gender Gender, ecco gli ultimi diktat dell’Unione Europea Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 22 Settembre 2015 Nessun commento su Gender, ecco gli ultimi diktat dell’Unione Europea di Gabriele Soliani L’Europa continua la sua marcia verso i “nuovi diritti” e chiede con insistenza di regolare giuridicamente le unioni di fatto e di imporre l’ideologia di genere attraverso l’istruzione scolastica. Ma quali materie sono di competenza comunitaria? Il Parlamento Europeo continua la sua marcia verso i cosiddetti “nuovi diritti” e, l’8 settembre scorso, ha approvato un rapporto che chiede a nove governi dell’Unione Europea (Italia compresa) di regolare giuridicamente al più presto “la coabitazione, le unioni di fatto registrate e il matrimonio” per le coppie dello stesso sesso (paragrafo 85 del rapporto sulla Situazione dei diritti fondamentali nella Ue). È bene sapere che ci sono europarlamentari italiani che spingono molto in questo senso. Infatti è stata l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Laura Ferrara, che ha chiesto alla Commissione Europea di «presentare una proposta di normativa che garantisca il riconoscimento mutuo» delle unioni civili e dei matrimoni registrati in altri Paesi con lo scopo di «ridurre gli ostacoli amministrativi e giuridici discriminatori che devono affrontare i cittadini». E questo è ancora poco per la nostra eurodeputata grillina perché lei dice che: «I diritti fondamentali sono diventati strumenti per spingere l’Ue affinché prenda posizioni in favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso, eutanasia, aborto, educazione sessuale nelle scuole. Ovviamente sono tutte questioni che non rientrano nella competenza dell’UE, ma l’insistenza ossessiva e compulsiva lascia molti segni sulla stampa e televisione quotidiana». L’altra Relazione della Rodrigues, oltre all’impegno per l’emancipazione delle ragazze attraverso l’istruzione nell’UE, nasconde ben altro. La vera questione della Relazione Rodrigues è che l’ideologia di genere vada “imposta attraverso l’educazione” e perché questo avvenga sono previsti più volte nel testo “controlli e valutazioni”. Leggiamo infatti: «Per combattere le disuguaglianze di genere è indispensabile affidare ai centri di ricerca pedagogica specializzati nella parità di genere la supervisione costante sul piano pedagogico, ma anche il controllo e la valutazione di programmi, obiettivi, materie, strategie, materiali, valutazioni, nonché i programmi di ogni disciplina e la pianificazione». E ci dovrebbero essere anche dei controllori che valutino i progressi conseguiti all’interno degli Istituti d’istruzione in seguito all’adozione di politiche in materia di parità di genere. Addirittura si prevede di imporre l’ideologia di genere in tutte le scuole della Ue, di cambiare i libri di testo e di scriverne di nuovi nella prospettiva dell’ideologia di genere, oltre a formare gli insegnanti secondo questa “nuova prospettiva”. E poco importa se il Rapporto Rodrigues non rispetti il diritto dei genitori ad educare i propri figli in conformità alle proprie convinzioni morali o religiose e di esserne i primi educatori. Poco importa, ancora, se non rispetti i trattati internazionali e le convenzioni quali l’ultima dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Protezione della Famiglia, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici, la Convenzione dei Diritti del Bambino, la Convenzione Europea dei Diritti Fondamentali; il principio di sussidiarietà e l’art. 5 del Trattato di Lisbona dove si chiarisce che l’educazione non è di competenza comunitaria. Quello che conta è l’insistenza e il senso di inferiorità culturale che ne deriva se non ci si adegua ai “nuovi diritti”, quelli che Papa Francesco nella sua visita pastorale a Napoli il 21 marzo scorso ha definito “uno sbaglio della mente umana”. Qualche buona notizia europea tuttavia non manca. È il caso del Portogallo dove la legge sull’aborto è stata riformata in senso più favorevole alla vita, alla maternità e alla paternità grazie ad una iniziativa popolare. I cittadini portoghesi, tra l’ottobre 2014 e il febbraio 2015 hanno raccolto 48.000 firme e hanno costretto il Parlamento a modificare in senso restrittivo la legge sull’aborto. I partiti di centro destra e di sinistra hanno cercato di impedire queste novità, ma ora i medici obiettori non saranno più schedati, anche il padre del bambino dovrà esprimere il suo parere e la donna dovrà essere informata sulle alternative all’aborto. La “battaglia” per la difesa della vita e della famiglia è senza esclusioni di colpi. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag educazione, gender, scuola, Unione Europea ANNUNCIO Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. 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