I Martin e la via della santità

Dopo l’incontro con i Martin, ecco cosa sta cambiando nella nostra famiglia

di Ida Giangrande

Spesso non sono i problemi a cambiare, ma il modo con cui li affrontiamo. I Martin sono lì come una segnaletica stradale per indicarci la via, a noi non resta che seguire le indicazioni.

Perdere la fede è semplice come respirare. Al catechismo insegnano che Dio è un’entità suprema più forte di qualsiasi altra forza che esista in natura e tu ci credi. È facile quando si è piccoli, ma poi si cresce e spesso succede così in fretta che finisci col perdere anche quel poco che di Dio avevi conosciuto e amato. La vita è come una corsa nella quale il cuore non ha il tempo di accelerare in maniera graduata ma è costretto a passare da zero a mille in un nano secondo. È quello che è accaduto a Giuseppe e Anna ed è un destino comune a molte famiglie quando si è costretti a vivere in un sistema che non garantisce un lavoro, né una vita dignitosa a tutti. Giuseppe e Anna sono persone semplici, abituate a lavorare, perché il lavoro – qualsiasi tipo di lavoro – nobilita l’uomo, ma spesso questo mondo ci costruisce intorno un labirinto di pareti così intricate che puoi sbatterci la testa contro quanto vuoi senza riuscire a fare breccia. Erano trascorsi tre lunghissimi anni dall’ultima volta che Giuseppe aveva potuto contare su un vero lavoro. La precarietà era stata da allora il tema principale delle sue giornate, insieme a quell’apatia che veniva a tenergli compagnia per angustiarlo sempre di più con un guaito continuo. Non era sua la colpa lo sapeva bene, eppure non riusciva a trovare un lavoro dignitoso che gli permettesse di condurre una vita tranquilla per se stesso e per i suoi due figli di 16 e 21 anni. Sua moglie era costretta a sostenere mille difficoltà lavorando come donna delle pulizie nella casa di qualche amica e vederla così affaticata era una sofferenza sempre maggiore. Per Giuseppe il sole era tramontato tre anni prima e al suo posto ora c’era solo un cielo pesto, qualcuno la chiamava depressione ma a lui non interessava definire il suo problema, quello era compito dei medici, non c’era rimedio al suo dolore. Eppure un giorno è cambiato qualcosa, ecco saltare fuori dallo scatolone dei ricordi, quel nome dimenticato, l’ombra di un’illusione che diventa realtà: Dio. Ci vuole tempo e fatica perché Giuseppe lo riconosca. Lui e sua moglie Anna iniziano a seguire gli incontri di catechesi con la Fraternità di Emmaus per una motivazione che nemmeno riescono a definire. I segni di una chiamata si sono delineati poco a poco lungo il cammino e più quelle catechesi portavano nella loro vita il sapore della speranza più i confini del cuore si allargavano accogliendo il mistero senza chiedere spiegazioni. D’un tratto viene loro chiesto di ospitare le reliquie della famiglia Martin e restando da solo di pomeriggio, Giuseppe si ritrova spesso di fronte alla misteriosa, ineffabile presenza della santità. In fondo la vita dei coniugi Martin non è stata avara di problematiche, forse non avranno conosciuto il dramma dell’assenza di un lavoro, ma hanno vissuto ben altre sofferenze, la perdita dei figli, la malattia di Zelia, quella di Luigi, e poi il lavoro quotidiano, le spese da affrontare, un carico schiacciante che sono riusciti a portare solo ed esclusivamente con la forza che Gesù ha impiegato nel portare la sua croce e che Lui e solo Lui può donare. Giuseppe se ne sta lì e questa verità lentamente si radica nel suo cuore, in quella misteriosa zona nascosta che è l’anima, dove non può aver accesso nessun dottore tranne Dio. E ritrova il sorriso, poco a poco, giorno dopo giorno, quel sole tramontato un notte di molto tempo prima, risorge luminoso e forte. All’indomani della consegna delle reliquie, arriva improvvisamente un’offerta di lavoro, un tentativo che però non si concretizza, ma che lascia sulla pelle della famiglia Colani il segno di un passaggio interiore forte e deciso: come i Martin anche loro ora sono in cammino con una croce sulle spalle che però hanno la certezza di poter condividere con Gesù.  Certo le condizioni intorno non sono cambiate e qualche volta la disperazione tenta di prendere il sopravvento; non era così nei progetti di Dio, e spesso quella dignità professionale socialmente negata viene infusa nei nostri cuore dalla Grazia. Ora c’è una speranza nuova, un orizzonte di pensiero che avvolge l’infinito e dona pace, è la mano provvidenziale di Dio Padre, l’azione operante dello Spirito Consolatore, e le parole del Maestro Gesù che infaticabilmente indicano la via a chiunque voglia seguirla.  Spesso non sono i problemi a cambiare, ma il modo in cui il affrontiamo, i Martin sono lì che come una segnaletica stradale ci indicano la via a noi resta solo seguire le indicazioni.




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