Educare i nostri figli alla carità. Alcuni suggerimenti …

Visitare gli ammalati, aiutare i bisognosi, frequentare la Caritas parrocchiale sono impegni presenti nelle giornate dei nostri figli? Oppure tutto scorre tra un’attività e l’altra secondo una serrata tabella di marcia? È necessario ridefinire le nostre agende dando più spazio ad attività che aiutino a ritrovare la capacità di amare.

Ieri pomeriggio mentre attendevo l’uscita di scuola della mia terzogenita, una mamma mi confidò che era tornata a casa per cambiarsi d’abito e mettersi in tuta perché l’aspettava un pomeriggio di corsa. Tre figli che a distanza di mezz’ora iniziavano un’attività diversa in un luogo diverso. Era riuscita ad incastrare così bene le cose, che mentre li accompagnava da un posto all’altro del paese trascorreva il tempo necessario per poi passare a riprenderli. Per le ore 20.00 tutti a casa, poi doccia, cena, compiti e a letto: non c’è che dire, una tabella di marcia perfetta. “Meno male ­­­­- diceva lei – che questo capita solo tre volte a settimana”.

Cari genitori, a quanti di noi capita di vivere giornate come questa? Molti staranno già sorridendo forse, ma io credo che dobbiamo stare attenti perché spesso quello che nasce come un valore, cioè offrire al figlio la possibilità di sviluppare le proprie abilità, può comportare una serie di disvalori che finiscono per ingabbiare la vita dei nostri figli e anche la nostra.

A furia di affinare abilità e competenze, i ragazzi diventano sempre più iper-stimolati, devono fare mille cose e, spesso, non hanno il tempo per giocare. Figli efficientisti che non accettano ritardi e/o fallimenti per se stessi e per gli altri. Diventeranno, quasi sempre, giovani competitivi assetati di vanagloria, per cui l’importante non è partecipare, ma vincere.

E voi invece come vi sentite? Taxi-genitori, super-stressati e sempre di corsa. E se poi una famiglia non ha i mezzi per permettersi di assicurare tutte queste attività al proprio figlio? Il senso di colpa prende il sopravvento e in un meccanismo perfetto, quasi pensato ad arte, seguono frustrazione, rabbia, senso di fallimento. Ma siamo davvero convinti che i nostri figli abbiano bisogno solo di sviluppare competenze e abilità?

Certo il mondo di oggi ci vuole preparati, ma lo sviluppo delle abilità è solo un aspetto della crescita dei figli a cui noi genitori dobbiamo contribuire. Ve ne sono altri e forse molto più preziosi. Il dialogo familiare, una visita domiciliare per portare conforto ad un ammalato o ad un anziano. Un’ora di servizio vissuto, insieme ai figli, nella Caritas parrocchiale. Quanto tempo dedichiamo a questo tipo di attività? Perché le avvertiamo come impegni non formativi, non utili a sviluppare abilità? Anche l’umanità reclama di essere educata, anzi ha il diritto di essere educata. Questo è forse il primo impegno di un buon genitore: stimolare le doti umane del proprio figlio. Insegnargli a riconoscersi fratello, amico, figlio, compagno di viaggio.

Vorrei invitarvi dunque a riordinare l’agenda e a stabilire un calendario degli impegni da svolgere insieme ai figli in cui sono previste attività che li aiutino ad allargare il cuore, perché imparino a percepire la sofferenza di un amico o a condividerne la gioia, ad acquisire l’abilità di usare l’intelligenza per aiutare qualcuno, risollevare chi è nel bisogno, promuovere iniziative a tutela del bene comune.

Tutto questo non si improvvisa. Richiede allenamento, bisogna esercitarsi molte ore, occorre frequentare la palestra in cui si apprende l’arte e la disciplina dell’amore. Amare è l’abilità che prima di tutte come genitori abbiamo il dovere di far apprendere ai nostri figli. Per questo sì occorre sacrificare ogni energia e, se noi stessi non l’abbiamo acquisita, è tassativo cercarsi un corso di recupero per il bene dei figli.

Vi faccio una confidenza personale. Ricordo con grande commozione che la mia mamma, oggi membro del cammino neocatecumenale, ha iniziato il suo percorso di fede quando io ho cominciato il catechismo. Allora il parroco suggerì ai genitori di accompagnare i figli nel percorso di conoscenza di Gesù e la mia mamma accettò. Si mise in gioco, cominciò con me. Questo è uno di quei particolari della mia crescita spirituale che porto nel cuore con grande tenerezza perché mi spinge oggi ad accompagnare i miei figli e a riconoscere di aver bisogno di un cammino spirituale.

Scrive santa Teresa di Gesù Bambino: “Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarmi finalmente una risposta. Gli occhi mi caddero per caso sui capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi, e lessi nel primo che tutti non possono essere al tempo stesso apostoli, profeti e dottori e che la Chiesa si compone di varie membra e che l’occhio non può essere contemporaneamente la mano. Una risposta certo chiara, ma non tale da appagare i miei desideri e da darmi la pace. Continuai nella lettura e non mi perdetti d’animo. Trovai così una frase che mi diede sollievo: «Aspirate ai carismi più grandi. E io vi mostrerò una via migliore di tutte» (1 Cor 12, 31) […] Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore. Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, senza questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: Oh Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. Si, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo hai dato tu, oh mio Dio. Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà”.




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Giovanna Pauciulo

Sposa e madre di tre figli, insieme al marito Giuseppe è referente della Pastorale Familiare per la Campania, ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Conduce su Radio Maria la trasmissione “Diventare genitori. Crescere assieme ai figli”. Collabora con Punto Famiglia su temi riguardanti la genitorialità e l’educazione alla fede dei figli. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018).

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