CORRISPONDENZA FAMILIARE
di don Silvio Longobardi
“Non lasciare che la rabbia per la separazione da tuo marito, ti divori”
5 Marzo 2018
Che cosa è successo a un certo punto? Perché lui ha preso un’altra strada? Domande che emergono in maniera spontanea in quasi tutte le separazioni coniugali. Don Silvio ricorda: “La vita è complessa, una cosa è certa, la separazione non è un gesto folle e improvviso ma il punto d’arrivo di una distanza che, poco alla volta, si è creata nella coppia”.
Cari amici,
la Quaresima è il tempo del deserto, un’esperienza che fa pensare alla lotta interiore e alla purificazione ma anche all’alleanza nuziale che tutta la Chiesa – e ciascuno di noi – rinnoverà nella solenne Veglia pasquale. È la certezza della Pasqua che motiva e sostiene la fatica e l’impegno, vogliamo arrivare a quell’appuntamento realmente rinnovati. Non sempre è così, tanti battezzati non vivono la Quaresima come un tempo che prepara un’alleanza nuova ma come un prolungato deserto che riveste tutta la vita. Penso agli sposi separati che hanno perso la speranza di ricostruire il patto nuziale, nel loro futuro non c’è alcuna alleanza ma una solitudine che rischia di diventare sempre più pesante. A loro mi rivolgo con questa lettera rivolta ad una sposa che manifestava il dolore e la rabbia di chi si sente abbandonato. Vi invito a pregare e ad accogliere queste persone che spesso sono guardate con diffidenza e tenute a distanza anche all’interno della comunità ecclesiale.
Cara amica,
l’esperienza che hai avuto il coraggio di raccontarmi appartiene certamente a quelle più dolorose. Nella vita possiamo incontrare tanti problemi ma la sofferenza più grande è quella di vedere svanire il sogno di una vita: vivere insieme, mano nella mano, con il proprio sposo, vedendo crescere i figli, costruire una relazione affettiva in cui ciascuno diventa un sostegno per l’altro. Questo sogno, nel tuo caso, appariva tanto più reale quanto più era radicato in una comune esperienza di fede.
Che cosa è successo a un certo punto? Perché lui ha preso un’altra strada? Perché ha deciso di abbandonare quel sentiero comune che insieme avevate sognato e che per tanti anni avevate costruito? La vita è complessa e talvolta facciamo fatica a rileggere gli avvenimenti per capire dove, come e quando le due strade hanno cominciato a dividersi. Una cosa è certa, la separazione non è un gesto folle e improvviso ma il punto d’arrivo di una distanza che, poco alla volta, si è creata nella coppia.
Capisco e condivido la tua sofferenza ma nelle tue parole, insieme al legittimo dolore, leggo anche tanta rabbia. Non so quanto tempo sia passato dall’effettiva separazione, permettimi però di dirti, in tutta franchezza, che la rabbia non è una risposta adeguata. In questi casi è impossibile non soffrire, il dolore è inevitabile ed è anche l’offerta che devi consegnare ogni giorno al buon Dio, unendoti alla passione di Gesù. La rabbia, invece, alimenta rancore e potrebbe anche generare odio. Mi rendo conto che ti chiedo quello che forse oggi non sei ancora in grado di capire. E tuttavia, sento la necessità di aprire un orizzonte ancora più ampio: non solo non c’è spazio per la rabbia, ma neppure per l’indifferenza. Quando accadono questi fatti, la prima e più istintiva reazione è quella di dire: “Ciascuno per la sua strada, tu non fai più parte della mia vita”.
Sarebbe facile e forse anche troppo comodo. E invece, ti viene chiesto di custodire il patto nuziale e anche di continuare a custodire quell’uomo con il quale hai scelto di fare un’alleanza che è stata sigillata dal sacramento del matrimonio. Scusami la brutalità, non puoi dire: “Il mio ex”. Un’espressione come questa non è adatta ad un credente che, fino a prova contraria, e cioè fino a quando quel matrimonio non sarà dichiarato nullo dall’autorità competente, deve considerare l’altro come il suo legittimo sposo. Capisco tutta la sofferenza che provi ma non devi smettere di pregare per tuo marito, nella prospettiva della fede prendersi cura l’uno dell’altra non riguarda soltanto dei giorni di questa vita ma riguarda il destino eterno. Se tuo marito ha sbagliato – e non dubito che sia così – hai tante buone ragioni per pregare per lui.
Carissima, ci conosciamo appena ma tu hai voluto condividere il tuo dolore. Permettimi allora di parlarti con franchezza, pur sapendo che le mie parole possono far apparire la tua condizione ancora più difficile da vivere. Le mie parole nascono dalla fede e invito anche te a vivere questa esperienza dolorosa nella luce della fede. Ricordati che, custodendo la pace del cuore, pur se condita dalla sofferenza, tu preservi la tua vita dal male, sei libera interiormente e psicologicamente per poterti occupare dei figli che Dio ti ha dato e che hanno ancora bisogno di essere accompagnati alla maturità della vita. Ancora più bisogno dopo tutto quello che è successo.
Al contrario, se la rabbia prende dimora nella tua casa, non avrai energie sufficienti per poter accompagnare i tuoi figli oppure li farai crescere in un contesto dominato dall’insoddisfazione, dalla tristezza e dal rancore: tutti ingredienti che non dovrebbero avere parte nella vita cristiana. Se vuoi custodire la fede e vivere nella comunità ecclesiale, camminando a testa alta, devi custodire la pace del cuore. Lascia stare le rivendicazioni, anche quelle che possono apparire legittime. Più che appellarci alla giustizia civile ed ecclesiale, preferiamo affidarci alla misericordia di Dio, cioè a quella carità che “tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”, come dice l’apostolo Paolo. Chi sperimenta questa carità, troverà quella pace che nessuno potrà togliere. Te lo auguro di cuore e prego perché tu possa ricevere questa grazia. Un caro saluto
don Silvio
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