Social media
Figli in vetrina
“Condividere foto personali dei propri figli da parte dei genitori è una pratica abituale” secondo Ecpat Italia, realtà impegnata contro lo sfruttamento sessuale e commerciale dei minori. I genitori sono spesso inconsapevoli dei danni provocati.
«L’abitudine di condividere foto personali dei propri figli da parte dei genitori è una pratica abituale» dichiara Ecpat Italia (End child prostitution pornography and trafficking), impegnata a combattere lo sfruttamento sessuale e commerciale dei minori. «Facebook, Toghetera, Instagram, Scrapbook: un’invasione di immagini di bambini in tutti social, e spesso genitori poco consapevoli del rischio reale di una foto data in pasto al web. Un edonismo spiccato e copioso – si legge in una nota – quello che vede come protagonisti bambini sbattuti on line. Un gioco di vetrine e di specchi che non esclude i più piccoli». Sono proprio i protagonisti, i bambini, a percepire come fastidiosa l’esposizione digitale in “bella mostra”: «Il 20% degli studenti tra i 12 e i 14 anni – – afferma Yasmin Abo Loha, segretario generale di Ecpat Italia – dichiara di essere infastidito dal fatto che a pubblicare foto personali siano i genitori ma da quanto emerge dai nostri studi osservativi, non c’è la stessa percezione quando a condividere le proprie foto sono coetanei e amici». Il dato che emerge con chiarezza è l’inconsapevolezza da parte dei genitori dei danni provocati ai propri figli con l’abitudine della condivisione ossessiva di foto e video. Conclude Abo Loha: «Ci lascia sempre più sgomenti il fatto che a cedere a queste logiche siano soprattutto gli adulti, cui non sorge alcun dubbio sul fatto di mettere in vetrina se stessi, i loro affari e soprattutto i loro figli».
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