Solidarietà

“Molti sono i volti della povertà, ma una sola è la base comune: la solitudine”

povero

di Ida Giangrande

Mi hanno parlato di una rete di esperti a servizio delle famiglie, il Progetto Legami. Vado ad incontrare la responsabile, Anna Del Pesce, e quella che doveva essere una semplice intervista, si risolve in un insegnamento di vita. Una buona notizia di quelle che vorrei ascoltare tutti i giorni.

Spesso la solidarietà è fatta di piccoli gesti, disponibilità interiori e desideri del cuore che si intrecciano in tanti fecondi scambi di idee, di competenze e di concrete opere di misericordia. È questo il volto della carità di cui abbiamo bisogno. Mille forme, mille nomi, un unico comune denominatore: l’amore.

Mi trovo a Poggiomarino, un fazzoletto di terra fertile che si estende con i suoi campi irrigati alle pendici del Vesuvio. Devo incontrare una psicologa, la dottoressa Anna Del Pesce, responsabile del Progetto Legami, per la parrocchia Sant’Antonio di Padova. Il nostro incontro si tiene nella congrega degli uffici parrocchiali, un corridoio lungo fatto di aule dove sono appesi disegni e fiabe. I bambini sono andati via da poco, ma la loro presenza è in qualche modo ancora viva. Ad accogliermi, Anna, una ragazza giovane di quelle che non si formalizzano tanto e infatti, mi chiede subito di chiamarla Anna e di darle del tu. Ci sediamo in una delle aule e subito le domando in cosa consiste il progetto e come è cominciata la sua avventura. “Un giorno don Aldo, il parroco, è venuto a casa e senza troppi giri di parole mi ha detto che stava per partire questo progetto sostenuto dalla Caritas diocesana e che vedeva in me la persona adatta ad occuparsene. Ho accettato come accetto molte cose nella mia vita: una nuova avventura, una sfida umana. Amo entrare in relazione con le persone, non intendo una relazione amicale, mi piace scoprire il loro mondo interiore e lasciarmi sorprendere ogni volta di più dalle sfaccettature imprevedibili dell’umanità”. “In che cosa consiste il Progetto Legami?”. “È una rete dove ognuno mette a disposizione tempo, competenze e soprattutto il cuore a servizio delle famiglie del territorio. Non c’è povertà che un gruppo di persone insieme non possa affrontare e risolvere. La rete è formata da psicologi, avvocati, logopedisti, pediatri, eccetera che sono a disposizione di quanti ne hanno bisogno ma non possono permetterselo e ce ne sono tante di famiglie in queste condizioni”. “Sono per lo più famiglie straniere?”. “No, direi di più famiglie italiane. Raggiungono i nostri volontari che sono stati precedentemente formati e sono presenti a turno almeno due volte a settimana, il martedì e il giovedì. Le persone che arrivano qui parlano con loro del disagio che si trovano ad affrontare, in seguito decideremo insieme qual è il tipo di approccio da utilizzare”.

“Il caso che le è rimasto più impresso?”. Fa spallucce, “un po’ tutti a dire il vero. Ricordo una ad una quasi tutte le persone che passano o che sono passate attraverso questi uffici. Ogni persona che abbiamo aiutato è un dono innanzitutto per noi che ci mettiamo a servizio, arricchisce la nostra vita. Ci aiuta a guardare il mondo con altri occhi. Negli ultimi tempi ho conosciuto una bambina”, lo sguardo si illumina. Sul viso un sorriso leggero e dolce mi permette di percepire le sue sensazioni come una carezza sulla pelle. “Sua madre è venuta a dirmi che la piccola non parla, a scuola non fa amicizia con nessuno. Sta cercando di comunicare qualcosa con il mondo esterno, una situazione di sofferenza in casa. Talvolta basta un piccolo problema non risolto, magari nella coppia. Negli anni si ingigantisce, mette radici ed esattamente come un tumore, divora tutto ciò che è sano. Mi sono avvicinata alla bambina con la convinzione che non mi avrebbe parlato e invece lo ha fatto. Il suono della sua voce è stata la musica più bella che abbia mai sentito. Mi sono chiesta qual è la differenza tra me e una delle sue maestre ad esempio. Perché con me ha parlato e con altri no? Lo sguardo. I bambini sanno leggere il cuore attraverso gli occhi. Quando si chiudono alla relazione è perché non leggono nulla in chi stanno guardando. Avvertono il vuoto molto più di un adulto. La stiamo seguendo e attraverso lei stiamo cercando di raggiungere i suoi genitori! Il Progetto Legami non è solo questo. Non ci sono solo professionisti. Tutti possono contribuire: penso ai supermercati o alle farmacie. Quelli che accettano di collaborare con noi offrono sconti o facilitazioni di altri genere!”.

“Qual è il tipo di povertà contro il quale vi siete scontrati di più nel corso del vostro operato?”. Respira profondamente ripercorrendo una ad una tutte le storie che ha vissuto. “Molti sono i volti della povertà, ma una sola è la base comune: la solitudine. Le famiglie oggi sono sole. Abbandonate dalle istituzioni, dai vicini. Coinvolte in sistemi lavorativi disonesti e a basso reddito che le mettono in condizioni di sopravvivere più che vivere. Sono situazioni in cui via via si perde la dignità e il rispetto per se stessi. Se la famiglia è malata, tutta la società lo è”. “Come ha sviluppato lei questa sensibilità?”. “Sono stata educata fin da bambina nella mia casa a guardare alle esigenze dell’altro, a calarmi nel suo vissuto. È una cosa che devo principalmente ai miei genitori. Se guardo il mondo di oggi, mi sembra che proprio questo particolare manchi. La relazione con l’altro, il guardare all’altro. Siamo talmente concentrati su noi stessi che talvolta camminiamo da soli anche in mezzo a centinaia di altre persone. Attraverso l’esperienza del Progetto Legami, ho riscoperto il valore di un come stai? Una frase apparentemente scontata che invece può essere proprio l’inizio di un dialogo, ed è indice di un’attenzione per niente banale. Per quanto riguarda me, non so dove tutto questo ci porterà, quello che so è che la mia è una missione. Ho sempre vissuto il mio lavoro come una vocazione, una chiamata alla quale sto rispondendo con tutta la forza che ho perché in fondo costruire il bene comune è un dovere civico di tutti e di ciascuno”.

Ho tutto quello che mi serve per sviluppare l’articolo e, come succede sempre, faccio fatica a chiudere la conversazione. Me ne vado dagli uffici parrocchiali dopo aver salutato Anna e un grosso senso di appagamento alberga dentro di me. Mi guardo intorno, le agenzie di stampa, i tg nazionali non fanno altro che imbottirci di notizie negative. Ci gettano addosso un grosso senso di sfiducia e ci costringono a vivere in un clima di paura mettendo in rilievo solo ciò che non va: i preti sono tutti pedofili, i medici tutti disonesti e le forze dell’ordine tutte corrotte. Ma non è così, la realtà comune è fatta di persone straordinarie che mettono la loro vita a servizio di chi è più povero, di persone oneste e sinceramente impegnate a tutelare e custodire il bene comune. E allora sì, storie come questa sono notizie che vorrei ascoltare tutti i giorni, di quelle che fanno bene al cuore, che creano ed educano alla solidarietà e che per qualche strano motivo vengono raccontate sempre meno.




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