanno regolarmente a scuola, è che è inconcepibile sentir parlare di esperimenti e su bambini di quinta elementare per giunta. Una proposta didattica, peraltro, non va sottoposta alla classe, semmai alla preside o al collegio docenti. Stiamo parlando di bambini non di adulti, un piccolo particolare che spesso tendiamo a sottovalutare.

“Chiedo scusa a tutti, – chiosa l’insegnante – non sono un razzista, sono papà anch’io, se fosse accaduto a mio figlio sarei stato il primo a correre a scuola a chiedere spiegazioni. Era un esperimento didattico, non lo rifarei più…”. Infatti il problema non è il razzismo come buona parte della televisione e soprattutto di chi vuol far polemica ha fatto passare, il problema è che la buona scuola non è più così buona. In fondo dopo tutte le polemiche sulle carenze del sistema scolastico italiano, quando si chiude la porta di un’aula tutto è affidato alla sensibilità del maestro di turno. Ma chi è che vaglia questa sensibilità? Nella ressa dei punteggi dove a farla da padrone è il mercato dei titoli di studio, chi è che si preoccupa di valutare la reale compatibilità di una persona con l’insegnamento scolastico?

Fuori dalla scuola di via Monte Cervino ora è pieno di mamme indignate, che hanno anche un po’ di paura. Alla consegna delle pagelle tutte dicevano una cosa sola: “Hanno fatto bene i genitori del piccolo a denunciare il maestro, su questa storia bisognerà fare la massima chiarezza”.

 




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