Il risveglio della coscienza

“Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non è affare nostro”. Tre anni dopo il grido del papa a Lampedusa è più vivo che mai

di fra Vincenzo Ippolito

La situazione umanitaria che i profughi stanno vivendo in Grecia, Macedonia e Serbia è l’esito della chiusura dei confini lungo la rotta balcanica. Tre profughi sono morti tentando di attraversare illegalmente un fiume tra la Macedonia e la Grecia.

Capita spesso di trascorrere lungo tempo a rimaneggiare libri. Ricordi una lettura significativa, ritorna in mente un’idea letta con interesse e così ne cerchi la fonte, nella speranza di trovala presto. Spesso, cercando una cosa, te ne passa tra le mani un’altra che tu, ricercavi sì, ma senza fortuna un altro giorno e così ti fermi, dimenticando la ragione della tua nuova ricerca.

E quanto è successo a me alcuni giorni fa. “Ma dove ho messo quel libro? Forse starà dall’altra parte!” mi dicevo mentre mi scorrevano nella mente, con il passare dei libri tra le mani, i tempi in cui, quei compagni di viaggio mi sono stati amici preziosi. “Ma sì, dovrebbe essere qui!”. Così andavo dicendo a voce alta, quando mi è passato tra le mani un foglio sgualcito, lasciato distrattamente tra i libri, forse in attesa di essere meglio sistemato. “Cosa sarà mai?” mi dicevo mentre giravo il retro per leggere l’intestazione: “Omelia del santo Padre Francesco a Lampedusa – 8 luglio 2013”. E così, incuriosito, mi sono fermato a leggere, guidato dagli appunti riportati a margine di mia mano.

Non sembra che siano passati quasi tre anni da quella celebrazioni. Gli sbarchi continuano e, con essi, “la globalizzazione dell’indifferenza”, la grettezza del nostro cuore che non sente “la responsabilità fraterna” di quanto accade. “Guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada – così diceva Francesco – forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada”. Come posso darmi pace se un uomo che, come me, vale il sangue del Figlio di Dio, è tra i flutti del mare ed il suo barcone sta per affondare negli abissi? Come si può amare Gesù Cristo senza passare attraverso il dramma dell’altro in necessità? Come essere cristiani se la coscienza, assopita dal benessere e dal potere, non vive e la commozione, non si strugge per l’altrui dolore, ascoltando, come il Dio dell’esodo, il grido dei suoi figli schiavi nella terra d’Egitto?

Credo proprio, mi dico mentre cerco di stirare con le mani quel foglio, che una delle chiavi di lettura dell’anno della Misericordia sia proprio il gesto profetico del Papa a Lampedusa, la sua parola, chiara e ferma, di condanna nell’atto estremo di “risvegliare la nostra coscienza”. Cosa vale essere cristiani se la parabola del buon Samaritano non modella il nostro impegno nel mondo? Come può incidere la testimonianza della Chiesa se l’annuncio della misericordia non converte il sistema del nostro pensare Dio, se non impariamo a piangere – “Com’è bello piangere!” diceva Filomena Martorano quando il suo dolore era stato finalmente condiviso da quei figli che l’avevano potuta abbraccia ed accogliere come madre! – se il cuore dell’altro non diviene il mio cuore?

La Chiesa che i Padri del Concilio avevano sognato si sta facendo strada grazia a questo anziano religioso venuto “dalla fine del mondo”. Non che gli altri Pontefici non ci abbiano insegnato a conoscere, amare e servire Gesù Cristo. Tutt’altro! Dire questo sarebbe peccare contro lo Spirito Santo. Ora però i tempi sono maturi per rileggere con consapevolezza nuova il Concilio, facendolo diventare la bussola per il nuovo millennio, così come auspicava Giovanni Paolo II. Papa Bergoglio, consumato nel guardare il volto del suo Signore nei poveri, ci ricorda che “L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia”, ovvero che il Vangelo, accolto nel cuore, rende fratelli e che la nostra conversione è vera solo se nasce, come per Francesco d’Assisi, dall’incontro con il fratello lebbroso, il cui bacio di pace trasforma l’amaro in dolcezza.

Non è poi tanto male, come la Samaritana, dimenticare la brocca, quando si incontra una parola che ti rischiara il cuore e converte la vita!




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