Esteri

Garantire la morte del nascituro sì o no? Questa volta a decidere è l’Argentina

a cura della Redazione

Oggi 13 giugno il Parlamento argentino dovrà decidere se l’aborto, attualmente possibile solo in determinati casi, può diventare un diritto esteso anche alle adolescenti. I pro-life marciano su tutto il Paese e urlano a gran voce: “L’aborto è un fallimento non una soluzione. Chiediamo di rispettare le due vite”.

Dopo l’Irlanda ora tocca all’Argentina: oggi 13 giugno il Parlamento sarà chiamato a decidere se cambiare l’attuale legge che circoscrive l’aborto ai casi di violenza, incesto o pericolo per la salute della madre o renderlo libero sino alla 14esima settimana ed estenderlo anche alle adolescenti.

L’esito del voto parlamentare, arriverà nella giornata di domani giovedì 14 giugno, e dipende quasi esclusivamente de una trentina di deputati ancora indecisi. Lo scenario è il seguente: da un lato 112 voti favorevoli alla riforma, appoggiata dal presidente Mauricio Macri. Dall’altro 115 voti attualmente contrari, riflesso di un’opinione pubblica profondamente divisa.

Intanto in tutto il Paese, da Buenos Aires a Rosario, da Tucumàn a Mendoza, da Cordoba a La Plata, il popolo della vita è sceso in piazza con centinaia di migliaia di partecipanti. Una preghiera interreligiosa per promuovere la cultura della vita, che ha visto uniti rappresentanti di organizzazioni ecumeniche, cattolici, ortodossi, evangelici, ebrei, musulmani, culti indigeni e afro. “Ci uniamo nel ringraziamento per la vita di tutti gli argentini delle passate, presenti e future generazioni – si legge in un messaggio congiunto –, convinti del valore di ogni vita. Ci assumiamo la responsabilità di difenderla, invocando la protezione di Dio, fonte di ogni ragione e giustizia, come indicato nel preambolo della Costituzione”.

“Questa chiamata ci impegna tutti – ha detto invece, monsignor Oscar Ojea, presidente della Conferenza episcopale cattolica – l’amore per la vita accresce il nostro impegno affinché le condizioni di vita siano degne”, ha aggiunto Ojea.

A proposito di queste imponenti iniziative i rappresentanti di Unidad Provida hanno detto che lo scopo delle marce, tenutesi in gran parte domenica 10 giugno, era quello di rendere “visibile la vera sensazione della società Argentina nel suo complesso e reclamare al Congresso Nazionale di astenersi dall’approvare leggi che danneggiano il tessuto sociale argentino”. Piuttosto “si cerchino altre soluzioni a quelle situazioni di vulnerabilità che possono attraversare le donne con gravidanze non pianificate”.

Andrés Perotti, di Unidad Provida Rosario ha sottolineato invece, che “l’aborto è un fallimento sociale e non può mai essere una soluzione. Oggi usciamo per esprimere una chiara posizione ai nostri legislatori, per denunciare le pressioni contro di loro e chiedere loro di rispettare le due vite”.

Pablo Gaete di Unidad Provida Mendoza ha ricordato che l’Argentina “è stata pioniere nel 1813 dettando la libertà delle pance”, tre anni dopo aver raggiuto l’indipendenza (il 25 maggio 1810 fu deposto l’ultimo viceré spagnolo) e tre prima del 9 luglio 1816, quando fu ufficialmente proclamata l’indipendenza a San Miguel de Tucumán. Tuttavia, ha aggiunto Gaete, “ora vogliono che torniamo indietro di 200 anni garantendo la pena di morte del nascituro. Invitiamo alla riflessione tutti i legislatori della nostra provincia e del resto del Paese”.




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