Dipendenza

Il gioco ha distrutto la mia famiglia

Storia di M. raccontata da Ida Giangrande

Oggi per i lettori di Punto Famiglia, la storia di una dipendenza: “Ogni forma di dipendenza nasce da un vuoto dentro, è un problema soggettivo, ma di certo diventa fonte di guadagno per le bande di criminali che mangiano e vivono sul nostro dolore. Non prestiamo il fianco!”

Come tutte le dipendenze, quando imbocchi la strada che ti condurrà alla rovina, non te ne accorgi. Un giorno entrai in un bar, giocai una piccola somma alla slot machine e vinsi. Il cuore mi batteva all’impazzata, non so spiegare perché ma ci sono tornato anche il giorno dopo. Mi sono seduto a quella macchinetta e ho messo dentro un’altra banconota. Da quel momento in avanti non mi sono più fermato.

Tornavo in quel bar tutti i giorni, trascorrevo ore e ore seduto davanti al video mentre intorno a me, la cameriera del bar, il proprietario del locale, gli abituali frequentatori del posto, tutti restavano a guardarmi a braccia conserte. Sapevano che mi stavo spendendo la vita in quella macchinetta, ma nessuno ha mosso mai un dito per aiutarmi.

Per loro quello era solo lavoro, anzi più io giocavo, più loro guadagnavano e in fondo a questo mondo non interessa altro. Dalle slot ai Gratta e vinci fino al calcio scommesse: entravo in quel bar di mattina e ne uscivo quando ero esausto e avevo le tasche vuote. La mia vera rovina è arrivata con la venuta delle Vlt (video lottery terminal), apparecchi simili alle slot machine, che prevedono jackpot fino a mezzo milione di euro, ma diverse perché presentano modalità di gioco più evolute.

Mi divertivo, non riuscivo ad accorgermi del male che facevo. Cominciai a marinare il lavoro, dicevo a mia moglie che andavo in ufficio, ma in realtà non lo facevo. Una partita e basta mi ripetevo, ma una partita finita male ne chiamava un’altra e poi un’altra. Le ore passavano ed io non le vedevo. Non esistevano giorni di vacanza, né domeniche né Natale: vivevo per sedermi davanti a quel videoschermo. Le mie finanze cominciavano ad assottigliarsi, nel giro di qualche mese persi il lavoro e mia moglie scoprì ogni cosa. Avevamo due figli, 10 e 4 anni, un mutuo da pagare, poi la scuola, la palestra, tutte spese che fino a quel momento avevo sostenuto da solo, ma a cui ora non potevo più far fronte. Chiesi in prestito una somma di denaro, volevo sinceramente pagare i miei debiti con la banca per salvare la mia casa, ma non ci riuscii.

I soldi nelle tasche mi bruciavano, entrai nel bar e spesi tutto. Questa volta mia moglie non mi perdonò, prese i bambini e andò a stare da sua madre. Pur di non far mancare nulla ai nostri figli si è messa a fare la donna delle pulizie e si spezza la schiena da mattina a sera, mentre io, io non sono capace più di niente, né di pagare i debiti con gli usurai né di cercarmi un altro lavoro. D’altro canto mi chiedo, chi darebbe un lavoro a uno con la mia reputazione? Ho capito di avere un problema serio e ho accettato di farmi curare. Sto vedendo uno psicoterapeuta, e stiamo facendo insieme un bel percorso, ma la tentazione è dietro l’angolo e il buon esito della terapia dipende solo da me. Cosa posso dire? Di storie come la mia se ne sono raccontate tante, ma non è mai abbastanza. Viviamo in un contesto sociale dove è facile trovare sale da gioco, slot machine e tutto il resto. Ogni forma di dipendenza nasce da un vuoto dentro, è un problema soggettivo, ma di certo diventa fonte di guadagno per le bande di criminali che mangiano e vivono sul nostro dolore. Non prestiamo il fianco! Impariamo ad affrontare i nostri problemi prima che si manifestino in maniera violenta e distruttiva come è capitato a me. Dopo, risalire la china è complicato. Non impossibile, certo, ma complicato.




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