Divorzio breve
Non c’è nulla da festeggiare
Lo so, è una battaglia persa. Ma tacere o far finta di nulla sarebbe ancora peggio. In gioco c’è la famiglia, un bene così prezioso e insostituibile da custodire con ogni sforzo. C’è qualcosa di strano, un che di diabolico, nella comune soddisfazione con la quale politici e non annunciano la legge che permette di divorziare in tempi brevi, brevissimi: al massimo dodici mesi.
Chi frequenta i corridoi parlamentari giura di aver ascoltato squilli di tromba. «Anche questa promessa è stata mantenuta» ha chiosato Matteo Renzi. Ipse dixit.
Cerchiamo di ragionare. Il divorzio non sana il matrimonio ma ratifica un fallimento, porta con sé drammi e delusioni, spesso lascia ferite che non saranno mai rimarginate. Negli sposi e soprattutto nei figli, vittime innocenti di una guerra che non hanno scelto di combattere. Alcune volte, ma i numeri sono in crescita, la separazione invece di arginare i conflitti li rende ancora più gravi, al punto da generare odio e violenza. Di fronte a tutto questo – che ha il sapore e spesso anche i costi di una guerra civile – vorrei vedere un sussulto di coscienza, manifestazioni aperte da cartelli con la scritta: “Mai più divorzi”. Vorrei una reazione morale collettiva che sia capace di riconoscere i limiti oggettivi di una cultura che inquina la naturale capacità di amare. E invece…
E invece, incontro il volto giulivo dell’onorevole Marina Sereni, che presenta la legge sul divorzio come una vittoria dello Stato e della ragione. «Una legge attesa da quarant’anni» aggiunge con evidente compiacimento. Ma non dice che cosa è stato fatto in tutti questi anni per ridurre le separazioni. È come se un ministro annunciasse una legge che offre a tutti i migranti del mare una scialuppa di salvataggio senza dire come s’impegna ad evitare altri naufragi. Ci siamo dunque arresi.
Meglio il divorzio che vivere una permanente conflittualità, dicono alcuni. Ma nessuno spiega perché ci arrendiamo così facilmente. Perché l’amore viene gettato alle ortiche con una superficialità che dovrebbe spaventare qualunque persona di buon senso? Perché non facciamo nulla per accompagnare e sostenere la fatica dell’amore, per spiegare che l’amore non è solo un sentimento ma impegno che coinvolge tutto il nostro essere? Non una piacevole sensazione ma esperienza in cui c’è anche da soffrire. Perché nessuno dice che l’amore non è soltanto un’emozione passionale e non si gioca solo nell’istinto della carne ma si veste anche di tenerezza, attenzione, perdono? Chi insegna che l’amore è un viaggio, un’avventura non priva di rischi ma capace di regalare gioie inestimabili a chi ha il coraggio di perseverare?
Le leggi non sono mai neutrali e purtroppo quella sul “divorzio breve” contribuirà a rendere ancora più liquido il patto coniugale. Fino al punto da liquidarlo come un mobile d’epoca. Ma noi non ci arrendiamo al naufragio, continueremo a lottare per una società che non emargina la famiglia e non la lascia sola nel mare in tempesta. Lo facciamo perché sappiamo che la storia è in mano ad un Altro che ha già previsto le scialuppe di salvataggio. E non sono quelle che portano la firma del Parlamento.
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