L’amore non muore

L’amore sponsale può morire? Magari ammalarsi, provocare dolore … ma non può morire

coppia

di Gabriele Soliani

“Sto male e la colpa è tua”: dialogo frequente tra due sposi che spesso arrivano per questo motivo anche alla separazione. È l’amore inteso come emozione che quando non gratifica più, può anche finire.

Chi è sposato sa bene che l’amore non muore ma che sono, casomai, morte le emozioni amorose. La differenza sembra una sottigliezza ma non è così. Le emozioni amorose, delle quali oggi tanto si parla, non sono l’amore e nemmeno riuscirebbero a reggerlo. Non spetta loro mantenere vivo l’amore matrimoniale. Ad amare “si impara”, diceva san Giovanni Paolo II, ed il dolore fa parte di un amore maturo perché necessita del “dono di sé”. Il dolore rifiutato nella relazione di coppia è la causa di quasi tutte le cosiddette sconfitte matrimoniali perché non si accetta che proprio il coniuge o la coniuge facciano soffrire. “Proprio tu al quale (o alla quale) ho consegnato la mia vita!”, è il pensiero che sempre viene esternato. Ed è la frase che si sentono ripetere gli avvocati matrimonialisti che sanciranno la separazione.

Ciò che sottende questa emozione di dolore è: “Sto male e la colpa è tua”. Invece è doveroso, e bisogna impararlo e insegnarlo, ripetere a se stessi: “Sto male perché non riesco a reggere il dolore che la relazione d’amore di coppia produce, cioè la colpa non è tua”. Capire l’origine del dolore salva e vivifica il matrimonio che, ricordiamolo, non è esente dalle malattie affettive perché la relazione di coppia si può ammalare. Ammalare ma non morire.

L’amore di coppia è impegnativo. Quando invece facciamo passare il messaggio che l’amore di coppia può morire il matrimonio traballa già dall’inizio. Ci pensano già le innumerevoli canzonette, le soap-opera televisive, il cinema, il gossip di certi settimanali a lanciare questo messaggio. Chissà quanti amori morirebbero facilmente oggigiorno applicando questa teoria. Occorre lasciar parlare i coniugi con la loro esperienza, a volte faticosa, per dimostrare che l’amore va curato dall’inizio e che non ci si deve arrendere.

La Chiesa ha sempre difeso questo unico matrimonio ben conoscendone l’arduo, ma tuttavia entusiasmante, cammino. I coniugi sono grati alla Chiesa perché continua a proporre questo stile di vita amoroso che fa del bene ai figli ed anche alla società. Infatti le azioni virtuose che mantengono in vita un matrimonio si diffondono a pioggia sui figli, la famiglia e la società tutta. Quando l’articolo 29 della Costituzione parla del matrimonio fra un uomo e una donna dice proprio questo ed accetta, con una laicità positiva, tutto il valore morale ed umano del matrimonio religioso. Nemmeno lo Stato osa mettere in discussione questo principio, quando concede la possibilità di divorziare. Dal 1973 infatti, non fa parola di morte dell’amore. Non spetta a lui questa definizione. Tantomeno spetta ai cattolici che, anzi, dovrebbero guardarsi da questa moderna e sfiduciata definizione. Facciamoci coraggio e respingiamo l’idea che l’amore possa morire.




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