CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Trasmettere la fede nel progetto educativo dei Santi Martin

2 Ottobre 2017

Una delle principali occupazioni dei santi sposi di Alençon era assicurare alle figlie un’istruzione adeguata che si nutriva soprattutto di spiritualità. Don Silvio: “A che serve imparare tante cose se poi non sappiamo costruire relazioni umane intessute di vera amicizia?”.

Al fratello Isidoro

“Sono andata mercoledì a condurre le mie due grandi in collegio, alla Visitazione di Le Mans. Sono addolorata di non averle più con me, ma bisogna ben accettare questo sacrificio” (LF 40, 9 ottobre 1868)

Al fratello e alla cognata

“Sono andata a Le Mans a vedere le bambine. […] Ho trovato le bambine molto graziose e molto robuste, specialmente Maria che si è anche abbellita. Ha fatto molti progressi. E così pure Paolina che ha un carattere incantevole, è graziosa e si fa amare da tutti, ma è di una vivacità straordinaria” (LF 43, gennaio 1869).

 

Cari amici,

accompagnare e far crescere i figli è sempre stato un compito impegnativo, oggi più che mai. Viviamo infatti in una cultura che esalta la libertà e l’autonomia del soggetto, fino al punto da affermare che ciascuno deve trovare da sé la strada. In un contesto come questo quegli educatori che pretendano di consegnare valori e precetti, sono visti come marziani che vengono da un altro pianeta o come dinosauri di un’epoca ormai lontana. Nessuno può insegnare niente a nessuno. È questo lo slogan più diffuso. Posso sbagliare da solo, dicono i ragazzi ai loro genitori.

Anche se Luigi e Zelia vivono in un contesto totalmente differente dal nostro, è utile scrutare le regole fondamentali del loro impegno educativo. I frammenti che oggi vi consegno appartengono ad un passaggio importante della vita familiare, quello in cui le prime figlie arrivano all’età in cui hanno bisogno di ricevere un’adeguata istruzione. Occorre dunque fare delle scelte. I santi genitori di Alençon non trascurano questo ambito, anzi vogliono dare alle figlie la possibilità di ricevere la migliore istruzione possibile. Per questo scelgono di inviarle al Collegio di Le Mans, presso le suore della Visitazione. La scuola dista poco più di 50 km da Alençon, una distanza ragguardevole per l’epoca che di fatto costringe i genitori a separarsi dalle figlie. Maria, la primogenita, vi resta fino al 1875; Paolina invece termina proprio nell’anno in cui muore la mamma. Si tratta dunque di una privazione che dura lunghi anni.

La scelta dipende unicamente dal fatto che il Collegio era legato al monastero della Visitazione dove si trova sr Maria Dositea, la sorella di Zelia. La sua presenza era una sicura garanzia. In quel collegio le due fanciulle non solo avrebbero ricevuto un’ottima istruzione ma sarebbero state seguite con particolare attenzione dalla zia.

La testimonianza e lo stile di vita della famiglia Martin rappresentava senza dubbio una buona esperienza di fede. E tuttavia, non è sufficiente. Luigi e Zelia sanno che le loro figlie hanno bisogno di ricevere anche un altro cibo spirituale e utilizzano tutti i canali ecclesiali allora disponibili. I lunghi anni di collegio rientrano in questa strategia formativa. Accanto all’istruzione, la Visitazione garantiva una solida formazione di fede. La distanza che separa Le Mans da Alençon è un ulteriore sacrificio per i genitori ma è compensato dalla certezza di avere affidato le figlie nelle mani di una “santa”, come Zelia chiamava la sorella monaca. Da lei Zelia riceve notizie sicure sulla condotta e sulla crescita delle piccole. Ed è contenta di constatare che questo legame ha davvero contagiato le figlie, soprattutto Maria: “Sono molto felice di vedere l’influenza che mia sorella ha su di lei”, scrive a Paolina (5 dicembre 1875).

C’è un dettaglio che vorrei richiamare: Zelia e Luigi sono molto attenti ai risultati scolastici delle figlie, si rallegrano quando prendono buoni voti e mostrano malcontento in caso contrario. Zelia loda molto Paolina e Maria per gli ottimi risultati scolastici, si rallegra per i molteplici premi che ottengono a scuola; ma non danno a questo impegno il primato assoluto. Al contrario. Quando si accorge che il desiderio di raggiungere eccellenti risultati, provoca a Paolina frequenti emicranie, la invita a fermarsi, gli studi possono anche attendere: “Quello che ti raccomando è di non preoccuparti né per i tuoi premi, né per la «corona bianca» […] Se tu non segui alcun corso, questo per me è uguale” (1° maggio 1877). La vita non si misura con i diplomi ma con la carità, come ricorda l’apostolo Paolo: “la conoscenza riempie di orgoglio, mentre la carità edifica” (1Cor 8,2). A che serve imparare tante cose se poi non sappiamo costruire relazioni umane intessute di vera amicizia?

La testimonianza di Luigi e Zelia è una luce che può rischiarare tanti genitori. Ai Santi coniugi oggi chiediamo di intercedere per tutti quei genitori che sono preoccupati o amareggiati. Un caro saluto.

Don Silvio




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