CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Il Papa ha parlato ma…

18 Giugno 2018

L’aborto non è l’errore di una donna ma la sconfitta di un’intera società. Le parole che il Papa ha rivolto al Forum della Associazioni familiari sabato scorso, sono preziose e tracciano una strada. Ma se non facciamo passi concreti quelle parole sono come un chiodo dipinto sul muro. Non ci puoi appendere nulla.

Le parole che il Papa ha rivolto al Forum delle Associazioni familiari sabato scorso (16 giugno) sono state riportate dai quotidiani nazionali. Un passaggio breve e doveroso. Nulla di più. Nessun approfondimento, nessuna intervista. Manco per sbaglio. Niente a che vedere con le dettagliate informazioni di quel che avviene sulla nave Aquarius, tanto per capirci. Eppure il Papa aveva avanzato una critica durissima: “Il secolo scorso tutto il mondo si è scandalizzato per quello che facevano i nazisti. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi”. Senza scomporsi e senza pesare le parole, il Santo Padre ha presentato l’aborto come l’omicidio di un bambino. Insomma, una denuncia senz’appello. Se Benedetto XVI avesse detto le stesse cose i media lo avrebbero massacrato.

Queste parole sono una conferma per quanti sono appassionati difensori della vita ma non credo che riusciranno ad aprire una breccia in una società che, nel migliore dei casi, considera l’aborto come una dura necessità. Anche il mondo cattolico in questo momento appare più attento ad altre situazioni del disagio sociale. Non è mancanza di fiducia ma una realistica constatazione. Alle affermazioni di principio non seguono i fatti, non c’è un progetto perseguito con coerenza, non ci sono iniziative che hanno lo scopo di sostenere e amplificare il diritto alla vita, non ci sono risorse destinate alle mamme che hanno difficoltà ad accogliere la vita, non c’è impegno culturale rivolto alle giovani generazioni per far loro comprendere che la vita è … vita fin dal grembo materno, non c’è una comunicazione mediatica che fa della difesa della vita la sua regola d’oro.

Chiedo troppo? Non credo, basta guardare all’impegno e alle risorse che vengono doverosamente investite in altri ambiti del disagio sociale. A cominciare dall’impegno a favore dell’accoglienza dei migranti. Due anni fa il Consiglio d’Europa ha chiesto di mettere in campo un vasto impegno educativo volto a prevenire quella radicalizzazione, sempre più diffusa nei giovani islamici europei, che può condurre al terrorismo o comunque alimentare un clima di violenze e conflitti. Lo stesso avviene per tutti gli altri ambiti della sempre più vasta galassia della problematica sociale. Basta scorrere la lista dei progetti che vengono attivati nelle scuole: sport, ambiente, sessualità, pace, dialogo…

Perché tutto questo non tocca mai il tema della vita nascente? E perché anche il mondo ecclesiale appare piuttosto refrattario, per non dire contrario. Ci sono parroci che celebrano la Giornata della Memoria ma non la Giornata per la Vita. Mi piacerebbe sapere quali progetti e quante risorse ha messo in campo la Caritas italiana per educare ad accogliere la vita nascente e/o per sostenere e consolidare le iniziative delle singole associazioni pro vita.

Se ci fosse tutto questo, se cioè la società civile e la comunità ecclesiale avessero messo in campo una task force per dire al mondo che ogni bambino ha diritto di nascere, allora m’importerebbe poco della Legge 194. Anzi, lo dico sapendo di esagerare, potrei anche accettarla perché sarebbe solo una crepa giuridica. E invece siamo dinanzi ad un cedimento etico e antropologico che non potrà non avere ripercussioni gravissime sul futuro della società. L’aborto non è l’errore di una donna ma la sconfitta di un’intera società. Le parole del Papa sono preziose e tracciano una strada. Ma se mancano i fatti, se non facciamo passi concreti … le parole sono come un chiodo dipinto sul muro. Non ci puoi appendere nulla.




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