Luigi e Zelia Martin

Beati coloro che sperano in Dio

di don Silvio Longobardi

Che cosa è la santità? Come possiamo tradurre oggi il modello di santità di Luigi e Zelia? A pochi giorni dalla canonizzazione dei coniugi Martin, una riflessione per imparare a vivere la propria fede alla luce della testimonianza dei genitori di Santa Teresa di Lisieux.

Luigi e Zelia si sono sposati nel 1858, lo stesso anno delle apparizioni di Lourdes e, per rimanere alla Francia, l’anno in cui è nato il beato Charles de Foucauld. Chissà quante altre cose sono accadute in quel piccolo spazio di tempo. Ogni giorno Dio opera, dona luce, semina il desiderio del bene, dona la grazia della conversione. Quello che noi viviamo senza particolare slancio oppure con stanca fedeltà ai doveri quotidiani, è un giorno di grazia perché Dio accende la luce in tanti cuori. Non possiamo sapere dove, ma sappiamo che quel giorno, per noi ordinario, è un giorno speciale per tanti altri.

Quel giorno, o per meglio dire quella notte, Luigi e Zelia hanno iniziato il loro cammino nuziale, era il primo passo di un’avventura che essi non potevano prevedere né misurare. Se Dio è la fonte di ogni opera, Lui solo può dare all’esistenza la forma evangelica. Alla coppia rimane solo la libertà di affidarsi. È quello che hanno fatto i nostri amici, che ora la Chiesa propone come modello di vita santa.

La santità di Dio

Celebrare i santi vuol dire riconoscere la santità di Dio che risplende nella storia attraverso la vita di uomini e donne che si sono lasciati plasmare dalla grazia. Nella Scrittura la parola “santo” è applicata a Dio, è Lui il solo santo, il Tre volte santo. I santi sono un segno visibile della santità di Dio, la memoria vivente di un Dio che continuamente opera nella storia, la conferma visibile che la proposta del Vangelo non è destinata a rimanere una raccolta di pie intenzioni. La Chiesa proclama santi coloro che, pur stando in mezzo al mondo, hanno avuto il coraggio di distaccarsi dalla “mentalità di questo secolo” (Rom 12,2), come scrive l’apostolo Paolo. I santi sono quelli che hanno vinto la sfida.

I santi vivono con lo sguardo rivolto a Dio. Non cercano di essere originali ma non hanno paura di apparire diversi rispetto al sentire comune; come tutti cercano la gioia ma non si accontentano di quelle umane soddisfazioni che appagano gli uomini; non desiderano soffrire ma non fuggono dinanzi al dolore; danno valore alla vita di quaggiù ma non al punto di dimenticare l’eternità. I santi non sanno di esserlo, essi cercano semplicemente di fare quelle scelte che sono gradite a Dio, misurano le scelte con la fedeltà alla volontà di Dio. Insomma, i santi sono umili e ostinati discepoli che camminano sulle orme di Dio e in totale docilità a quella Chiesa che riflette e comunica la grazia.

Un invito ai battezzati

La vita dei santi invita e stimola i battezzati a camminare con maggiore audacia nelle vie di Dio. Dobbiamo però precisare che quando diciamo che i santi sono modelli da imitare non intendiamo che dobbiamo fare esattamente quello che loro hanno fatto. Non abbiamo lo stesso carattere e non viviamo nella stessa epoca, diverse sono anche le sfide che dobbiamo affrontare. Più che rifare le stesse cose, dobbiamo imitare la loro fede e il loro abbandono alla divina volontà. In fondo, è questo il cuore di una vita santa: fare tutto a partire da Dio, fare tutto in obbedienza a Dio. In mezzo alle traversie di una vita densa di impegni e di prove, una sola è la preoccupazione di Luigi e Zelia, quella di appartenere a Dio. In alcuni momenti dell’esistenza, quelli più dolorosi, questo attaccamento è veramente commovente.

Come tutte le creature umane Luigi e Zelia sperimentano il peso del peccato, devono fare i conti con il loro carattere, sono costretti ad affrontare prove difficili. Eppure hanno conservato una sostanziale serenità. Non hanno mai lasciato spazio alla paura né mai si sono ripiegati su se stessi. Hanno sempre lottato ma con le armi della fede, della carità e della speranza. «Questa mattina, durante la messa, avevo delle idee così nere a questo proposito che ne ero tutta sconvolta. La miglior cosa è di rimettere tutto nelle mani di Dio e di attendere gli eventi nella calma e nell’abbandono alla Sua volontà. È quello che cercherò di fare» (Lettera di Zelia alla cognata del 28 febbraio 1869). Tutto appartiene a Dio e tutto resta sottomesso alla sua volontà. Jean Clapier, che ha pubblicato una bella e dettagliata biografia di Luigi e Zelia, riassume così la loro fede: «Poiché tutto è consacrato a Dio, tutto è occasione di crescita, di maturazione, di compimento in Dio, per Dio, con Dio».




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