Aborto
E Trump taglia i finanziamenti alle ong che praticano l’aborto due giorni dopo il suo insediamento
di Gabriele Soliani
Proprio lo stesso giorno, il 22 gennaio 1973, in cui la Corte Suprema U.S.A. promosse la pratica dell'aborto volontario in tutti gli States con la famosa e tragica sentenza Roe versus Wade (montata ad arte dopo una campagna di numeri falsi), il neo presidente Trump con un ordine esecutivo ha annullato il finanziamento del Governo Federale alle organizzazioni non governative che praticano l'aborto, o informano su di esso, all'estero.
Dopo soli due giorni dal suo insediamento sembra iniziato una specie di “effetto” Trump. Non è il primo presidente statunitense che introduce questa regola, chiamata “Mexico City Policy”. Un altro repubblicano, Ronald Reagan, nel 1985, aveva usato questo strumento per tagliare i fondi ad enti abortisti mentre era in viaggio politico in Messico. Per questo infatti viene chiamata “Mexico City Policy”. Dopo la sentenza U.S.A. Roe versus Wade a valanga arrivò l’aborto in Europa cominciando con l’Inghilterra, la Francia e, il 22 maggio 1978, in Italia.
Nel 1993 l’allora presidente Bill Clinton, marito dell’avversaria alle elezioni di Trump, ripristinò i siffatti finanziamenti. Otto anni più tardi, nel 2001, George W. Bush introdusse nuovamente la “Mexico City Policy”, ma Barack Obama la eliminò nel 2009 riattivando così il flusso di denaro pubblico verso le organizzazioni che praticano gli aborti.
Con Trump e con il ritorno della “Mexico City Policy” le Ong che in tutto il mondo forniscono assistenza sanitaria e praticano aborti non riceveranno più denaro pubblico dall’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale. Per le regole americane queste organizzazioni dovranno ora scegliere se modificare i servizi o rinunciare completamente ai finanziamenti. L’International Planned Parenthood Federation (Ippf), che agisce in 180 Paesi del mondo finanziando aborti ha già annunciato che non rinuncerà alla propria missione, cioè a diffondere e praticare aborti. Ma lo farà senza denaro dei contribuenti americani.
Si stima che la Ippf perderà circa 100milioni di dollari all’anno (93milioni di euro). Restano, per ora, i finanziamenti alla Planned Parenthood, circuito di cliniche degli Stati Uniti che forniscono interruzioni di gravidanze. Per bandire i fondi a questa realtà, colpita da un grave scandalo nell’estate 2015 legato al commercio di feti abortiti, infatti serve il consenso parlamentare, che attualmente è tutt’altro che scontato. Sean Spicer, portavoce della presidenza Usa, ha detto: “È risaputo che il presidente ha posizioni pro-life, lo ha fatto sapere in modo chiaro” e, con uno stile nuovo per gli ultimi otto anni di presidenza U.S.A., “vuole difendere tutti gli americani, anche quelli che non sono ancora nati, e penso che la reintroduzione di questa norma non sia soltanto un modo per riflettere questo valore ma anche per rispettare i contribuenti”.
Soltanto nel 2016 gli Stati Uniti hanno finanziato per 607,5 milioni di dollari (quasi 556milioni di euro) organizzazioni che in tutto il mondo si occupano di pianificazione famigliare, ossia di aborto e contraccezione.
Ogni anno proprio il 22 gennaio si radunano a Washington migliaia di persone pro-life americane per marciare e chiedere tutele nei confronti del nascituro. Secondo i pro-life americani anche la scelta della Casa Bianca di eliminare dal proprio sito la sezione dedicata agli lgbt, fortemente voluta dalla precedente amministrazione, si colloca nel solco della difesa della famiglia e della vita.
Al suo posto c’è una pagina di aggiornamento sulle attività della presidenza e la bandiera arcobaleno lascia il posto a quella a stelle e strisce.
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