Luigi e Zelia Martin
Servono sposi santi
di don Silvio Longobardi
Dopo l’annuncio della data di canonizzazione dei genitori di Santa Teresa di Lisieux, Luigi e Zelia – che avverrà il 18 ottobre, al termine del Sinodo – una riflessione sull’importanza di avere coppie di santi per guidare con il loro esempio le famiglie di oggi.
La prima alleanza, feconda premessa per tutte le altre, è quella che unisce l’uomo e la donna. È questa la prima forma di solidarietà, come appare chiaramente nei racconti biblici della creazione. Dio non si accontenta di creare l’uomo come essere unico e irripetibile, lo crea nella duplice e complementare forma: “maschio e femmina li creò”, leggiamo nella Genesi. E subito dopo: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne” (Gen 2,24).
La storia umana è come aggrappata a questa prima e fondamentale unità. Dalla comunione coniugale nasce la famiglia, dall’amore che unisce l’uomo e la donna scaturisce il dono della vita, l’impegno educativo, la maturazione umana e spirituale.
Il legame nuziale non sempre risplende in tutta la sua bellezza, anzi a volte è offuscato dal peccato, non sempre appare come via salutis, cioè via ordinaria di quella storia di salvezza che Dio scrive nei solchi della vicenda umana. Per questo, abbiamo bisogno di sposi santi per ricordare che la salvezza passa attraverso la famiglia.
La santità coniugale e familiare appartiene alla storia della salvezza, a cominciare da Abramo e Sara, ed ha trovato il suo vertice espressivo nell’esperienza, certamente irripetibile, di Maria e Giuseppe di Nazaret, che troviamo sulla soglia della redenzione. Non possiamo dimenticare Aquila e Priscilla, fedeli e coraggiosi collaboratori di Paolo. Sulla scia di questi sposi, lungo i secoli troviamo tanti altri santi. La santità ha il profumo dell’amore e non poteva non passare per quell’amore che unisce l’uomo e la donna nel vincolo del matrimonio. Quante esperienze di santità hanno il timbro della vita domestica! La grande maggioranza passano inosservate.
Nella storia della Chiesa non sono mai mancati i santi sposati riconosciuti. Ma dobbiamo anche aggiungere che, salvo eccezione, raramente hanno avuto una qualche rilevanza sul piano ecclesiale. In alcuni casi, la dimensione coniugale, che ha segnato una parte rilevante della loro vita, non è stata neppure evidenziata. Per citare alcuni nomi di santi sposati: nei primi secoli troviamo Monica, mamma di Agostino e Paolino da Nola. Nel Medioevo Elisabetta di Ungheria, Luigi IX di Francia, Brigida di Svezia, Francesca Romana, Rita da Cascia, Tommaso Moro, Angela da Foligno, Giovanna Francesca de Chantal, Stefano di Ungheria, Caterina da Genova, Omobono di Cremona. Nell’epoca moderna: Anna Maria Taigi, Antonio Federico Ozanam, Giuseppe Toniolo, Gianna Beretta Molla.
Nella Mulieris dignitatem, la Lettera dedicata al ruolo e alla missione della donna, Giovanni Paolo II ricorda quelle «madri di famiglia, che coraggiosamente hanno testimoniato la loro fede ed educando i propri figli nello spirito del Vangelo hanno trasmesso la fede e la tradizione della Chiesa» (n. 27). Le parole del Papa sono un’eco fedele della storia della santità che attraverso tutti i secoli danno sempre abbondanti frutti di grazia.
La dimensione coniugale. Nella gran parte dei casi si tratta di santi sposi ma non coppie di sposi. Negli ultimi decenni qualcosa è cambiato. Il Sinodo sulla missione dei laici (1987) ha chiesto espressamente di scoprire e valorizzare la vocazione coniugale alla santità. Qualche anno dopo, nella Lettera Tertio Millennio ineunte (1994) che annunciava il grande giubileo, Giovanni Paolo II chiedeva ai Vescovi di fare più attenzione alle testimonianze dei santi sposi presenti nella Chiesa locale. Queste sollecitazioni hanno permesso di leggere meglio nella propria storia. In alcuni casi c’erano già delle cause aperte, come quella di Luigi e Zelia Martin, ma nella maggior parte dei casi, sono state proprio queste indicazioni magisteriali a sollecitare le Chiese locali.
Tante di queste storie ora sono al vaglio della Congregazione per le cause dei Santi. Recentemente è stata riconosciuta l’eroicità delle virtù dei coniugi Sergio e Domenica Bernardini (umili contadini della provincia modenese) e di Giulia Colbert, marchesa di Barolo (nobildonna piemontese), sposa di Carlo Tancredi. La santità non conosce confini geografici, culturali ed economici. Sono solo gli ultimi santi sposati di una lista che nei prossimi anni è sicuramente destinata a crescere.
Tra questi sempre più numerosi testimoni della santità coniugale, vorrei fare almeno un cenno ai Beati Luigi e Zelia Martin: la loro è una storia di una santità che probabilmente sarebbe rimasta nascosta se non avesse generato una figlia come Teresa di Lisieux. Ma la Provvidenza ha voluto far emergere, accanto alla santità verginale della figlia, anche la santità coniugale dei genitori. Un intreccio fecondo che mostra il valore della reciprocità vocazionale.
La santità coniugale ci interessa – dovrebbe interessare tutti – perché la testimonianza concreta di sposi che hanno accolto e vissuto fedelmente la sfida del Vangelo è una parola insostituibile per promuovere la spiritualità delle coppie di oggi. I santi non hanno bisogno della nostra pubblicità, siamo noi che abbiamo bisogno di mettere in piena luce l’esperienza che essi hanno vissuto per donare un modello agli sposi di oggi, che spesso faticano e arrancano, e rischiano di accomodarsi nella placida mediocrità della valle piuttosto che salire sul santo monte.
Se la famiglia è un passaggio obbligato del Vangelo, se tutto nasce in famiglia, dobbiamo allora concludere che la santità coniugale e familiare offre un importante e decisivo contributo alla nuova evangelizzazione. È questo il desiderio ed è anche l’augurio più bello che faccio a tutti voi che leggete.
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3 risposte su “Servono sposi santi”
Grazie per questo Santo augurio. Preghiamo affinché tutte le famiglie di oggi possano trovare nei coniugi Martin l’amore che ci predispone a guardare il cielo già su questa terra.
Carissimo don Silvio,
voglio subito comunicavi le mie felicitazioni per questa prossima santificazione dei coniugi Martin. La vostra intuizioni e vostra sensibilità hanno da subito profeticamente riconosciuto in questa coppia i segni della santità.Onorati e felici di dire che grazie a voi ad Angri abbiamo la prima Chiesa dedicata proprio a questa Santa famiglia.
Il matrimonio è un’esperienza profondamente umana. Oggi più che mai si guarda con piacere all’armonia tra moglie e marito. Un matrimonio felice è una benedizione di Dio: “Chi possiede una donna, ha il primo dei beni, un aiuto a sè conveniente, una colonna d’appoggio (Sir 36,24).
In un’epoca storica dove si vogliono proclamare “coppie di fatto”sembra quasi essere diventata una “moda” l’omosessualità,una moda che rende “diversi” come fosse un “prestigio”. In quest’epoca le persone hanno il dovere di comprendere ciò che è vero e giusto, perchè dal modo di pensare e sentire umano dipende l’agire morale. L’agire morale sarà retto se il modo di pensare e sentire sarà conforme alla verità.E’ necessario che nella famiglia si formi un’opinione retta che aiuti a superare alcuni modi di pensare e di sentire non conformi alla duplice e complementare formula della natura : “maschio e femmina li creò”.
Quale esempio più bello di due sposi Santi?
Nella luce dell’alleanza il matrimonio viene visto come “hesedh”, cioè come amore, bontà, e “berith” ovvero che il matrimonio è un patto d’alleanza.
Ho voglia di “spiare” nella casa Martin. Ma è possibile davvero, mi chiedo, giungere alla santità matrimoniale?
I coniugi Martin vivono armonicamente l’amore e l’alleanza. Sono stati “custodi” l’uno dell’altro vivendo la comunità sponsale come dono, comprendendo la sacramentalità del matrimonio fatto da Cristo segno eterno della sua alleanza. Come Cristo è unito in senso sponsale alla Chiesa, così l’uomo alla donna nel patto nuziale. I Martin hanno accolto la loro vocazione matrimoniale come una chiamata a santificarsi nella realtà ordinaria della vita coniugale. La santità dei coniugi non è estranea alle vicende quotidiane perchè la perfezione e la santità si raggiungono “compiendo il dovere coniugale e familiare”, attraverso la procreazione e l’amore.L’amore dei coniugi è cammino di santità. I Martin hanno scelto di sposarsi nel Signore perchè erano realmente consapevoli che l’amore è il luogo in cui Dio si rivela al mondo. Sposarsi nel Signore significa avere la consapevolezza che l’amore coniugale non può mai essere un fatto privato, una riserva di caccia in cui nessuno può entrare, nemmeno Dio. Il patto nuziale è un evento ecclesiale in cui la coppia lega la sua esistenza a quella di Dio e, per mezzo di Lui, alla Chiesa. I Martin hanno fatto diventare la loro casa la dimora di Dio, una dimora dove tutti gli altri fratelli hanno il diritto a vedere come il loro amore diventi una scintilla dell’amore divino. Questi coniugi sono l’esempio evidente che il sacramento del matrimonio non è una semplice “benedizione” ma una grazia che chiede agli sposi di diventare “benedizione”. Il dono dell’amore che gli sposi ricevono non può essere custodito gelosamente come un tesoro privato ma deve essere messo a servizio di tutti. I Martin usano l’AMORE come luce del loro vivere insieme. Sono due sposi che si vogliono bene, che si trattano con tenerezza e delicatezza, sono una parola d’amore e un invito a scoprire quell’amore che viene dall’alto e che solo Dio può dare.
Anche se non tutti siamo capaci per le diverse situazioni della nostra vita di un amore così grande, che bello e che gioia potersi “specchiare” in questa santità assaporarne il profumo. E perchè no, almeno proviamoci a vivere le piccole come le grandi battaglie della vita consapevoli della presenza divina che mai ci abbandona.
Concordo don Silvio,la santità ha il profumo dell’amore, ed ha il timbro della vita domestica che spesso passa troppo inosservata.
Carissimo don Silvio,
voglio subito comunicavi le mie felicitazioni per questa prossima santificazione dei coniugi Martin. La vostra intuizione e la vostra sensibilità hanno da subito profeticamente riconosciuto in questa coppia i segni della santità.Onorati e felici di dire che grazie a voi ad Angri abbiamo la prima Chiesa dedicata proprio a questa Santa famiglia.
Il matrimonio è un’esperienza profondamente umana. Oggi più che mai si guarda con piacere all’armonia tra moglie e marito. Un matrimonio felice è una benedizione di Dio: “Chi possiede una donna, ha il primo dei beni, un aiuto a sè conveniente, una colonna d’appoggio (Sir 36,24).
In un’epoca storica dove si vogliono proclamare “coppie di fatto”sembra quasi essere diventata una “moda” l’omosessualità,una moda che rende “diversi” come fosse un “prestigio”. In quest’epoca le persone hanno il dovere di comprendere ciò che è vero e giusto, perchè dal modo di pensare e sentire umano dipende l’agire morale. L’agire morale sarà retto se il modo di pensare e sentire sarà conforme alla verità.E’ necessario che nella famiglia si formi un’opinione retta che aiuti a superare alcuni modi di pensare e di sentire non conformi alla duplice e complementare formula della natura : “maschio e femmina li creò”.
Quale esempio più bello di due sposi Santi?
Nella luce dell’alleanza il matrimonio viene visto come “hesedh”, cioè come amore, bontà, e “berith” ovvero che il matrimonio è un patto d’alleanza.
Ho voglia di “spiare” nella casa Martin. Ma è possibile davvero, mi chiedo, giungere alla santità matrimoniale?
I coniugi Martin vivono armonicamente l’amore e l’alleanza. Sono stati “custodi” l’uno dell’altro vivendo la comunità sponsale come dono, comprendendo la sacramentalità del matrimonio fatto da Cristo segno eterno della sua alleanza. Come Cristo è unito in senso sponsale alla Chiesa, così l’uomo alla donna nel patto nuziale. I Martin hanno accolto la loro vocazione matrimoniale come una chiamata a santificarsi nella realtà ordinaria della vita coniugale. La santità dei coniugi non è estranea alle vicende quotidiane perchè la perfezione e la santità si raggiungono “compiendo il dovere coniugale e familiare”, attraverso la procreazione e l’amore.L’amore dei coniugi è cammino di santità. I Martin hanno scelto di sposarsi nel Signore perchè erano realmente consapevoli che l’amore è il luogo in cui Dio si rivela al mondo. Sposarsi nel Signore significa avere la consapevolezza che l’amore coniugale non può mai essere un fatto privato, una riserva di caccia in cui nessuno può entrare, nemmeno Dio. Il patto nuziale è un evento ecclesiale in cui la coppia lega la sua esistenza a quella di Dio e, per mezzo di Lui, alla Chiesa. I Martin hanno fatto diventare la loro casa la dimora di Dio, una dimora dove tutti gli altri fratelli hanno il diritto a vedere come il loro amore diventi una scintilla dell’amore divino. Questi coniugi sono l’esempio evidente che il sacramento del matrimonio non è una semplice “benedizione” ma una grazia che chiede agli sposi di diventare “benedizione”. Il dono dell’amore che gli sposi ricevono non può essere custodito gelosamente come un tesoro privato ma deve essere messo a servizio di tutti. I Martin usano l’AMORE come luce del loro vivere insieme. Sono due sposi che si vogliono bene, che si trattano con tenerezza e delicatezza, sono una parola d’amore e un invito a scoprire quell’amore che viene dall’alto e che solo Dio può dare.
Anche se non tutti siamo capaci per le diverse situazioni della nostra vita di un amore così grande, che bello e che gioia potersi “specchiare” in questa santità assaporarne il profumo. E perchè no, almeno proviamoci a vivere le piccole come le grandi battaglie della vita consapevoli della presenza divina che mai ci abbandona.
Cooncordo don Silvio,la santità ha il profumo dell’amore, ed ha il timbro della vita domestica che spesso passa troppo inosservata.