Storie

Quando la vita è appesa a un filo…

Gerardo e Angelina

di Emanuela Pandolfi

Spesso il salotto per una famiglia è lo scenario dei momenti più intimi e dolci. Alzo lo sguardo e vedo la foto di famiglia troneggiare sul camino, ritratto ancora troppo giovane di Angelina e Gerardo, accerchiati in un giorno di festa dai loro tre figli Giuseppe, Emanuele e Angela. Difficile credere che quel caldo salotto, tappezzato dalle foto dei ragazzi che pian piano sono cresciuti, sia stato testimone di momenti di sconforto, dove la rabbia e la paura si consumavano perché la vita di Gerardo era appesa ad un filo.

Da ragazzo Gerardo ha perso la sua mamma a causa della malattia policistica renale dell’adulto, un parolone per intendere un’alterazione cromosomica che genera il proliferare di cisti all’interno e all’esterno dei reni fino a causare la perdita totale della funzionalità renale. Una malattia che in molti casi porta a quella che in gergo definiscono l’anticamera della morte: l’emodialisi. È una malattia ereditaria che nella famiglia di Gerardo ha portato via il nonno materno e tre zii.

L’ombra della malattia ha sempre accompagnato la sua vita. Ma veniva puntualmente scacciata e sostituita dalla gioia della famiglia e della nascita dei figli. Soltanto nel 1996, dopo le infinite suppliche di Angelina, Gerardo decide di fare un’ecografia che purtroppo darà forma ai timori della moglie. Inizia per lui un tempo di cure. Innanzitutto una dieta ferrea, con l’assimilazione unicamente di cibi aproteici, abbinati ad una serie di farmaci per contenere i danni di questo malessere. Cambiano i ritmi di vita e le abitudini dell’intera famiglia e Angelina prova a far crescere in serenità i ragazzi senza aggiungere zavorre al pesante carico del marito.

Nel 2005 il provvidenziale incontro con uno specialista di Pisa che una volta al mese fa visite in un centro medico del salernitano, zona più vicina alla coppia. L’anno seguente iniziano i primi viaggi da Salerno in direzione di Pisa, per raggiungere l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana di Cisanello, centro di eccellenza che si è distinto a livello nazionale per i trapianti renali.

Nel 2007 le condizioni di salute peggiorano a seguito di un’inattesa malattia virale cutanea (il fuoco di Sant’Antonio) che va ad aggravare lo stato dei reni di Gerardo riducendone la funzionalità al 12%. A causa degli antivirali, prescritti dal medico di famiglia, si scompensa quel poco di ordine che c’era e Gerardo è visibilmente provato. Anche i figli si convincono che il papà debba mettersi in lista per il trapianto. Con la voce troppo commossa Gerardo ricorda quei giorni: “Il solo pensiero che qualcuno doveva morire per rendermi la vita migliore mi tormentava. In alternativa dovevo pensare che un familiare compatibile si privasse del proprio rene per donarmelo. Era troppo per me. Non avrei potuto accettare una cosa del genere”.

È un continuo peregrinare tra visite, ricerche di specialisti, ore in attesa di buone nuove. Il timore che tutto potesse andare per il peggio rende le giornate pesanti, Gerardo è sempre più indebolito e non riesce a portare avanti il lavoro come vorrebbe. Mentre mi raccontano di quei mesi così difficili, si illuminano gli occhi di Angelina: “Non potevo vederlo ridursi così. Il fisico sempre più asciutto. La pelle sempre più bianca. Mi sono interpellata tante volte sulla possibilità di fare io stessa da donatrice, in fondo ci siamo promessi dedizione e amore l’un l’altra”. È il febbraio 2013, durante una delle visite presso il centro di Pisa, Angelina decide d’istinto di fare tutte le analisi del caso. È pronta senza remore a sottoporsi a qualsiasi cosa, pur di salvare la vita del marito. Dopo poco tempo arriva il risultato: attualmente con i progressi della medicina è consentito in alcuni casi procedere al trapianto anche in assenza di compatibilità di gruppo sanguigno, ma Angelina è compatibile al 100% e il suo corpo forte di madre può affrontare anche il post-operatorio.

Inizia un programma clinico per entrambi. Prima del trapianto Gerardo deve però sottoporsi alla nefrectomia, l’asportazione totale di entrambi i reni. Seguirà poi un ciclo di un mese di emodialisi. “Avevo un pizzico di fede – ammette Gerardo – e proprio in quel momento ho scoperto che, non l’angelo custode ma Dio stesso mi proteggeva. Ha accompagnato la mia famiglia e ha permesso che ogni ostacolo diventasse una pietruzza e non un macigno sul lungo percorso che avevamo intrapreso”. Nella mattinata del 10 luglio entrambi preparandosi per l’intervento salutano i loro ragazzi. Giuseppe, il maggiore dei figli, viene raggiunto da un sms di un’amica: oggi alla novena ai beati coniugi Martin pregheremo per quanti soffrono e vivono una malattia, pregheremo per i tuoi genitori. Hanno dato testimonianza di leale donazione e vero amore. In quei pochi minuti che precedono l’ingresso in sala operatoria nella mente si accavallano i pensieri, le preoccupazioni. Subito, però, si fanno spazio i ricordi delle gite fuori porta, le cene con gli amici, le feste con tutta la famiglia riunita. Ecco che il cuore è pronto a riconquistare quell’armonia di una volta. Angelina, tra lo stupore del personale medico, entra con un sorriso impregnato di serenità, sicura che donare il rene a Gerardo è il regalo più bello della loro vita insieme, segno di un’unione piena.

La convalescenza va meglio di com’era stato prospettato. Adesso tutto è tornato alla normalità, anche se ormai in famiglia tutti sono cambiati. Durante quel pomeriggio con Angelina e Gerardo, ho assistito a una serie di sguardi che emozionati si scambiavano. Ero imbarazzata, mi sentivo un’intrusa e al tempo stesso spettatore. Stavo assistendo alla rigenerazione di un amore, così fresco anche dopo quasi trent’anni di matrimonio. Proprio come una perpetua promessa nuziale che ogni giorno fa eco nella loro casa.




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