Obiezione di coscienza

L’obiettore e la mamma che cerca la pillola del giorno dopo… anche contro la salute della figlia

Lettera firmata

Oggi pubblichiamo l’esperienza di un medico che in una notte di ambulatorio si trova di fronte alla paura di una famiglia che teme che la figlia minorenne dopo un rapporto sessuale sia rimasta “incinta”. Un colloquio che porta alla luce una verità piuttosto ignorata in questi mesi di polemiche sull’obiezione di coscienza: la vita del bambino.

Acconsento con piacere alla richiesta di un amico di mettere per iscritto il racconto di una mia recente esperienza in veste di medico. Spero ovviamente che possa essere utile e interessante per chi lo leggerà. Desidero però precisare che in questa, come in altre circostanze simili, penso di aver semplicemente esercitato l’autonomia professionale propria di ogni medico, che liberamente, in base alle sue conoscenze e convinzioni, è chiamato a scegliere caso per caso il miglior approccio ad una situazione e la migliore risposta ad ogni richiesta di salute: prescrivere o non prescrivere, questo è il problema! Semmai c’è testimonianza cristiana in quello che faccio, in talune scelte incomprensibili e scandalose per la comune mentalità, alle quali però mi sento interiormente obbligato, questa testimonianza  è nel modo in cui mi è dato di viverle: soffrendo e per amore; anzi, se mi è permesso, soffrendo per amore.

Ricevo in ambulatorio di continuità assistenziale (guardia medica per i profani) una ragazza di 16 anni con la madre, anche lei piuttosto giovane, sotto i 40 direi. Il padre/marito attende fuori. Sono le ore 23.30, ed io sono appena rientrato dalla casa di una ragazza mia coetanea con problemi di etilismo il cui padre aveva chiamato il 118 riferendo uno stato di agitazione della stessa. Il 118 avendo il proprio medico impegnato in un codice rosso aveva chiesto il mio intervento. Quindi torno in ospedale e trovo ad attendermi questa famigliola, tutti tesi in volto e la ragazza arrossata e tremante come se avesse pianto a dirotto da poco. La madre mi anticipa la richiesta, come una sentenza: pillola del giorno dopo. Domando alla ragazza se si imbarazza a parlare di fronte ai suoi, mi risponde di sì e chiedo quindi ai genitori di ricevere la figlia prima da sola.

Ci sediamo, mi presento, registro i suoi dati, è molto agitata, verifico la situazione: il rapporto sessuale avvenuto poche ore prima col fidanzatino di pari età si era concluso con la sorpresa delle lenzuola bagnate da ciò che sarebbe dovuto rimanere saldamente all’interno del condom. E questo nei giorni quasi sicuramente fertili della fanciulla. Il dispositivo di nota marca per sesso sicuro aveva tradito la fiducia dei due innamorati, lacerando insieme al lattice anche la favola del loro “amore”.

Non era la prima volta che mi capitava di dovere rispondere ad una simile richiesta, ma non mi era ancora mai capitato con una minorenne; le altre volte si era trattato di giovani donne, anche poco più che maggiorenni, accompagnate dai fidanzati.

Mi ricordo in particolare due circostanze nelle quali i maschi, veramente innamorati, messi al corrente dei possibili effetti collaterali della pillola sulla salute della donna e del possibile effetto abortivo, avevano mutato idea, si erano sentiti responsabilizzati e avevano preso a sostenere e confortare con lucidità la loro donna ancora nel panico. Avevano finalmente assunto con convinzione il ruolo di uOmO, sì con le “O” ben sviluppate tanto per intenderci!

Termino di parlare con la ragazza, che separata un attimo dai genitori aveva recuperato un po’ di calma. Era stata infatti pesantemente sgridata quando, nell’ansia dell’accaduto, era andata a cercare la confidenza e l’aiuto dei genitori. Faccio entrare quindi anche la madre. Come le altre volte, spiego la situazione da un punto di vista clinico: il rapporto potrebbe effettivamente essere “a rischio” anche se le probabilità sono invero piuttosto basse, cerchiamo di capire anche se quel profilattico aveva uno spermicida all’interno; spiego che il prodotto richiesto come panacea ha i suoi rischi, che non è efficace nel 100% dei casi e che soprattutto può avere diversi meccanismi di azione, tra cui anche quello di indurre un aborto precoce. Alla mini-lezione di fisio-patologia della riproduzione umana, tenuta nel cuore della notte con tanto di grafici a matita, frappongo qualche battuta simpatica (almeno nelle intenzioni) e pillole di filosofia, del tipo “ma non è paradossale che l’atto d’amore per eccellenza tra un uomo e una donna termini in ospedale? Forse c’è qualcosa di importante che manca…”. Evidentemente avverto il bisogno inconscio di alleggerire un po’ l’atmosfera e spero di riuscire magari ad allargare la visione del problema.

Sorridendole e stringendo per un istante la sua mano, mi rammarico anche con la giovane, che a tratti scoppia a piangere, del fatto che purtroppo non ricorderà nulla delle cose importanti che sto dicendo a causa del suo attuale stato di shock.

La madre invece sembra prestare ascolto, benché incapace di dissimulare una certa impazienza. Ad ogni modo, forse più per educazione che per reale interesse, mi lascia parlare tanto che arrivo a dire: “Ho saputo che come genitori vi siete arrabbiati molto con vostra figlia; la domanda può apparire sciocca, ma vorrei chiedere il motivo: che cosa realmente vi ha fatto tanto arrabbiare?”

Un’espressione di sorpresa compare sul suo viso (forse stavo andando troppo sul personale, o più probabilmente la domanda suonava davvero stupida), segue a ruota la risposta, con tono di sufficienza, come se dovesse essere necessariamente scontata: “Il fatto che potrebbe essere rimasta incinta…”. Nel mio pensiero completo la frase: “…  e per cos’altro se no?!”.

Sono un ingenuo, lo so, per un attimo mi sono illuso che mamma e papà avessero rimproverato la figlia adolescente di non aver avuto sufficiente rispetto di sé stessa e del fidanzato, di non aver dato vero valore a certi gesti che sono sacri, di essersi ingannati pensando che scelte così importanti e delicate non abbiano conseguenze, di aver giocato a fare gli adulti mentre assecondavano solo l’istinto…

Un pur minimo accenno ad uno di questi aspetti avrebbe aperto uno spiraglio. E invece già prevedo l’epilogo. Così quando arriviamo al fatidico istante in cui io dichiaro, sulla base di quanto spiegato, la mia indisponibilità a prescrivere il levonorgestrel, lo  sguardo della madre si pietrifica e diviene di ghiaccio interrompendo in maniera visibile e immediata ogni possibilità di dialogo. Prova ad insistere nella sua richiesta, anche lei è diventata madre abbastanza giovane ed è stata dura anche se già aveva un lavoro: è certa che una gravidanza significherebbe la rovina della vita della figlia adolescente. Cerco docilmente di verificare se la signora abbia ben compreso che quel “farmaco” oltre a certe reazioni avverse potrebbe causare la morte di un figlio già concepito. Ricordo che le medicine dovrebbero servire a curare le malattie e non ad altri scopi. Ribadisco che da medico non potrei mai compartecipare ad una simile azione, essendone terrorizzato. Mi spingo a manifestare la speranza che questo sentimento possa essere condiviso da loro. Subito aggiungo con tutta la convinzione interiore che riesco a suscitare che io personalmente sono disposto a dare qualsiasi tipo di supporto si possa rendere necessario, fino ad offrirmi di prendermi cura dell’eventuale bambino.

La madre, potenziale nonna, non ha remore né cedimenti, anzi riafferma la sua posizione: “Per quello ci saremmo noi – lei e il marito – non è questo il problema, non posso permettere che si rovini la vita!”.

“Ma signora, ci pensi bene, si confronti con sua figlia, non è tutta questa tragedia, la soluzione potrebbe rivelarsi peggiore del problema, invece col giusto supporto…”; le mie parole, i ragionamenti, istanze e motivazioni, tutte cariche di buon senso e del desiderio di fare insieme la cosa giusta, tutto si scontra sul muro di difesa, frammisto a rabbia e delusione, alzato dalla madre della ragazza, e mi rimbalza addosso con una violenza tale da farmi sembrare tutto inutile, insensato, addirittura sbagliato, da farmi vergognare e quasi voler chiedere scusa.

Infine come per chiudere il discorso senza lasciare possibilità di appello, la signora rilancia con un argomento inedito: “Io sono anche cattolica!”. Che cosa vorrà dirmi con questo? Forse che essendo cattolica, quindi contro l’aborto per definizione, poiché in questa circostanza ella è certa che la cosa migliore per la figlia sia la pillola del giorno dopo anche se questo significasse farla abortire, allora evidentemente questa è la cosa giusta in questo caso, che altrettanto evidentemente fa eccezione rispetto alla regola… forse mi verrebbe da pensare perché questo caso riguarda sua figlia e non la figlia di qualcun altro.

“Se mi dice così, signora, devo dirle che su queste cose la Chiesa prevede la scomunica”, oso dire più che altro per dovere di completezza di informazione, disperando ormai di essere compreso, figuriamoci assecondato.  

“Non è un problema” è la risposta, e  a quel punto madre e figlia sono già sulla porta con l’ultima domanda: “Chi può fare la prescrizione? Anche il medico di famiglia?”.

“Qualsiasi medico che non abbia (i miei) scrupoli, se occorre richiamatemi”.

Con ciò è trascorsa circa un’ora, il padre della ragazza è rimasto tutto il tempo seduto fuori in corridoio, l’espressone del suo volto mesta e smarrita è fra le cose che più si sono impresse nella mia memoria. Il fidanzatino invece seguiva su wathsapp, annientato anche lui da questa traumatica iniziazione al mondo degli adulti.

Mi fermo qualche minuto a riflettere e a pregare, rivolto verso la parete dell’ambulatorio che confina con la cappella dell’ospedale poi vado in camera.

Come è possibile che per quelle donne vita rovinata significa diventare (forse) mamma e nonna, mentre l’idea di uccidere il proprio figlio e nipote sia passabile o comunque preferibile? Come è potuto accadere che una donna pensi la sua vita rovinata se dall’amore, seppur prematuro, col suo uomo (o ometto) viene una nuova creatura, mentre la salvezza sarebbe nell’eliminare a sangue freddo (più o meno) questo figlio eventuale?

E mi torna in mente sotto nuova luce quel passo del Nuovo Testamento che dice: “Essa (la donna) potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia” (1 Tm 2,15). La salvezza è nel dare la vita, missione specifica della donna, giammai nel sopprimerla, che sarebbe la vera rovina! Che poi sono fatti e scelte legate a doppio filo con cose piuttosto importanti tipo la felicità o l’infelicità, la realizzazione o la disperazione.  “Noi donne abbiamo dimenticato a cosa siamo chiamate: una donna, quando comincia a dare la vita, trova sé stessa e diventa felice”, scrive Costanza Miriano col suo solito entusiasmo in un articolo che ho letto recentemente.

È ormai l’una di notte quando squilla il telefono, il collega del pronto soccorso mi chiede notizie circa una ragazza con i genitori che era andata a chiedere la pillola del giorno dopo. Mi dice: “La madre era piuttosto nervosa, e non è stata affatto contenta che dopo aver visitato la figlia abbia suggerito di andare al pronto soccorso ostetrico, trattandosi di minorenne e dal momento che il farmaco può essere pericoloso. Se ne è andata lamentando l’inefficienza del servizio, che sarebbe meglio che chiudessimo se non siamo in grado di dare risposte e che proprio a lei dovevano capitare due medici obiettori. Ma sai che una volta ho prescritto la pillola del giorno dopo ad una ragazza, e ha avuto una emorragia epatica perché aveva un angioma e non lo sapeva, e dopo le hanno dovuto asportare mezzo fegato!?”.

“Caspita! Mi dispiace che siano passati anche da te – rispondo – ma ora è tardi, ne parliamo domattina se vuoi”. Desideravo stare un po’ per conto mio, troppe parole erano state già dette. Ma una domanda mi ha tenuto compagnia quella notte: che cosa può spaventare una persona più dell’idea della morte? La risposta, bella e tremenda come la verità, arriva col sole: forse sola una cosa, solo la vita.




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11 risposte su “L’obiettore e la mamma che cerca la pillola del giorno dopo… anche contro la salute della figlia”

Innanzitutto, crediamo che non si debbano prendere decisioni affrettate, che bisogna pensare più di una volta sulle azioni da compiere.
Oggi giorno, tutto viene preso alla leggera e ci si prende coscienza degli errori commessi solamente quando si osservano le conseguenze, seppur probabili.
Non c’è cosa peggiore che il voler ricorrere a soluzioni ‘drastiche’ma quando si è presi dal panico e dal terrore, la nostra mente viene proiettata ovunque, pensando cose che possono risultare sbagliate ed orrende.. Proprio come l’aborto.

È un discorso delicato, credo dipenda molto dai punti di vista, perche c’è chi potrebbe essere favorevole e chi no al mettere fine ad una vita ancor prima che si possa del tutto sviluppare.
Io, personalmente, non sono favorevole. Forse sono io sensibile, forse troppo cosciente, perché la vita è vita,da subito, ma onestamente non metterei fine ad una vita che crescevo dentro di me, perché mi sentirei, ovviamente, responsabile sia della sua vita che della sua morte, quindi sarebbe una colpa e una brutta sensazione che non riuscirei a scollarmi da dosso.
Certo, non so con precisione per quale motivo quella ragazza la veda in questo modo, potrebbero essere molteplici, molto probabilmente nessuno le ha spiegato bene che abortire significa uccidere una vita. Ci sono persone che desiderano avere figli ma non ne hanno, e lei invece? Questa però non è una morale, é come una lezione. Non mettere fine ad una vita. Farebbe male a lei/lui ma anche a voi. Data la giovane età, se non si vogliono avere già queste grandi responsabilità, si potrebbe dare la vita, poi magari affidare questa vita in altre mani, nelle mani di chi lo desidera davvero.
Non mettere fine ad una vita, non è giusto.

In questo periodo è molto raro trovare un medio come questo dell’articolo e mi è piaciuto molto che si interessa della vita della ragazza e prova a far ragionare la mamma.
Certo la ragazza con il ragazzo dovevano stare più attenti ma sappiamo benissimo che la pillola può avere molti effetti collaterali molto pericolosi e ringrazio questo medico di svolgere bene il suo lavoro mettendo al primo posto il benessere del paziente.

La cosa che mi ha colpito di più di questo articolo oltre alla storia, è stato il medico… è raro trovare persone umane come lui, che spiegano e sottolineano l’importanza della vita in una società ormai superficiale. Questo è un insegnamento sia per noi ragazze, sia per le donne che fanno uso di questo medicinale inconsapevoli delle conseguenze orribili che può portare.

Apprezzo questo medico perche perché la pillola del giorno dopo e uni strumento molto pericoloso.
La vita è prezionsa e deve essere sempre salvaguardata. Questa ragazza ma soprattutto la mamma ha avuto un atteggianento immaturo e irrispettoso.

giusto e ottimo quanto scrive Nirvana : “Data la giovane età, se non si vogliono avere già queste grandi responsabilità, si potrebbe dare la vita, poi magari affidare questa vita in altre mani, nelle mani di chi lo desidera davvero “.
Questa è la via giusta, e l’unico consiglio pertinente che il medico in quel caso avrebbe fatto bene a proporre seriamente e convintamente.

Da un punto di vista adolescenziale,la ragazza doveva evitare di eviatre di assumere sonstanze dall’inedita conseguenza perché poteva rischiare la morte sia lei che il bambino che portava in grembo. Secondo noi,Pasqualina e Daniele,era più opportuno che lei partorisse il bambino e vivesse una vita adolescenziale,anche se difficile e piena di ostacoli,accompagnata da Gesù che la guida per il cammino della sua vita. Auguriamo a tutte le ragazze che prima di andare incontro a situazioni che non riescono ad affrontare,di farsi un esame di coscienza prima di affrontare la “difficoltà” di essere una mamma.
Cordiali e distinti saluti.
Pasqualina Di Serio e Daniele Antonio Pisciotta.
Ringraziamo la Prof Elisabetta Cafaro per averci dato la possibilità di esprimerci.
Liceo Statale A.Galizia
*Alunni del musicale*

Dopo aver letto questa testimonianza, io e la mia amica, aabbiamo riflettuto sull’ esperienza vissuta da giovani ragazze, anche minorenni. Essa ci porta a capire l e conseguenze delle nostre azioni ed ad essere piu responsabili, e a riconoscere che la vita è vita dal primo momento.

In considerazione del summenzionato commento di Stefano,ci terrei ad evidenziare che non è semplice chiedere ad una madre un sacrificio quasi disumano, ovvero portare in grembo il proprio bambino ,partorirlo e abbandonarlo. La questione è soprattutto di carattere educativo ,etico e morale. I genitori ,ancor prima dell’educazione sessuale ,dovrebbero investire sull’educazione affettiva dei propri figli.La sessualità diventa qualcosa di sublime se viene vissuta con determinati presupposti. Avevo solo 16 anni quando sono rimasta incinta del mio primo figlio ,mio marito 20. Non abbiamo mai avuto alcun dubbio ,ma proprio nessuno. L’evento gravidanza anche se non voluto era preveduto come conseguenza di una determinata azione o omissione. Ancor prima di condividere i nostri corpi in un incontro spirituale di anime ,avevamo condiviso dei valori,contemplando tutte le possibili conseguenze dell’atto. Nostro figlio è stata la conseguenza più naturale e meravigliosa di un atto d’amore. AMORE PURO. Certamente crescere un figlio comporta enormi rinunce e sacrifici ,ma l’amore per un figlio supera ogni limite ed ogni confine… Oggi tra mille difficoltà ,sono in procinto di realizzare uno dei miei sogni più grandi :la laurea. I miei figli, però , sono e rimarranno la mia realizzazione più grande ,il mio primo motivo di orgoglio.Alle giovani ragazze dico :”Vivete la sessualità con consapevolezza, cercate di evitare effetti indesiderati ma se dovesse succedere ascoltate il vostro cuore , in particolar modo quello del vostro bambino che è sempre un dono di Dio e sfido qualunque madre a sostenere il contrario ”.
P.S La vita inizia dal primo istante del concepimento. È scienza.

Ciao Lucia,
concordo con quanto scrivi,approvo e ammiro la tua coraggiosa scelta,mettere in “cantiere”l’eventualità di un figlio a 16 anni non è facile, presuppone una maturità che non tutti i giovani possiedono.
In qualità di insegnante di Stefano mi permetto di interpretate il suo pensiero,che voleva essere solo un invito a non abortire “consigliando”una strada sicuramente più umana…se proprio altre vie risolutive non ci sono.
Grazie per la tua bella testimonianza.Auguri per la tua vita,le tue scelte ma soprattutto per la tua famiglia.

Sono felice che il racconto di questa esperienza abbia stimolato riflessioni così serie e partecipate. E che sia stato strumento educativo a scuola. Promuovere la vita e prevenire la sofferenza innanzitutto con l’educaziobe è proprio ciò che il medico desidera.

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