Scuola

La prima campanella è suonata: buon anno scolastico ai ragazzi ma anche ai prof…

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di Elisabetta Cafaro

Un buon insegnante deve imparare a “portare il peso” dei suoi alunni per aiutarli a spiccare il volo. Spesso non è facile. Come procedere? Chiediamolo al fanciullino che è in noi.

Amo settembre, non solo perché in questo mese per la prima volta sono diventata madre, ma anche perché porta con sé il calore dell’estate e insieme il soffio profetico dell’autunno. Fra poco, per alcuni studenti, suonerà la prima campanella quella che segna l’inizio di un nuovo anno scolastico e si sa, ogni nuovo inizio porta con sé speranze, attese e qualche timore. 

Quest’anno sono particolarmente emozionata perché ritorno nel mio liceo “Don Carlo La Mura” di Angri (Sa), non come alunna ma come insegnante. Ripenso al mio prof di religione di allora, mitico don Luigi La Mura, e al prof di Italiano, Ferdinando Capuano, attualmente in pensione che, dopo aver letto un mio post, mi ha scritto: “Sei tornata da dove sei partita”. 

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Questa affermazione mi ha riportata non senza un pizzico di nostalgia, verso la problematica e spinosa adolescente che sono stata. Per comprendere i giovani è importante per noi adulti non dimenticare il travagliato periodo della nostra giovinezza. 

Ritrovo nei miei ricordi il primo giorno di scuola al liceo. Rivedo proprio il professor Capuano, giovanissimo, con la sua barbetta rossiccia, osservarci con un sorriso mentre noi intimoriti prendiamo posto nei banchi e rispondiamo all’appello. 

Carissimo prof, grazie a lei abbiamo scoperto che maturare era un’avventura stupenda e non una colpa da espiare. Abbiamo compreso che un adulto è colui che riesce a portare il peso dell’altro che riesce a donare forza e coraggio e soprattutto abbiamo imparato che non bisogna arrendersi mai. Grazie prof! Perché lei ha tracciato ancora una volta dei tratti salienti della mia personalità incoraggiandomi come faceva quando mi trovavo nei banchi di scuola con queste belle parole: “Meriti tanto, ho sempre un bellissimo ricordo della tua bontà e della tua correttezza”. 

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Ed è ripensando ai professori che ho avuto e che hanno segnato positivamente la mia crescita che oggi sento la responsabilità del mio ruolo rispetto ai ragazzi che mi sono affidati. Ieri come oggi i giovani presentano, spesso, sui loro volti i segni della solitudine e della paura. La spavalderia, le provocazioni, i silenzi, le maschere tradiscono il desiderio di avere un nome, di dare un senso alla vita. 

Un buon insegnante deve imparare a “portare il peso” dei suoi alunni per aiutarli un poco alla volta a volare nel cielo luminoso della vita. Spesso non è facile anzi è faticoso, i colleghi sono a volte difficili, le riunioni sono lunghe, le scartoffie troppe. 

Come procedere? Chiediamolo al fanciullino che è in noi, sarà felice di aiutarci! Curando, impariamo ad amare e conoscere, e così maturiamo anche noi. Gli adolescenti vengono alla luce se trovano educatori in grado di nutrire il loro bisogno. Vogliono adulti veri: né amiconi nostalgici dell’adolescenza, né aridi erogatori di nozioni. Non serve solo informare, occorre formare, e per formare serve altruismo e generosità. 

Quest’anno Mons. Giuseppe Giudice, Vescovo della diocesi di Nocera-Sarno per augurare un buon anno scolastico ha scelto lo stupendo testo di Jacques Prévert, Compito in classe. Ragazzi vi invito a leggerlo! Anzi lo facciamo insieme. Felici di accogliere il nostro Vescovo tra i banchi di scuola, condividiamo in pieno, come lei scrive Eccellenza, che: “La Scuola non è un’azienda ma una comunità educante”. Accogliamo il suo suggerimento e, speriamo di andare oltre le mura scolastiche: “Sulle ali di un uccello, per intercettare la vita concreta, per diventare foglie nuove e frutti nuovi”. 

Buon anno scolastico a tutti




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