Società

La trappola dell’Europarlamento

di Gabriele Soliani

Con una perseveranza quasi ossessiva il Parlamento Europeo ha approvato, il 10 marzo scorso, il “diritto” alla contraccezione e all'aborto. Non solo. È tempo di buttare giù le maschere.

Con una perseveranza quasi ossessiva il Parlamento Europeo ha approvato, il 10 marzo scorso, il “diritto” alla contraccezione e all’aborto. Con 441 sì, 205 no e 52 astenuti è passata la mozione dell’eurodeputato belga Marc Tarabella nella quale il diritto alla contraccezione e all’aborto viene rivendicato senza giri di parole: «Il Parlamento europeo (…) insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva». Sembra che il voto abbia diviso gli schieramenti. Il Partito Popolare Europeo ha votato contro, eppure è bastato un emendamento (il 43 bis), un ingenuo autogol dello stesso Partito Popolare, per far cadere …. nel trabocchetto. L’emendamento dice che: «… l’elaborazione e l’applicazione delle politiche in materia di diritti sessuali e riproduttivi nonché in materia di educazione sessuale, sono di competenza degli Stati membri: ribadisce nondimeno che l’Ue può contribuire alla promozione delle migliori pratiche degli Stati membri».

Grazie a tale emendamento l’eurodeputata cattolica Silvia Costa (Pd), presidente della Commissione Cultura del Parlamento, che nel 2013 si era astenuta sulla risoluzione Estrela, ha votato a favore della relazione come da lei stessa annunciato su Twitter: «Con questo emendamento che ribadisce che sanità e diritti sessuali e riproduttivi sono competenza nazionale ho votato a favore della #Tarabella». Proprio la “competenza nazionale” (e ci mancherebbe altro!) sui temi dell’aborto ha tratto in inganno perché ora basterà che i Governi nazionali si appellino alla mozione del Parlamento Europeo per far pressione sull’opinione pubblica e i Parlamenti. Sarà la stessa cosa per altri cosiddetti “nuovi diritti”. Gli Europarlamentari italiani hanno votato così: 45 sì, 16 no, 4 astenuti e 8 non hanno votato. Qualche giorno prima del voto la Laiga (Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione Legge 194/78) aveva lanciato al Partito Democratico un avvertimento molto chiaro: «Non possiamo permettere che il Pd tradisca nuovamente le donne. (…) L’importanza di una normativa europea adeguata in materia è vitale: rappresenta l’ultimo baluardo al quale le donne possono appellarsi per il riconoscimento dei propri diritti sessuali e riproduttivi».

Il Parlamento Europeo, così indeciso e diviso in materie politiche e sociali, mostra invece i muscoli in materie etiche ed impone (dolcemente) i suoi diktat. Le posizioni della Chiesa Cattolica in materia sono niente rispetto all’invadenza dell’Europarlamento, proprio lui che cercò di zittire i richiami della Santa Sede in difesa della vita nascente innocente e della famiglia fatta da mamma e papà.

Questa maggioranza dell’Europarlamento è la premessa per l’assedio al Governo Renzi sui diritti omoaffettivi, sul gender nelle scuole (che è già cominciato), sull’adozione alle coppie dello stesso sesso, utero in affitto, selezione embrionale, eutanasia legale ….

Il Parlamento Ue ha approvato anche la Risoluzione Panzeri, non vincolante, che invita gli Stati membri a contribuire alla riflessione sul matrimonio gay e sulle unioni civili quale eventuale questione politica, sociale e inerente i diritti umani e civili. Per ora non ha preso posizione perché non ne ha il “potere”, ma l’invito è un chiaro messaggio in politichese.

Sul tema si è già espressa la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha negato l’esistenza di un diritto universale al “matrimonio per tutti”, ricordando che la Convenzione Europea dei Diritti Umani parla solo di matrimonio tra un uomo e una donna e che ogni altra specificazione è di competenza esclusiva dei singoli Stati (che non hanno alcun obbligo).

Quindi l’idea che il matrimonio gay “ce lo chiede l’Europa” per questioni di diritti umani è una forzatura giornalistica, in perfetto stile …. progressista.

Il Parlamento Ue usa tutti i modi possibili per la modifica del diritto di famiglia, ma in Italia l’idea di un matrimonio tra persone dello stesso sesso è già stata dichiarata (poche settimane fa) dalla Consulta “incompatibile con la nostra Costituzione”. Staremo a vedere.




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