La vita intrauterina
Ho studiato il feto a 12 settimane in 3D che si divertiva a saltellare nel ventre materno!
di Filomena Civale
Per la mia tesi di laurea ho dovuto studiare il bambino nelle prime 12 settimane della sua vita in 3D. Quello che ho scoperto? Una meraviglia nascosta ai nostri occhi.
Ho cominciato il percorso universitario vedendo in quelli che la scienza definisce “embrioni” o “feti” i più piccoli dei miei futuri pazienti. Proseguire gli studi mi ha permesso di alimentare la fiammella che si era accesa nel mio cuore. Ho ricevuto tante piccole luci per la mia mente prima e il mio cuore poi, a partire dal primo anno, con l’esame di Istologia e Embriologia che tanto mi ha fatto penare. E quella complicata e affascinante materia, l’Embriologia, che ben mostrava come l’embrione fosse nient’altro che un piccolo essere umano. Un essere umano capace di compiere, da un giorno all’altro, dei passaggi straordinari. Un essere umano con un cuore battente e un tubo neurale a soli 21 giorni.
Durante gli studi una domanda continuava ad affacciarsi ogni giorno degli anni universitari: perché permettiamo che un essere umano non goda di diritti umani? Perché si è “persona giuridica” solo dopo la nascita? Cosa sarebbe accaduto se mia madre avesse deciso di ricorrere alla 194?
La svolta è cominciata all’inizio del sesto anno. Ciascun studente è chiamato a scegliere un campo di maggiore interesse per iniziare un tirocinio più prolungato e cominciare il lavoro di tesi. Per me non è stato difficile capire che ad affascinarmi era la Ginecologia tutta, ma in modo particolare l’Ostetricia, con interesse a tutti gli aspetti della gravidanza e del parto, ma soprattutto a quella che è la “Diagnosi prenatale”. Il titolo della tesi che mi fu consegnato è: “Studio anatomico precoce nel primo trimestre dall’acquisizione di un singolo volume 3D”.
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Per un anno intero ho frequentato l’ambulatorio di ecografia e oggetto, o meglio soggetto, del mio studio è stato proprio lui: il feto a 12 settimane di gravidanza. Di questo “feto” più che studiare ho avuto la gioia di vederne le porzioni anatomiche, molte volte chiaramente visibili in 2D ma che nel mio studio venivano approfondite con il 3D. Quanta vita è nascosta nel grembo di una madre! Quante volte abbiamo atteso che quel figlio stesse fermo per poter prendere le misure, perché si dilettava a giocare in quella che è la sua casa. Sì, dico giocare, perché a 12 settimane il “feto” gioca, avendo a disposizione così tanto spazio che spesso li ho visti saltare nella camera gestazionale. Quante volte quando si prendeva la misura del biparietale (distanza tra le due ossa parietali), mi fermavo a osservare i due emisferi cerebrali già ben formati, e pensavo a questo sistema nervoso, il signore dei nostri apparati, che c’è già ed è ben visibile anche in 2D. “Se questo non è un uomo, allora cos’è?”.
Chi ha il compito di definire l’umanità? Oggi, da medico, ritengo che questo compito potrebbe svolgerlo benissimo la scienza. La scienza, che segue il metodo galileiano, che raggiunge una conoscenza tramite l’esperienza e l’esperienza dice questo: a 12 settimane, ma anche prima, il feto ha gli abbozzi (che in realtà sono molto più che abbozzi) di tutti gli organi e apparati di cui siamo dotati anche noi. Ha un cuore battente, la capacità di muoversi, di succhiarsi il pollice, di reagire agli stimoli. Non è un grumo, né un essere di serie b, né qualcosa, è piuttosto qualcuno, che ha bisogno di essere protetto e per questo la biologia lo ha affidato al ventre accogliente della sua mamma.
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