Scuola

Buona scuola, cattedre vuote, ore scoperte e studenti disorientati

di Ida Giangrande

Questo lo scenario della Scuola italiana che emerge da una web survey di Skuola.net. Per Rusconi, vice-presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, gli insegnanti del Mezzogiorno devono farsi carico dei problemi di organico e accettare di lavorare lontano da casa.

Sono trascorsi quasi due mesi dal suono della prima campanella, eppure la situazione in molte scuole è rimasta più o meno la stessa. Avevamo già dato notizia di molte cattedre scoperte, frutto di docenti che, nel tentativo di riavvicinarsi alla loro casa, chiedevano permessi su permessi. Siamo alla fine del mese di ottobre eppure la situazione non sembra essere cambiata, questo è quanto emerge dalle risposte che hanno dato circa 3.800 studenti di medie e superiori ad una web survey di Skuola.net, che ha preso in esame il primo mese di scuola.

Diamo uno sguardo da vicino alla situazione.

PIU’ DI 2 CLASSI SU 3 HANNO CAMBIATO I PROFESSORI. Partiamo dal primo giorno di ritorno nelle classi: pare che non pochi studenti abbiano trovato delle sorprese. A partire dagli avvicendamenti, cattedre lasciate vuote da precari che erano riusciti ad avere una sede definitiva o dall’arrivo di un nuovo supplente. Solo il 30% sostiene di non aver effettuato cambi, mentre un altro terzo degli studenti ha confermato di aver visto avvicendarsi addirittura più di tre professori. Nel 19% dei casi c’è stata ‘solo’ una sostituzione, due nel 18%.

UN PROBLEMA CHE DURA DA TROPPO TEMPO. Ironia della sorte, uno dei capisaldi della Buona Scuola era quello di eliminare la ‘supplentite’ tramite l’estinzione del precariato. Nonostante un piano di assunzioni mai visto da almeno vent’anni a questa parte, le ben note vicende degli ultimi mesi (ritardi concorsone, trasferimenti mal digeriti perché logisticamente complessi) ci restituiscono un quadro simile a quanto rilevato da Skuola.net nel 2014. All’epoca il 31% degli studenti dichiarava di avere 3 o più docenti nuovi rispetto all’anno precedente, e almeno uno per il 70% degli intervistati, sebbene l’ordinamento degli studi non lo prevedesse.

SCUOLE MEDIE PIU’ AVANTI. ISTITUTI TECNICI E PROFESSIONALI ANCORA IN ALTO MARE. Tutto questo ha influito sul regolare svolgimento della didattica, a partire dall’inizio ufficiale delle lezioni, che per metà degli studenti (il 51%) pare abbia preso il via con cattedre scoperte. Dati sostanzialmente in linea con quelli di 2 anni fa. Le scuole medie sono quelle che hanno avuto meno problemi, peggio invece è andata agli studenti degli istituti tecnici e professionali, che sembrano in questo frangente quelli con le maggiori criticità.

VERSO LA NORMALIZZAZIONE DELL’ORARIO SCOLASTICO. A metà ottobre, le cose gradualmente sembrano tornare alla normalità o così dovrebbe essere, ma 4 studenti su 10 affermano che nella propria classe ci sono ancora cattedre senza professori. La situazione peggiore si riscontra di nuovo tra gli studenti che frequentano il biennio dei tecnici e dei professionali.

SE IL PROF ASSENTE NON VIENE SOSTITUITO SALTA LA LEZIONE. Ma come si sono organizzati – o, meglio, come sono stati costretti a organizzarsi – quelli che a un mese dall’inizio non hanno avuto la fortuna di avere in classe il docente? Il 34% dei ragazzi (particolarmente delle medie) dice di aver fatto lezione con altri professori della scuola, ma il 38%, più di 1 su 3, afferma che in classe durante le ore di ‘buco’ non si svolge alcuna attività. Il 28%, invece, entra dopo oppure esce prima, quando le lezioni non sono coperte dal docente (pratica diffusa, sembra, soprattutto ai tecnici e ai professionali). Su questo punto la situazione sembra migliorare rispetto a qualche anno fa: nel sondaggio del 2014, l’80% degli studenti riferì che se non c’era il prof ‘titolare’ non si faceva lezione (oggi sono il 66%).

 

STUDENTI CONFUSI SUI MOTIVI DEL RITARDO. Gli studenti, però, non hanno proprio le idee chiare sui motivi che hanno portato a una situazione del genere. Il 47% degli intervistati imputa i ritardi alla riforma sulla ‘Buona Scuola’, il 15% a quei professori che non accettano il trasferimento in una sede non gradita, ma c’è un 38% che non saprebbe indicare una motivazione precisa.

UNA SITUAZIONE DI STALLO CHE PRIMA O POI VA SUPERATA. “C’è da notare che i problemi maggiori ci sono stati soprattutto al Centro-Nord – sottolinea Mario Rusconi, vice-presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio – questo perché i precari che sono stati immessi in ruolo sono stati assegnati in gran parte in scuole del settentrione. Anche stavolta, però, il Governo ha concesso un’ulteriore proroga cosicché i docenti del Sud potranno rimanere provvisoriamente nelle loro zone per un altro anno scolastico”. Ecco, dunque, spiegato il motivo delle difficoltà.  Per Rusconi: “Allontanarsi da casa rappresenta un problema sociale –  ma le esigenze di organico sono soprattutto dal Lazio in su – quindi –  Gli insegnanti del Mezzogiorno, prima o poi, dovranno farsene un ragione” e accettare dunque di andare a lavorare lontano da case e famiglie.




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