Aborto terapeutico
Un esercito di sopravvissuti mette in crisi la 194
di Gabriele Soliani
Per aborto legale s’intende anche l’aborto terapeutico, che secondo la legge 194 può essere richiesto entro il 180esimo giorno (sesto mese) di gravidanza a causa di malformazioni fetali o di danni conseguenti per la salute psicofisica della donna. Però i progressi della medicina indicano la possibilità di sopravvivenza autonoma del feto già alla 22esima settimana.
Quando si parla di aborto legale dobbiamo ricordare che si intende anche quello “terapeutico”. L’aborto cosiddetto “terapeutico” di un feto alla 20/24esima settimana è un dramma nel dramma.
I casi di prematuri che riescono a sopravvivere e crescere sani, col progresso della medicina, aumentano sempre più. Anche la fecondazione artificiale è una delle cause moderne dell’aumento delle nascite premature.
I bambini pre-termine nati vivi vanno tutti rianimati, indistintamente dall’età gestazionale, come misura di soccorso immediato. Solo successivamente si procederà alla valutazione sul proseguimento delle cure. Il soccorso iniziale, dicono i ginecologi delle quattro Università di medicina di Roma (Sapienza, Tor Vergata, Cattolica e Campus Biomedico), è dovuto indipendentemente dalla volontà dei genitori, perché il bambino nato non è proprietà dei genitori e ha diritto ad essere soccorso come qualsiasi altra persona.
Secondo i dati provenienti da 600 cliniche nel mondo, raccolti nel Vermont Oxford Network, la sopravvivenza a 22 settimane è del 5%, aumenta al 30% nei nati a 23 settimane, ed arriva al 60% nei bambini nati a 24 settimane di gestazione. In una casistica condotta analizzando 19.507 neonati, in 17 reparti di cure intensive neonatali in Canada, sono sopravvissuti e sono stati dimessi dal reparto il 14% dei neonati a 22 settimane, il 40% a 23 settimane e quasi il 60% a 24 settimane. Per fare alcuni nomi, citiamo il caso di Antonino Pio nato a 24 settimane e rimasto in ospedale per 4 mesi di terapia intensiva. Michela pesava 460 grammi, è nata a Como a 23 settimane. Esme è nata viva a 23 settimane nel Regno Unito e la piccola Lily, che sta mettendo in discussione la legge inglese sull’aborto, permesso fino alla 24 settimana. A Lily avevano dato solo il 5% di possibilità di sopravvivere e le avevano predetto che avrebbe avuto una vita dipendente dagli ospedali.
La foto pubblicata sul giornale Daily Mail dimostra invece il contrario: Lily adesso ha 6 anni ed è «molto brava, attiva ed adorabile» dice sua mamma, frequenta la scuola St Mary’s Primary School a Bonnyrigg nei pressi di Edimburgo (Scozia).
Anche in Giappone, che ha una delle leggi più permissive sull’aborto, ci sono bimbi nati a 22 settimane di gestazione e sopravvissuti.
In Italia, la percentuale di interruzioni di gravidanza dopo la 21esima settimana di gestazione è circa dello 0,7%, corrisponde a 869 bambini ogni anno. La Regione Lombardia (forse l’unica) ha preso atto delle nuove acquisizioni e ha una direttiva che, secondo la legge 194, stabilisce di non abortire quando vi è possibilità di vita “autonoma” del feto. La sola eccezione è l’imminente pericolo per la vita della madre e il limite fissato è quello delle 22 settimane e 3 giorni di gestazione.
Sull’aborto “terapeutico” è doverosa una discussione sincera, anche a costo di mettere in crisi l’intera legge.
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