Genitori

La patente di genitore e il non diritto del bambino

tribunale

di Gabriele Soliani

In Italia si torna a parlare di famiglie arcobaleno e del diritto ad essere genitori mentre in Francia un reportage fa luce sul mercato della maternità surrogata. Ma dove sono i diritti dei bambini?

Il 25 gennaio 2019 presso la Suprema Corte di Cassazione si è svolta la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, e il primo presidente della Cassazione, Giovanni Mammone, ha tenuto il tradizionale discorso di rito alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Fra i vari ambiti toccati uno ha destato qualche dubbio, quello sulle cosiddette “famiglie arcobaleno”.

Il primo presidente della Cassazione ha sottolineato che, a suo dire, non vi siano preclusioni di sorta nella Costituzione per i genitori omosessuali. «L’orientamento sessuale, in sé», ha detto il magistrato, «non incide negativamente sull’idoneità dell’individuo all’assunzione della responsabilità genitoriale». Le parole hanno il loro peso, specialmente in materia giuridica. Parlare di “idoneità” genitoriale equivale forse ad “essere genitore”? Anzi “genitori”? Infatti il primo presidente di Cassazione ha usato proprio il termine al singolare cioè “genitore”. Ma il bambino ha dei “genitori”. Poi l’idoneità si dà per la patente di guida o per esercitare una professione, non per crescere un figlio. Infatti nel caso della genitorialità ci sono due diritti contemporaneamente paritetici, quello dei genitori e quello del figlio. Quello del figlio dovrebbe essere superiore perché si tratta di un individuo indifeso e non capace di intendere e volere.

Ma lo stile culturale del politically correct fa questo effetto e fa prevalere quello dell’individuo adulto, al quale viene concesso ogni diritto e guai a chi glieli tocca. Senza nominarli il primo presidente di Cassazione ha voluto parlare del diritto delle persone omosessuali ad avere un bambino con l’utero in affitto, perché è solo così che due omosessuali potranno averlo. Pagando una donna con un contratto scritto e negando al figlio il diritto di avere la madre. Il figlio quindi ha diritti minori e sottoposti a quelli degli adulti, in grave violazione della sua identità.

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Proprio sull’onda di questo argomento un giornalista del programma “Envoyé Special” di France 2, nella puntata andata in onda il 31 gennaio, ha realizzato un vasto reportage sul «mercato nero dell’utero in affitto» in Francia. Trovare una madre surrogata su internet in Francia è facilissimo e i prezzi sono modici: da 20 a 40 mila euro. «Bastano due clic e un incontro di mezz’ora per comprare un bambino».

Partendo dalla banale ricerca su Google «trova madri surrogate» il giornalista è incappato in decine di siti e chat dove aspiranti genitori e madri surrogate si scambiano alla luce del sole domanda e offerta. Il servizio televisivo ha descritto varie situazioni con nomi, cognomi e prezzi con un tono disarmante e si è rivelato alla fine uno spot per la legalizzazione della maternità surrogata, che in Francia viene chiamata Gpa (gestazione per altri). L’ultima persona a parlare è Thierry Harvey, ginecologo, che vuole «inquadrare la pratica dal punto di vista legislativo così da controllarla ed evitare abusi». Quali abusi? Quelli dei committenti che potrebbero non pagare, quelli delle madri surrogate che potrebbero tenersi i figli o rivenderli. E gli abusi nei confronti dei bambini e dei loro diritti? Non vengono presi in considerazione né dai committenti, né dalle donne, né dal giornalista, né dai medici, né dai magistrati. Un non senso che non trova spiegazione e che lascia a bocca aperta. Forse l’unica risposta a questa grave ingiustizia viene dall’introduzione dell’aborto nelle leggi dello Stato: se lo Stato permette e paga la soppressione del figlio significa che il figlio ha diritti minori (o non ne ha affatto) e da qui discende tutto il resto che ben conosciamo.

 




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