CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Un bambino cambia la vita

5 Febbraio 2018

“Un figlio ti ricorda cos’è l’amore”, così una madre coraggiosa scrive a don Silvio a pochi giorni dalla 40° Giornata per la Vita. Nella sua lettera tutto il coraggio, il senso di solitudine interiore e la gioia di diventare madre nonostante tutto.

Cari amici,
alla vigilia della Giornata per la Vita ho ricevuto una lettera che oggi condivido con voi, è stata scritta da una giovane mamma che ha avuto il coraggio di accogliere la vita ed oggi canta la sua gioia. Questa vicenda ha avuto un lieto fine grazie alla parola e alla preghiera di quelle persone che non smettono di credere che salvare una vita – anche solo una vita! – abbia un valore inestimabile. “Chi salva una vita, salva il mondo intero”, afferma un detto della tradizione ebraica. L’esito positivo di questa vicenda non può farci dimenticare tutte le altre situazioni analoghe che purtroppo si concludono con l’aborto, cioè con la tragica uccisione di un bambino nei primissimi mesi della sua esistenza.

Agli inizi del 1977, dopo che la Camera aveva approvato un progetto di legge sull’aborto, Giorgio La Pira, deputato e più volte sindaco di Firenze, scrisse a Paolo VI: “Questa nuova ondata contro la Santa Sede non deve farci paura. È vero che la Chiesa anche in questa occasione ha preso posizione per il bene e la salvezza dell’umanità, difendendo i bambini e con essi il domani. Forse anche in sede politica si potrebbero ancora salvare le cose se ci fosse il convincimento che la salvezza dei bambini è il valore assoluto da difendere oggi” (Abbattere i muri, costruire ponti. Lettere a Paolo VI, Cinisello Balsamo 2015, 875).

La Pira aveva un curriculum di tutto rispetto: era un cristiano prestato alla politica e aveva speso la sua lunga attività pubblica per costruire ponti di pace in un’epoca carica di conflitti, uno dei pochi uomini che sapeva e poteva parlare a tutti e con tutti i contendenti. Era molto preoccupato per la corsa agli armamenti che assorbiva energie e risorse economiche. Mai avrebbe immaginato che in un contesto mondiale così carico di tensioni, il mondo occidentale avrebbe iniziato una guerra contro… i bambini, i più piccoli e indifesi tra gli esseri umani. Sì, proprio negli anni della guerra fredda, quando l’attenzione avrebbe dovuto concentrarsi unicamente sulla pacificazione delle coscienze e sulla necessità di seminare il bene, si diffonde una devastante ideologia che presenta l’aborto come un impegno civile, un dovere al quale lo Stato non può sottrarsi.

Per combattere l’aborto (clandestino) lo Stato ha il dovere di promuovere l’aborto nelle strutture pubbliche. Era questa l’argomentazione che veniva presentata in quegli anni e che ancora oggi viene ripetuta come un mantra. In queste parole, l’aborto diventa un intervento sanitario che non ha alcun effetto collaterale. Il bambino scompare. Eppure basterebbe chiedere ad un studente universitario di medicina per sapere che la donna non porta in grembo un ammasso confuso di cellule ma un bambino, un vero bambino che ha tutto il diritto di nascere. Qualche giorno fa una giovane coppia, in attesa del primo figlio, mi raccontava l’emozione provata nel sentire il battito del loro figlio che aveva solo sei settimane di vita. Quel battito è come l’eco di una creatura che dice: sono qui, mamma e papà. Provate a immaginare cosa succederebbe se, prima di eseguire l’aborto, una mamma potesse ascoltare il battito del suo bambino!

È triste oggi vedere che sempre più si parla dei diritti degli animali mentre il diritto alla vita non trova spazio alcuno nei media, l’impegno generoso e talvolta eroico del popolo della vita viene accuratamente nascosto. Inutile nasconderlo: esiste una congiura contro la vita. C’è una cultura che fa di tutto per oscurare la realtà. Tutto questo ci addolora ma non ci scoraggia, anzi alimenta il desiderio e l’impegno di lottare per custodire la vita. Non cerchiamo consensi né applausi. Non vogliamo riconoscimenti né diplomi. A noi interessa anzitutto offrire una parola di speranza e un sostegno concreto alle mamme che affrontano con fatica l’avventura della gravidanza. Ma vogliamo anche essere una coscienza critica per scuotere l’apatia e l’egoismo di una cultura che, in nome di un presunto benessere individuale, non teme di sopprimere la vita di un bambino innocente. Rialziamo la testa, popolo della vita. Siamo i testimoni e i profeti di quella che Paolo VI chiamava la civiltà dell’amore. Un caro saluto a tutti.

don Silvio

 

Mi chiamo Sharon. Era il 5 aprile quando scoprii di essere incinta già da 3settimane, non ho mai dimenticato quel momento, quel piccolo momento così grande. Avevo 19 anni, ero piccola e tanto spaventata, inizialmente non avevo la minima intenzione di proseguire la gravidanza, la consideravo un intralcio nel mio percorso, un qualcosa che mi poteva solo creare fastidio ed ostacolare, così decisi di andare al S. Camillo per proseguire con le pratiche dell’aborto perché volevo il prima possibile liberarmi di “quella cosa”. Il 6 aprile andai a fare la visita per confermare l’aborto previsto per il 13 aprile, mi fecero l’ecografia dove vidi per la prima volta quell’essere dentro di me, anche se negavo a me stessa che in quel momento mi stavo emozionando. Odiavo il mio compagno, me stessa, odiavo tutti, nonostante mi stessero tutti accanto mi sentivo tremendamente sola. Il mio compagno era totalmente contrario alla decisione che stavo prendendo perché lui all’idea di avere quell’esserino tra le braccia piaceva, così chiese aiuto ai suoi zii che a sua volta coinvolsero degli amici per cercare di farmi capire che forse quell’esserino una chance la meritava, ma io cocciuta più che mai non ne volevo sapere anche se mi sentivo tremendamente egoista. Ho sentito pareri di molte persone sia adulte che della mia età, eppure niente; fino a quando la notte dell’11 aprile in preda alle lacrime cominciai a pregare, nonostante io non sia una cattolica doc, stavo implorando Dio di darmi un qualsiasi segnale per indicarmi la scelta giusta. La scelta giusta è stata fatta il 12 aprile quando guardai il mio compagno dicendogli che avrei tenuto il bambino, lui era emozionato, lo eravamo entrambi, e diciamo anche le operatrici del S. Camillo. Il perché? Perché questo esserino era mio, perché volevo dargli tutto quello che a me non hanno mai dato, perché è vita. Così decisi di intraprendere quest’avventura con in spalla tanto coraggio ma soprattutto tanto Gaviscon. Dopo 9 lunghissimi mesi, arrivò il giorno del ricovero, piansi per una settimana, ricordo che mia nonna veniva a consolarmi dalla mattina alla sera. Dopo tanta paura e 13 lunghissime ore di travaglio è nata la mia piccola Chiara. La mia bambina oggi è tutto il mio mondo, vivo e respiro per lei. Un bimbo ti cambia la vita, ti migliora l’esistenza, ti dà coraggio, ti insegna ad essere ingenuo e puro e soprattutto ti ricorda che cos’è l’amore.

Sharon




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