Sposi

Luci accese sui protagonisti

di don Silvio Longobardi

Un cammino che continua quello del Sinodo con un augurio speciale: dare la parola agli sposi, veri protagonisti di questa affascinante stagione della vita ecclesiale. Solo la loro testimonianza può aiutare a definire l’universo famiglia.

Il Sinodo continua. Ancora un anno per accordare gli strumenti, condividere le voci, raccogliere le esperienze. Un anno che non dobbiamo lasciare solo ai vescovi e ai teologi. Diamo la parola anche agli sposi. In fondo, sono loro i veri protagonisti di questa faticosa e affascinante stagione della vita ecclesiale.

I vescovi hanno un particolare e decisivo ruolo nell’ambito del magistero, spetta a loro definire la dottrina e le strategie pastorali più efficaci per incarnare nell’oggi l’unica missione. E tuttavia, la loro parola non soffoca anzi raccoglie tutte le voci della comunità ecclesiale. Vorrei ascoltare più spesso la voce degli sposi, nella speranza di dare una rappresentazione più semplice e concreta della realtà familiare. Gli sposi hanno il diritto e il dovere di parlare perché la loro esperienza può aiutare a definire l’universo famiglia nella sua più semplice concretezza.

Mi auguro che gli sposi siano in prima fila, la grazia sacramentale dell’amore che essi hanno ricevuto, li rende di diritto protagonisti di una nuova stagione pastorale.

Diamo più spazio agli sposi, che ogni giorno vivono con eroica fedeltà la loro vocazione, se l’esperienza di tante famiglie avesse maggiore risonanza, avremmo avuto un quadro più completo della realtà familiare. Il Sinodo sulla famiglia deve diventare un Sinodo della famiglia, un Sinodo dove gli sposi possono raccontare le gioie e le speranze della comunità domestica. La famiglia ha tante ferite ma è anche una casa ospitale, grembo di gioie e luogo degli affetti. Una risorsa inestimabile della società e della Chiesa.


La parola agli sposi

di Martina Nacchio

La famiglia è il focolare in cui la Parola di Dio cresce e si alimenta. Ogni momento trascorso non solo in parrocchia, ma a casa, intorno ad un tavolo, ad un caminetto, ad un buon pasto è un rinnovare la personale promessa di fede.

«Le famiglie sono la Chiesa domestica, dove Gesù cresce, cresce nell’amore dei coniugi, cresce nella vita dei figli» così Papa Francesco si rivolgeva alle famiglie esattamente un anno fa. Solo se all’interno delle mura domestiche matura la conoscenza e la fede in Dio, Gesù entra a far parte del nucleo familiare.

Proporre la storia di una piccola Chiesa domestica è il modo più semplice ed efficace per riflettere sui temi del prossimo Sinodo di ottobre.

Protagonista di questa storia è Emma, o meglio la famiglia che ha costruito insieme a suo marito Nello. Emma, Nello, Francesco, Emanuele e Angelica, una fotografia in cui 5 persone sorridono radiose guardando l’obbiettivo. Francesco, il primogenito, ha nove anni e tra poco riceverà il sacramento della Prima Comunione. Un evento che sente con tutto il cuore, di cui comprende l’importanza e per cui si è a lungo preparato. Insieme agli altri bambini durante gli anni di Catechismo, certo, ma non solo. La sua famiglia ha compiuto insieme a lui questo viaggio. Un viaggio fatto di riflessione, di preghiera, ma anche di gioco e creatività. Un percorso condiviso con altre tre famiglie i cui figli devono riceve il dono dell’Eucarestia.

È una grazia per Emma quel fiore germogliato nel cuore del suo bambino.

Vicinanza, percorso, condivisione, sono tutte parole chiave che appartengono alla Chiesa e alla famiglia indistintamente. Forse perché uguale è la missione che presuppongono: quella di seminare. Gli sposi seminano nella propria famiglia, così come la Chiesa fa all’interno della propria comunità.




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