Tragedia di Arezzo

In punta di piedi sulla vicenda di Arezzo

dolore

di Ida Giangrande

Una bambina muore dimenticata dalla madre sul sedile posteriore della macchina. Cosa succede nella mente di un genitore tanto da cancellare la presenza del proprio figlio? Sulla tragedia di Castelfranco di Sopra in provincia di Arezzo, nessun giudizio solo tanta, tanta solidarietà.

Siamo in provincia di Arezzo. Una bambina di un anno, viene dimenticata in macchina dalla madre e muore per arresto cardiaco.

Non è il primo caso. Secondo il sito noheatstroke.org dal 1998 negli Usa sono morti di ipertermia 709 bambini lasciati in auto, di cui nove solo quest’anno. Nel 54% dei casi si trattava di bambini dimenticati dai genitori.

Cosa accade nella mente di un padre o di una madre tanto da indurli a cancellare la presenza del proprio figlio sul sedile posteriore della macchina?

La mente gira vorticosamente intorno alle cose da fare. È un calendario che, ora dopo ora, segna ogni istante della giornata in un ritmo frenetico che riduce le persone a ciò che possono fare e le costringe a dimenticare di essere. Nella ressa di impegni e scadenze, si insinua la convinzione di aver fatto qualcosa che invece non è stato fatto. Alla fine di una giornata di lavoro, lanciando uno sguardo distratto dallo specchietto retrovisore, ti accorgi di aver dimenticato tua figlia in auto. Il tempo è scaduto. È diventato una pozza di sabbie mobili in cui sprofondare e annaspare fino a morire, perché nel caos delle cose da fare, comprendi di aver dimenticato l’unica davvero importante. La madre di questa bambina, una laurea in legge, è segretaria comunale presso due Comuni. Una donna molto stimata e apprezzata, “una mamma attenta e premurosa”, così è descritta da chi la conosce.

Oscuramento, black out, possiamo chiamarlo in vari modi. In buona sostanza la sintesi è una: la fatica del vivere quotidiano.

Poche settimane fa sul suo profilo social la madre della bambina di Arezzo aveva condiviso un post: “Maternità e lavoro. Ecco perché le donne non ce la fanno più”.

Di certo non possiamo e non vogliamo demonizzare il lavoro femminile, ma la tagliola dello stipendio a fine mese, la corsa dietro le spese da sostenere e le bollette da pagare, quello sfrenato dinamismo quotidiano che trasforma il tempo in un autocrate tiranno, questo sì, questo può e deve essere demonizzato.

Tra l’assenza di opportunità di lavoro dignitose e il vuoto di politiche familiari adeguate, i genitori di oggi sono spesso costretti ad abbandonare i propri figli nelle mani di terze persone. E mentre i nostri rappresentanti politici litigano fra di loro tra maggioranza e opposizione, noi genitori di oggi, stringiamo i denti, paghiamo le tasse, sbarchiamo il lunario a fatica a suon di sacrifici e di rinunce.

E allora, nessun giudizio sulla tragedia di Arezzo, solo tanta, tanta solidarietà e una preghiera recitata col respiro corto per quella famiglia. Se abbiamo parole da dire, indirizziamo un messaggio alle autorità. Chiediamo allo Stato, alla Politica, alle aziende di favorire una cultura a servizio della famiglia, a partire dallo sgravio fiscale, per finire ai sussidi alla maternità.

La nostra Italia sta morendo. È sempre più avvizzita, anziana e ripiegata su se stessa. Per darle un futuro, dobbiamo consentire ai genitori di fare i genitori e di accudire i propri figli come è giusto che sia.

 




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