Divorzio

Le illusioni del divorzio breve

Matthew Benoit - Shutterstock.com

di Gabriele Soliani

Il “divorzio breve” è passato con una maggioranza "bulgara" dopo un iter abbastanza veloce. In un Parlamento litigioso su tutto è stato invece facile fare una legge per “smontare” il matrimonio, che è un pilastro portante della società civile. Con 398 sì, 28 no e 6 astenuti alla Camera, l’Italia ottiene il divorzio breve.

Non più tre anni per separarsi, come previsto dalla riforma della legge Fortuna-Baslini, ma solo 6 mesi se la separazione è consensuale, e al massimo un anno se si decide di ricorrere al giudice. Dopo questa legge ne arriveranno certamente altre sulla stessa onda. E pensare che uno studio inglese ha rilevato che il 54% dei divorziati vive con grossi rimpianti la “fine” del loro matrimonio, e, passati gli amari litigi, sperimentano dubbi sul fatto di aver preso la decisione giusta. Il 42% di questi ha provato a ricostruire il rapporto e il 21% è riuscito a tornare assieme alla persona dalla quale aveva divorziato. Uno su cinque ha avuto rimpianti fin da subito e il 19% entro una settimana. Il divorzio “breve” negando un periodo di attesa tra la decisione di divorziare e l’effettiva separazione, senza lasciare ai coniugi il tempo di riflettere maggiormente sulla decisione, non aiuta veramente la famiglia (e la società). Oggi sappiamo che almeno la metà dei divorziandi si pentirà e vorrà tornare indietro. È lecito che nasca il dubbio che i parlamentari italiani non capiscano veramente le persone e vivano in un “loro” ideologico mondo politico staccato dalla realtà. Una delle motivazioni centrali per il “divorzio breve” è quella dei figli, sostenendo che più breve è il periodo dei litigi minore sarà la sofferenza dei bambini. Tesi, questa, mai dimostrata scientificamente e sconfessata dalla sorpresa dolorosa dei figli che tante maestre e professoresse leggono nei temi a scuola.

Non è esagerato ammettere di sentirsi allibiti di fronte alla superficialità e facilità con cui si è voluto alleggerire la procedura del divorzio, che sicuramente avrà, come conseguenza, lo sfasciarsi di molte più famiglie.

Il Centro internazionale studi sulla famiglia (Cisf) parla di 88.288 separazioni in Italia nel 2012 alle quali corrispondono 51.319 divorzi (mentre, nel 1995, le separazioni erano 52.300 e i divorzi 27.000). Questo significa che non tutte le separazioni finiscono in divorzio, come dice lo studio inglese citato sopra. Il tempo e il valore del perdono possono curare le ferite che hanno causato la divisione.

Un interessante studio della Stockholm University sottolinea che la separazione, nonostante sia prassi del costume sociale, continua a segnare le vite dei ragazzini e, ancor più, delle ragazzine. Soprattutto gli adolescenti che vivono con un solo genitore tendono a soffrire, molto più della norma, di disturbi di alimentazione, di problemi di sonno e di frequenti dolori psicosomatici. La ricerca smorza dunque l’entusiasmo di chi crede di essere riuscito a rompere, in fretta, un’unione salvando la prole preservandola dai litigi e regalandole un modo sereno e originale di godersi papà e mamma. L’eredità che la separazione lascia ai figli emerge nell’adolescenza sotto forma di mal di testa, mal di stomaco, sonno irregolare, stress, tensione, tristezza e perdita di appetito. Questo soprattutto nel caso di figli di genitori separati affidati prevalentemente o esclusivamente a uno dei due, dove, oltre a vedere pochissimo il padre (di solito), c’è lo stressante cambio di casa per vivere un po’ con l’uno e un po’ con l’altro.

Gli onorevoli parlamentari pensano dì aver aggiunto, col divorzio breve, un tassello ai “nuovi diritti”e di aver rinnovato il concetto di matrimonio ma non è così e gli adulti del futuro potrebbero chiederne conto.




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