Santità

“A Dio, o si dà tutto o non si dà nulla”

di fra Vincenzo Ippolito

“Mi ascolti, figlio mio? Non essere un fuoco di paglia. Ardi con vigore, intensamente, come le stelle, come il sole. Continua ad ardere fino a consumarti! A Dio, o si dà tutto o non si dà nulla. Sii un santo”. Queste le parole di Teodorico a suo figlio san Roberto di Molesme. Un invito rivolto anche a noi oggi.

La scorsa settimana un frate a me caro mi ha regalato un libro (Marcel Raymond, Tre frati ribelli. Storia e avventura dei fondatori dei monaci bianchi, San Paolo, 2006). In realtà, lo attendevo già da alcuni mesi poiché il donatore da tempo me lo aveva annunciato interessante ed avvincente. La curiosità, radice di ogni conoscenza, mi ha spinto ad iniziare la lettura senza attendere tempi più tranquilli e climi più silenziosi – mentre scrivo i passi dei muratori si confondono con le loro voci nell’organizzazione di alcuni lavori nel mio convento – e così mi sono tuffato nella storia di Roberto e dei suoi compagni, assetati di Dio e del desiderio che solo Lui mette nel cuore di servire i fratelli.

L’autore, anch’egli monaco, utilizza la prosa romanzesca per un vita che del romanzo non ha nulla, se non il coraggio e la determinazione propria delle grandi gesta dei cavalieri dell’antica Chanson de Roland. E nella lettura, mi sembrava di essere divenuto don Abbondio quando, alzando gli occhi e fissando il vuoto, assorto nel mio pensare andavo ripetendo l’ultima espressione che si stampava a fuoco nella mia mente. Non mi chiedevo come il signor curato del Manzoni “Carneade, chi era costui?”, ma andavo dicendo tra me: “La Chiesa di Dio ha bisogno di santi … A Dio, o si dà tutto o non si dà nulla. Sii un santo”. Ritornando sul testo le parole divenivano ancor più eloquenti: “Mi ascolti, figlio mio? Non essere un fuoco di paglia. Ardi con vigore, intensamente, come le stelle, come il sole. Continua ad ardere fino a consumarti! A Dio, o si dà tutto o non si dà nulla. Sii un santo”.

Così Teodorico, il padre di san Roberto di Molesme – uno dei padri dei “monaci bianchi”, cistercensi e trappisti – si rivolge al figlio quindicenne, folgorato da Dio come san Paolo, disarcionato dall’indomito cavallo dei sogni familiari perché la povertà vissuta dai monaci gli appare “una più degna nobiltà”. Leggendo sembra di percepire le profonde tensioni e le grandi contraddizioni che sono proprie di ogni epoca di transizione, il nuovo che, nascosto, cresce come l’erba nei boschi ed i sogni che conducono l’uomo alle imprese più belle, quando è Dio a sognare con lui. E più leggo e più mi sembra di vedere in uno specchio il tempo nostro, l’uomo che si affanna e non trova se non un’inquietudine ancor più grande a divorarlo. Anche qui sembra di leggere Manzoni, perché, sotto l’apparenza del romanzo storico che tratta di un passato lontano, in realtà si parla di una società che è poi la nostra. Difatti anche questo tempo – meglio sarebbe dire ogni tempo – è impastato di tensioni, di desideri, di battaglie inutili e di scaramucce che, pur se poca cosa, alla fine cambiano il corso della storia. Come il Medioevo, non è forse un periodo di grandi e profonde transizioni il nostro tempo?   E quello non fu, pur se da alcuni considerato buio per la miopia della mente loro, un tempo di trasformazioni grandi, di cambiamenti profondi, di desideri che lambivano il cielo? Ed è per questo che le parole accorate di Teodorico sembra che facciano bene all’uomo moderno, che conosce il fuoco per sentito dire, non per essersi scottato, e che non è più abituato a guardare le stelle per scrutarle, raramente per contemplarne la bellezza. Balsamo per il cuore nostro inquieto è la voce di questo padre chiamato ad abbandonare il suo progetto per accogliere nel figlio, al pari di Maria e di Giuseppe davanti a Gesù dodicenne, le cose del Padre.

Abbiamo bisogno di santi! È questa la grande realtà da tener bene a mente! È la santità la meta della nostra fede, il motivo del nostro affanno, l’anelito del nostro cuore. E la santità sta nella misericordia, si è santi come Dio se, come Dio, si brucia di amore, se, come Lui, si vive di compassione, se ci si svuota, al pari di Cristo, (cf. Fil 2,7) per far posto in noi al suo pensare, al suo agire, al suo cuore. Ma il santo – è bene ricordarlo e se ne avvide Freud rileggendo la vita del Poverello di Assisi! – è semplicemente un uomo, un uomo vero, equilibrato perfettamente tra il corpo e l’anima sua, tra i pensieri e gli affetti mai disgiunti dalla volontà di perseguire il bene. Il santo è umanissimo, sorride al pari di Domenico quando a compieta un frate si addormenta in coro, è comprensivo come Francesco che dispensa dal digiuno il fratello che ode lamentarsi in sonno per i crambi della fame. Sì, il santo è l’uomo modellato dalla carità divina, forgiato nel fuoco della tentazione, provato dal diniego e dalla mormorazione, l’uomo che del silenzio ha fatto il suo scudo di difesa e che accoglie la sua debolezza come la sorella da amare sempre e da mortificare sì, ma con la prudenza richiesta.




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1 risposta su ““A Dio, o si dà tutto o non si dà nulla””

Bellissimo leggere dell’esperienza di vita di Teodorico,passato alla storia come il re degli Ostrogoti cacciati via da Giustiniano e non come il padre premuroso di cui si parla qui.Mi risulta poi veramente difficile immaginare la scena in cui lui accetta la storia che il Signore sta scrivendo per il figlio incoraggiandolo ad andare fino in fondo a consumarsi d’amore…Tempi di grande instabilità quelli,in cui ogni venti anni -ad essere fortunati -veniva stravolta la gestione del potere con una nuova invasione barbarica…Ma forse non è nella precarietà,nell’instabilità;nella piccolezza che troviamo Dio?L’impero romano doveva creare la pace universale per la nascita di Gesù,ma poi bisognava che gli uomini si mettessero in discussione…e come se non nella precarietà esistenziale e politica dei regni romano-barbarici?Il richiamo di Teodorico all’abbraccio totale alla fede del figlio ci commuove e ribadisce l’importanza dell’humus familiare per la santità,nonostante le apparenze sociali e culturali…”Il Dio che atterra e suscita,che affanna e che consola”trova sempre la strada per entrare nel nostro cuore.Anche se siamo i figli del re.

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