Fine scuola

Incontrare le maestre giuste, specie all’asilo

di Ida Giangrande

Una folata di vento e via, tre anni di asilo della mia piccola Denise sono volati via immersi nel silenzio del tempo che scorre. Sembrano ricordi che si perdono come i granelli di polvere nel vento e invece l’esperienza della scuola materna ha forgiato una parte della suo presente, le ha colorato le gote con i colori dell’arcobaleno e ha definito la sua relazione con la scuola che verrà e con la società.

Era solo ieri, il primo giorno di asilo. Io che la portavo per mano e lei che si guardava intorno con l’aria di chi sembrava voler dire: “È molto bello qui e tutti questo giochi poi…ma adesso? Quando ce ne andiamo?”. Io avevo un nodo alla gola al pensiero di doverla lasciare. Era la mia seconda bambina, ci ero già passata eppure mi sentivo allo stesso modo, come se la stessi abbandonando. Sono passati tre anni da allora, e quelle maestre che dapprima guardavo con sospetto, per timore di quello che si sente in giro, ora mi sembrano la terra ferma per chi riparte alla ricerca di una nuova avventura. La mia Denise è cresciuta, la guardo mentre all’inizio della manifestazione di fine percorso, passa insieme ai suoi compagni tra le sedie riservate alle mamme per consegnare loro una rosa. Le lacrime mi rigano il viso, l’ho partorita perché crescesse ma ora che si appresta ad iniziare un nuovo e più impegnativo percorso della sua vita, mi sembra di perderla un po’ di più. Saranno pure i timori stupidi di una madre chioccia, ma a me sembra di essere rinata attraverso il primo vagito delle mie figlie e di crescere con loro ad ogni passo, di nuovo. Ebbene la mia Denise ora sta cantando tra i suoi amici, canta con un sorriso radioso sulle labbra e un arcobaleno di colori negli occhi. Ogni tanto col ditino indica il cuginetto seduto in fondo alla fila che non fa che chiamarla, e poi guarda sua sorella che viene direttamente dalla sua scuola di danza e non ha fatto in tempo a cambiarsi. Mi sembra tutto così bello! Tutto così ordinariamente squisito, in fondo una famiglia si costruisce a partire dalle piccole cose e a ogni passo di danza lei mi cerca dal palco, mi sorride e mi fa l’occhiolino come a dirmi: “Hai visto mamma come sono diventata brava?”. Ed io non riesco a parlare, posso solo guardarla con lo stupore della prima volta che l’ho vista, quando me la misero tra le braccia ancora bianca e con i capelli nerissimi incollati sulla testa. Lei danza sulle note della canzone “Grande amore” del gruppo musicale “Il Volo” e sulle parole “Dimmi che non mi lascerai mai!” io scoppio a piangere di nuovo. Sono costretta ad asciugarmi le lacrime più e più volte sperando che non mi abbiano vista, perché mi sento stupida, ma poi mi volto e scorgo anche altre mamme nelle mie stesse condizioni e senza nemmeno volerlo incrocio lo sguardo di mio marito che mi sorride da lontano tenendo la mano della nostra prima figlia come fosse la mia. Quanto amore! Quanto amore passa attraverso le persone in questo mistero insondabile che è la vita degli uomini e se questo complicato intreccio di legami affettivi non ci fosse? Come si potrebbe camminare su questa terra senza una famiglia? Saremmo solo parole in circolo, senza una direzione. Non c’è bellezza più grande di quella che ritrovo negli occhi delle mie figlie quando rintraccio in loro la somiglianza con mio marito, il frutto più maturo del nostro amore. Ritorno a guardare Denise e lei mi incinta ad applaudire anche se nessun’altro lo sta facendo. Mi sento un’imbecille ma non me ne frega niente, batto le mani perché è mia figlia che me lo chiede. Siamo arrivati alla fine della manifestazione, un video riproduce i momenti più belli dei tre anni del suo corso, le gite, i giochi in classe, le attività extracurricolari, i compleanni e questa volta non sono io a piangere ma lei, la mia Denise. Ha appena avvertito la percezione bruciante di una perdita, il senso di aver appena compiuto un percorso le si dipinge sul viso, solo ora forse sta realizzando di dover lasciare le sue maestre ma non vuole, e in un attimo è diventata di nuovo quella bambina del primo giorno di scuola che mi guarda al di sopra delle teste per chiedermi di riportarla a casa. Io le allargo le braccia e lei corre da me, la stringo forte mentre piange, ma so di non dover essere io a consolarla in quel momento e allora la porto da una delle sue maestre. Vorrei dirle qualcosa, ma non c’è bisogno di parole, lei sa già cosa deve fare, se la prende dalle mie braccia e se l’accoccola sul seno come farei io. Dovrei essere gelosa ma non lo sono, anzi mi metto un po’ lontana per dare a mia figlia la privacy di cui ha bisogno e lasciare che viva quell’emozione forte che un domani ricorderà con tenerezza. In fondo se Denise tiene così tanto alle sue maestre è perché hanno saputo fare il loro dovere fino in fondo e in quanto madre non posso fare altro che ringraziarle, perché porto via una bambina serena, scolarizzata e soprattutto pronta ad affrontare un impegno maggiore. Tutto questo non è scontato, gli eventi di cronaca degli ultimi tempi lo confermano, ma Denise è stata fortunata perché ha incontrato le maestre giuste, di quelle che ancora ricordano che stanno svolgendo una missione non un lavoro, una di quelle mansioni che si deve fare per vocazione più che per opportunismo. E allora grazie, grazie maestra P., grazie maestra A. grazie per aver mostrato alla mia bambina il volto tenero della società al di là della porta di casa.




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1 risposta su “Incontrare le maestre giuste, specie all’asilo”

Che bell’articolo!! L’autrice ha saputo splendidamente raccogliere lo squarcio di una storia che vivono tante famiglie, ma con una grande tenerezza. Bravi davvero

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