Educare all'amore

Figli, soli e disorientati, in cerca di un posto nel mondo

figli

di Giovanna Pauciulo

Da genitori cristiani come possiamo educare all’amore i nostri figli? Nonostante il contesto frammentato e disordinato in cui sono immersi i ragazzi di oggi, come comunicare loro un orizzonte di senso e prepararli alla relazione con l’altro?

Un genitore cristiano non può esimersi dal compito di educare all’amore, se desidera il bene del figlio. Egli è chiamato ad essere per il figlio testimone della sua fede. È un ambito non delegabile ad altri.

Prima di domandarci come educare all’amore è necessario fare una precisazione sulla parola “educazione”: da un lato, essa va intesa come “tirar fuori” da una persona tutto quello che è, come valorizzazione della soggettività; dall’altro, bisogna intendere l’educazione come il compito di introdurre la persona a conoscere adeguatamente la realtà, un’accezione un po’ meno ricordata. Il tema dell’educazione deve cioè essere giocato non solo sul soggetto, ma anche dal soggetto che entra in relazione con ciò che sta al di fuori di lui, il mondo, per poter giudicare e valutare la realtà per ciò che essa è.

Quindi, “dare un’educazione” significa anche e soprattutto fornire strumenti per leggere la realtà come alterità, per riuscire a leggere l’altro, per capire che egli non dipende soltanto da come lo si maneggia ma per il fatto di essere ciò che è, imprendibile, ma anche per questo non strumentalizzabile, non asservibile a sé, perché da rispettare. Il rischio dell’educazione come sola soggettività è invece quello di creare un individuo che “vede solo se stesso”, proprio per questo molto più esposto a condizionamenti esterni e a strumentalizzazioni.

Educare all’amore richiede un contesto di fede

Per i genitori cristiani il riferimento biblico è molto importante, educare all’amore non può avvenire se non nel contesto dell’esperienza di fede. L’amore è al centro della vita cristiana. Il cristianesimo essenzialmente non è una dottrina o una prassi cultuale o un insieme di precetti: è un incontro, un avvenimento che tocca profondamente la vita dell’uomo e la cambia. Solo l’amore ha questo potere. Ed è senza dubbio l’amore la sorgente della sequela e la forza della fedeltà: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola” (Gv 14,23). Il cristianesimo nasce dall’amore ed è testimonianza di un amore che il mondo non può comprendere, di un amore vissuto in tutta la sua radicalità. “Chi non mi ama non osserva le mie parole” (Gv 14,24).

Ma come fare a consegnare questa certezza ai figli così immersi in un mondo che non parla di Dio? Come comportarsi di fronte ad una società che propone una prassi in cui non c’è spazio per  l’amore quanto per una genitalità e un comportamento sessuale sempre più sganciato dall’amore, e perciò ridotta a bene di consumo, un erotismo fine a se stesso? Molti genitori sono impreparati, si sentono inadeguati, finiscono per pensare che ormai i giovani non sappiano parlare il linguaggio di Dio. Una sfiducia nei confronti delle nuove generazioni, dei figli.

In questo contesto, è bene per i genitori ritornare alle sorgenti, richiarirsi il significato che ha l’amore presso Dio. Per ritornare a vedere e perciò comunicare la bellezza della proposta biblica dell’amore umano, ripartiamo cioè dalle radici bibliche dell’amore umano. Lo facciamo rileggendo dalla nostra prospettiva genitoriale il libro della Genesi, capitoli 1 e 2.

Gregorio Vivaldelli, dottore in Teologia biblica scrive: «L’ambiente vitale nel quale vive il giovane di oggi si caratterizza per una forte frammentazione e per una forte frammentarietà. La frammentarietà è una statua che viene rotta in tanti pezzi: tutti i valori vengono demoliti, fatti a pezzi; non c’è più una roccia sicura sulla quale fondare per sempre la propria esistenza, sulla quale scommettere per sempre la propria vita; pensiamo per esempio ai colpi inferti all’istituto matrimoniale, alla teoria gender. La frammentazione è una cosa ancora peggiore: si ha quando la statua viene fatta a pezzi e poi questi vengono mischiati creando una totale confusione. Se qualcuno volesse ricostruire la “statua” dei valori su cui generazioni e generazioni hanno fondato la loro esistenza, non riuscirebbe nemmeno a trovare l’ordine con cui iniziare a ricostruire il puzzle distrutto».

Ecco una adeguata analisi del contesto in cui vivono i nostri figli, che deve far riflettere i genitori, perché i  nostri ragazzi si percepiscono come inseriti  in un mondo disordinato, nel quale è difficile trovare il senso dell’insieme. Spesso non sanno dove collocarsi, avvertono di non avere un posto nel mondo, hanno difficoltà sempre più grandi a trovarlo e quindi a trovarsi. Più o meno consapevolmente si sentono dimenticati da Dio. Potremmo dire che si sentono dimenticati da un ordine più grande, in grado di dare un senso al loro esistere. Nell’ambiente in cui vivono i nostri figli non è difficile arrivare alla conclusione che la storia sia sfuggita dalle mani di Dio.

Leggiamo ora Genesi 1. La Bibbia propone questa verità: il mondo non è caos, non è disordine, quindi ha un senso, l’uomo è posto in questo giardino il sesto giorno, avendo così un posto ben preciso, al vertice della Creazione. Questo testo biblico ci ricorda che la storia è saldamente nelle mani di Dio: «In principio Dio creò il cielo e la terra… ed era cosa molto buona». Tutto è nelle mani di Dio, un ordine c’è! Esiste un ordine, un orizzonte di bello, di buono, di senso nel quale è collocato l’uomo.

Prima radice biblica dell’amore umano, con cui noi genitori o educatori in genere siamo chiamati a confrontarci. È la fiducia che la storia che stiamo vivendo, e che i nostri giovani stanno vivendo, è saldamente nelle mani di Dio. La vita e la storia hanno un senso.

Nella sua analisi del contesto culturale e senza Dio in cui sono immersi i nostri figli, Vivaldelli continua: «L’ambiente culturale pone un’attenzione particolare sul soggetto inteso nella sua individualità. I nostri giovani respirano continuamente un clima culturale che potremmo definire ad alta soggettività. Essendo in primo piano l’io, chiaramente gli altri vengono messi da parte, in ombra, diventano delle variabili dipendenti e subordinate a me. C’è l’inflazione dell’io per cui gli altri, fondamentalmente, danno fastidio. Il diverso da me è un potenziale nemico, una minaccia alla mia persona. La prossimità è un disvalore».

Altro dato che il genitore deve interiorizzare per leggere la realtà è che i nostri figli – secondo questa ultima affermazione di Vivaldelli – crescono con la convinzione che l’uomo debba bastare a se stesso senza lasciarsi coinvolgere in relazioni interpersonali decisive. Meglio chattare: il porre il mio volto di fronte al volto dell’altro coinvolgerebbe troppo.

Da buoni genitori cristiani ci domandiamo di fronte a ciò cosa propone la Bibbia. In Genesi 2 risuona la considerazione: «Non è bene che l’uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18). Per Genesi 2, la solitudine dell’uomo è una nota stonata nella sinfonia dell’esistenza umana.

L’uomo, uscito dalla mente di Dio, è educato alla presenza dell’altro, a dare voce all’altro. Anzi, in questo giardino è l’altro che mi definisce. L’altro dice la mia individualità, la mia personalità. Quindi, un chiaro invito ai genitori ad educare alla relazione con l’altro. «Allora l’uomo disse: questa volta essa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa» (Gen 2,23): con la presenza dell’altro, l’uomo comincia a parlare. Con gli altri esseri viventi non parlava. In Genesi 2, l’altro è possibilità di porsi in dialogo, in relazione. Per la Bibbia non esiste uomo se non è in relazione. Genesi 2 presenta un giardino che invita l’uomo a mettersi in gioco nella grande sfida delle relazioni interpersonali. Chi non è in grado di relazionarsi finisce solo per servirsi dell’altro, sfruttandolo. E una speciale e specifica relazione che tiene dentro anche la diversità maschile e femminile.

Seconda radice biblica dell’amore umano: la Bibbia propone un modello di uomo che si realizza nella relazione con il diverso da sé. Per Genesi 2 l’origine dell’amore umano è l’accoglienza della diversità.

Dunque, come sintesi, i genitori sanno allora che educare all’amore un figlio significa:

  1. offrire la certezza che c’è un ordine, che non è il genitore ad inventarsi, ma che egli stesso riconosce ed accoglie. Ecco la testimonianza delle fede del genitore: riconoscere Dio davanti ai figli, dare ragione della propria fede. Appare di nuovo la prima radice biblica dell’amore umano: dare fiducia che la storia che stiamo vivendo, e che i nostri giovani stanno vivendo, è saldamente nelle mani di Dio. La vita e la storia hanno un senso.
  2. Comunicare che l’unico e il vero uomo è quello che si realizza nella relazione con il diverso da sé,perciò l’origine dell’amore umano è l’accoglienza della diversità.



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1 risposta su “Figli, soli e disorientati, in cerca di un posto nel mondo”

….Ma come fare a consegnare questa certezza ai figli così immersi in un mondo che non parla di Dio? Come comportarsi di fronte ad una società che propone una prassi in cui non c’è spazio per l’amore quanto per una genitalità e un comportamento sessuale sempre più sganciato dall’amore, e perciò ridotta a bene di consumo, un erotismo fine a se stesso? Molti genitori sono impreparati, si sentono inadeguati, finiscono per pensare che ormai i giovani non sappiano parlare il linguaggio di Dio. Una sfiducia nei confronti delle nuove generazioni, dei figli…….

Cara Giovanna,

l’uomo e la donna, nella qualità di marito e moglie, diventano padre e madre, genitori, raggiungendo una nuova dignità ed assumendo nuovi doveri.L’importanza di questi doveri fondamentali è grandissima sotto molteplici punti di vista. Non soltanto dal punto di vista della comunità che è la loro famiglia, ma anche dal punto di vista di ogni comunità umana, di ogni società
Che valori passano in questa società? Quale testimonianza vera e concreta noi adulti sappiamo dare ai giovani? Dove sono le famiglie “trasparenti” che concretamente e nella più grande semplicità trasmettono i valori e la fede? La comunità umana è una grande famiglia dove ogni singola storia, tradizione diventa esempio di fede vissuta concretamente. Sono i “buoni esempi” quelli di cui i giovani hanno bisogno, non solo quelli in famiglia ma anche quelli che tutta la comunità trasmette. Come educare ai valori?Semplicemente rispettando i valori. Un tempo non molto lontano i cosiddetti “cortili” erano delle vere e proprie palestre di vita, di incontro, di socializzazione , si imparava facilmente che stare insieme significava volersi bene e rispettarsi, che i giochi avevano delle regole, che bastavano pochi giocattoli per inventare con la fantasia storie fantastiche. Le famiglie erano a “vetri trasparenti e porte aperte”. Anche la fede in questo contesto era “automatica”. La Madonnina che girava per le case, le campane della chiesa che annunciavano i tempi della giornate. Dio era il centro di questo mondo semplice ma ricco di valori espressi nella semplicità e nei sorrisi della vita quotidiana. Le famiglie cristiane riconoscono tutti gli uomini come figli del comune Padre dei cieli, vengono generosamente incontro ai figli delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli non come estranei ma come membri dell’unica famiglia dei figli di Dio.
Come mamma e come educatrice scolastica, sperimento le ambiguità e i gravi conflitti che caratterizzano la nostra società. Le profonde e numerose mutazioni scientifiche e tecnologiche che continuano a contrassegnare la nostra epoca hanno rotto la stabilità, con tutti i vantaggi e gli inconvenienti che presenta. Nel breve spazio di una generazione abbiamo potuto vedere cambiamenti enormi nei valori sociali e nelle situazioni economiche.Oggi più che mai servono le buone testimonianze degli adulti ai giovani. La crisi che stiamo affrontando è la crisi dell’uomo strappato dal suo contesto e dalle sue relazioni.
L’educazione è un fenomeno tipicamente umano perchè ogni uomo può e deve educarsi. Mediante l’opera educativa ci si stabilizza nei vari settori dell’esistenza, diventando sempre più compiutamente un “IO” , una persona anche a livello psicologico, dopo esserlo stato fin dal grembo materno a livello ontologico. La concezione che si ha dell’educazione dipende dalla concezione che si ha dell’uomo e del suo destino.
Cara Giovanna, ben detto questa è l’amara verità: “…..il contesto in cui vivono i nostri figli, deve far riflettere i genitori, perché i nostri ragazzi si percepiscono come inseriti in un mondo disordinato, nel quale è difficile trovare il senso dell’insieme. Spesso non sanno dove collocarsi, avvertono di non avere un posto nel mondo, hanno difficoltà sempre più grandi a trovarlo e quindi a trovarsi. Più o meno consapevolmente si sentono dimenticati da Dio. Potremmo dire che si sentono dimenticati da un ordine più grande, in grado di dare un senso al loro esistere. Nell’ ambiente in cui vivono i nostri figli non è difficile arrivare alla conclusione che la storia sia sfuggita dalle mani di Dio.”
Pur in mezzo alle difficoltà dell’opera educativa, non dobbiamo mai perdere la fiducia e il coraggio di formare i nostri figli ai valori essenziali della vita umana. Educhiamo i nostri giovani a comprendere che: “ l’uomo vale più per quello che è che per quello che ha”.
L’educazione all’amore come dono di sè costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori che sono chiamati anche ad offrire ai figli una chiara e delicata educazione sessuale. Di fronte ad una cultura che “banalizza” in larga parte la sessualità umana, perchè la interpreta e la vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere. Compito dei genitori far comprendere che la sessualità è una ricchezza di tutta la persona, corpo, sentimento e anima ed è dono di sè nell’amore.
Concludo con invocazione alla Madonna Madre di tutti gli uomini a cui affidiamo i nostri figli, tutti i giovani e le famiglie. Il fascino soave di Maria conduca alla verità e distolga dalle seduzioni di questo mondo. Nella sua Bellezza il nostro cuore trova pace per riscoprire il mondo , al di là di ogni sua bruttura, nella sua realtà e nella sua innocenza originaria, come è uscito dalle mani del Creatore. Non perdiamo il coraggio camminiamo con Maria come hanno fatto le antiche generazioni, per creare una società ispirata alla legge dell’amore, della solidarietà, della pace.

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