Aborto
Il potere dei media davanti al bambino non ancora nato
di Giovanna Abbagnara
Un giorno applicando le tecniche ecografiche durante un intervento il prof. Nathanson, rimase profondamente sconvolto dall’orrenda realtà dell’aborto. Da allora non ha mai più praticato aborti ed è divenuto un testimone della battaglia per la vita.
I nostri lettori lo sanno. Siamo stati sempre una rivista fortemente pro life, protesi a difendere in modo particolare i più piccoli e più indifesi: i bambini non ancora nati. Lo facciamo senza utilizzare nessun linguaggio aggressivo né terroristico. Con toni pacati ma fortemente ancorati alla verità dell’essere umano, abbiamo raccontato in questi anni tante storie. Storie di donne felici di essere state aiutate a portare avanti la gravidanza, storie di bambini nati grazie alla disponibilità di quanti ogni giorno spendono la vita per difenderne la sua sacralità. La nostra battaglia culturale non è solo ideologica, ha un substrato esperienziale lungo 20 anni. Venti anni di colloqui per la vita, quasi quattrocento bambini salvati dall’aborto, centinaia di donne assistite prima e dopo il parto. C’è un dato però sul quale vogliamo invitare a riflettere: è il potere dei media riguardo al tema dell’aborto. Siamo di fronte a una strategia molto sofisticata, attuata attraverso gli strumenti che plasmano l’opinione pubblica – giornali, radio e Tv, partiti politici, agenzie culturali – per rendere “digeribile” all’uomo l’uccisione volontaria di un bambino non ancora nato. Qualche tempo fa sul web è stato diffuso un video che riporta la confessione del dott. Bernard Nathanson, famoso ginecologo di New York che può essere considerato tra i padri della legge del 1973, che liberalizzò l’aborto negli Stati Uniti. Un giorno applicando le tecniche ecografiche durante un intervento, rimase profondamente sconvolto dall’orrenda realtà dell’aborto. Da allora, Nathanson non ha mai più praticato aborti ed è divenuto un testimone della battaglia per la vita. La registrazione di quell’ecografia è divenuta un filmato che ha fatto il giro del mondo con il titolo Il grido silenzioso. Nathanson, di origini ebraiche ma ateo, in seguito si è convertito al cattolicesimo e, nel 1996, ha ricevuto il battesimo. Nella sua autobiografia, La mano di Dio, ha raccontato il proprio percorso dalla Morte alla Vita. È morto nel 2011. Nella confessione che segue il dott. Nathanson spiega le tecniche di propaganda utilizzate dal movimento abortista pro choice (= per la “libertà di scelta”) per influenzare l’opinione pubblica americana, in maggioranza contraria alla legalizzazione. Le impressionanti similitudini con gli avvenimenti italiani che condussero all’approvazione della legge 194 del 22 maggio 1980, con gli slogan tornati di moda nell’attuale polemica “in difesa della legge” e con le campagne in atto in diversi Paesi sudamericani, rendono evidente che i movimenti abortisti agiscono in base a strategie concertate e organizzate su scala internazionale per imporre la liberalizzazione dell’aborto, indipendentemente da luoghi, tempi e condizioni concrete di vita delle donne.
Confessione di un ex-abortista, del dr. Bernard Nathanson
Sono personalmente responsabile di aver eseguito 75.000 aborti. Ciò mi legittima a parlare con autorevolezza e credibilità sull’argomento. Sono stato uno dei fondatori della National Association for the Repeal of the Abortion Laws (NARAL), nata negli Stati Uniti, nel 1968. A quel tempo, un serio sondaggio d’opinione aveva rilevato che la maggioranza degli Americani era contraria a liberalizzare l’aborto. In capo a soli 5 anni, noi riuscimmo a costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti ad emettere la decisione che, nel 1973, legalizzò l’aborto completamente, rendendolo possibile virtualmente fino al momento del parto.
Come ci riuscimmo? È importante capire le strategie messe in atto perché esse sono state utilizzate, con piccole varianti, in tutto il mondo occidentale al fine di cambiare le leggi contro l’aborto.
La prima strategia fu conquistare i mass media.
Cominciammo convincendo i mass media che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Ripetendo continuamente enormi menzogne si finisce per convincere il pubblico.
Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000. Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto. Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500% dalla legalizzazione.
La seconda strategia fu giocare la “carta cattolica”.
Sbeffeggiammo sistematicamente la Chiesa Cattolica e le sue “idee socialmente arretrate” e scegliemmo la Gerarchia cattolica come colpevole dell’opposizione contro l’aborto. Questo argomento fu ripetuto all’infinito. Diffondemmo ai media bugie del tipo “tutti sappiamo che l’opposizione all’aborto viene dalla Gerarchia e non dalla maggioranza dei cattolici” e “ i sondaggi dimostrano ripetutamente che la maggior parte dei cattolici vuole la riforma della legge sull’aborto”. I media bersagliarono insistentemente il pubblico americano con queste informazioni, persuadendolo che qualsiasi opposizione alla liberalizzazione dell’aborto doveva essere sotto l’influenza della Gerarchia ecclesiastica e che i cattolici favorevoli all’aborto erano illuminati e lungimiranti. Da questa affermazione propagandistica si deduceva che non esistessero gruppi antiabortisti non cattolici; il fatto che altre religioni cristiane e non cristiane fossero (e ancora sono) unanimemente antiabortiste era costantemente sottaciuto, allo stesso modo delle opinioni pro-life espresse da atei.
La terza strategia fu la denigrazione e la soppressione di tutte le prove scientifiche del fatto che la vita ha inizio dal concepimento.
Spesso mi viene chiesto che cosa mi abbia fatto cambiare idea. Come, da esponente abortista di punta, mi sono trasformato in un difensore pro-life? Nel 1973, sono diventato direttore di Ostetricia in un grande ospedale di New York City ed ho fondato l’unità di indagine prenatale, proprio quando stava prendendo il via una nuova grande tecnologia che oggi usiamo quotidianamente per studiare il feto nell’utero. Una delle principali tattiche pro-aborto è insistere sull’impossibilità di definire quando la vita abbia inizio, e che questa sia una domanda di carattere teologico o morale o filosofico ma non scientifico. La fetologia ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per se stesso. È chiaro che la liberalizzazione dell’aborto è la deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale. Si può comprendere che una gravidanza non pianificata sia uno straziante dilemma, ma cercare la soluzione in un deliberato atto di distruzione significa buttare via l’infinita ricchezza dell’ingegno umano e sottomettere il bene pubblico alla classica risposta utilitaristica ai problemi sociali.
Come scienziato so – non “credo”, ma “so” – che la vita ha inizio con il concepimento. Benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore alla sacralità dell’esistenza che ci impone di fermare in modo definitivo ed irrevocabile questo triste e vergognoso crimine contro l’umanità.
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