Beato Giuseppe Toniolo

La scala per salire in Cielo

di Alberto Ratti

La figura di Giuseppe Toniolo è ben nota. Poco conosciuto è il profilo dello sposo e del padre, che ha tratto dall’amore coniugale e familiare la linfa per nutrire la brillante carriera, che ha rappresentato un contributo insostituibile per il nostro Paese.

È sotto gli occhi di tutti come il nostro tempo sia alla ricerca continua di testimoni che affermino con la loro esistenza la possibilità di una vita cristiana vissuta pienamente e in maniera significativa, e di maestri, che possano orientare e guidare il cammino verso le caratteristiche di una spiritualità laicale autentica, caratterizzata da un impegno coerente e credibile sia in famiglia che nei luoghi di lavoro.

Poco meno di tre anni fa veniva beatificato a Roma Giuseppe Toniolo, insigne economista, professore universitario e figura di rilievo del cattolicesimo italiano a cavallo fra il XIX e il XX secolo.

A me pare che la vita di Toniolo possa dimostrare come sia possibile essere contemporaneamente persone fedeli al proprio tempo, alla storia, e persone fedeli al Vangelo.

Pensare e descrivere la figura del Toniolo solo nei panni dell’intellettuale risulta quindi riduttivo: infatti, ad una lettura attenta della sua corrispondenza e del suo diario emerge quanto fosse importante la vita familiare, il rapporto con la moglie e con i figli. Ripercorriamo insieme questi aspetti.

Il cuore dello sposo

Il 4 settembre 1878 Toniolo sposò Maria Schiratti nella parrocchia di Santa Maria Assunta di Pieve di Soligo. Toniolo considerava il matrimonio come “uno stato nobilissimo e santissimo” e proprio l’attenta riflessione riguardante questo sacramento lo portò a concludere che «una buona compagna può essere scala a salire al cielo».

Al “sì” definitivo Giuseppe e Maria si prepararono con un anno di fidanzamento, durante il quale vi fu un’intensa corrispondenza che mitigava i non frequentissimi incontri dovuti agli impegni accademici del giovane professore. Dalle lunghe lettere è possibile cogliere l’ansia e il desiderio dei due promessi di sintonizzarsi su tutto e di conoscersi in profondità. Si comunicavano le loro piccole esperienze quotidiane, si confrontavano sul modo di leggere gli avvenimenti dell’epoca. Si discuteva perfino di scienza economica, dato che Maria desiderava capire e applicarsi circa i temi di studio del suo futuro marito. Entrambi ritennero il fidanzamento un tempo saggiamente istituito perché «i fidanzati si preparino colla purificazione del cuore, coll’esercizio delle virtù, coll’invocazione della divina grazia, alla partecipazione degna e fruttuosa di quel gran sacramento».

Dopo la celebrazione, partirono per il tradizionale viaggio di nozze che ebbe come tappe Roma, Orvieto, Assisi. Dalle lettere inviate alle famiglie d’origine emerge ancora oggi la gioia e la spensieratezza dei giovani coniugi: «Dopo le due in ferrovia mangiammo di gusto pane e salame, con qualche sorso di vino da far resuscitare i morti…». Toniolo sperimentò nel matrimonio un’intesa che lo sostenne e lo spronò in tutti i campi del suo impegno. «Il papà – ricorda la figlia Teresa – aveva con la mamma una fiducia ed una confidenza completa, tanto che la consultava non solo nella vita di famiglia, ma anche nei suoi lavori scientifici, nella sua attività sociale, nei rapporti con i colleghi. In tutta la vita pubblica e privata vivevano in due».

Maria è stata una donna intelligente, capace di esprimere un chiaro punto di vista sui problemi e sulla realtà. Il segreto di una vita di coppia così bella e piena è senza ombra di dubbio la condivisione della vita spirituale: non a caso la famiglia Toniolo iniziava sempre la giornata partecipando alla messa e scandiva le occupazioni quotidiane con ripetute preghiere. I coniugi Toniolo hanno così sperimentato una concezione alta dell’amore sponsale, capace di un’azione oblativa, diffusiva di autentica carità.

Il volto del padre

Quella di Toniolo è stata una famiglia numerosa, rallegrata dalla nascita di ben sette figli, ma anche provata da lutti e sofferenze: la scomparsa di tre figli in tenera età e più tardi di una figlia, Emilia, già suora di clausura. Nonostante i numerosi impegni professionali e sociali, trovava sempre il tempo da dedicare ai suoi figli giocando con loro, leggendo libri e addirittura partecipando alle rappresentazioni teatrali che si inscenavano con il contributo di amici e parenti tra le mura domestiche. Alla preghiera di tutta la famiglia e da lui guidata, egli dava il giusto posto, al mattino, con la lettura di una pagina del Vangelo che faceva dopo la prima colazione, e alla sera con la benedizione dei figli dopo la recita insieme delle orazioni. Aveva molto a cuore e seguiva personalmente il percorso formativo dei figli e a questo proposito è significativa una lettera, ricca di richiami alla vita interiore, ma anche di consigli pratici, indirizzata al figlio Antonio: «Non stare mai in ozio, fa’ visite, chiacchiera con quelli di casa, va’ ogni giorno, una o due volte, in bicicletta, passeggia, fotografa…». E alla vigilia della maggiore età l’appello si fa accorato: «Non dimenticarlo mai; dentro di te e fuori di te poni ad obiettivo della tua esistenza il quaerite primum regnum Dei e fa’ di cercarlo e di custodirlo con la pietà» e ancora, «in Dio sappi ricercare e vedere e gustare sempre e le gioie della futura famiglia, e i progressi delle tue indagini scientifiche e lo scioglimento delle questioni sociali; e le previsioni della futura democrazia, e la rivendicazione della patria e della sua grandezza, e il progresso della civiltà per mezzo della Chiesa; tutto ciò che forma (io lo so e ne godo) il nostro comune ideale».




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