Sinodo

La famiglia non soccomberà

di don Silvio Longobardi

Il Sinodo accende i riflettori sulla famiglia, istituzione troppo spesso trascurata e ricorda che la famiglia è una risorsa per l’umana società. Tra luci ed ombre, quale è la situazione reale in cui versa la famiglia?

Il Sinodo è una risorsa per la famiglia: rappresenta una finestra autorevole sulla comunità domestica, un invito a conoscere sempre meglio il valore e il ruolo di questa istituzione, tanto bistrattata eppur così essenziale. La famiglia è il microcosmo da cui dipende la stabilità e lo sviluppo armonico dell’intera società. Al tempo stesso il Sinodo invita a scoprire la famiglia come risorsa, cioè un bene prezioso di cui la società non può fare a meno.

Dobbiamo ringraziare il Santo Padre per aver acceso i riflettori sulla famiglia attraverso un percorso che coinvolge tutti. Sono certo che, grazie al Sinodo, crescerà nella Chiesa una nuova attenzione per la famiglia.

Il Sinodo ha ribadito che la Chiesa non abbandona la famiglia, anzi la sostiene e incoraggia tutti coloro che hanno responsabilità, nella vita ecclesiale come in quella civile, ad attivare iniziative concrete a favore della famiglia.

Partiamo dalla realtà. Nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale delle comunicazioni, Papa Francesco ha invitato a guardare la famiglia a partire dalla realtà: «Anche la famiglia, in conclusione, non è un oggetto sul quale si comunicano delle opinioni o un terreno sul quale combattere battaglie ideologiche. […] I media tendono a volte a presentare la famiglia come se fosse un modello astratto da accettare o rifiutare, da difendere o attaccare, invece che una realtà concreta da vivere; o come se fosse un’ideologia di qualcuno contro qualcun altro, invece che il luogo dove tutti impariamo che cosa significa comunicare nell’amore ricevuto e donato. Raccontare significa invece comprendere che le nostre vite sono intrecciate in una trama unitaria, che le voci sono molteplici e ciascuna è insostituibile» (23 gennaio 2015).

La famiglia è un’esperienza in cui un uomo e una donna si giocano tutto, tutti i sogni, tutta la gioia, tutto il dolore. Quando uno si sposa, ha tutto ma non gli resta più niente. Amare significa consegnare la propria libertà. Ma tutto questo non s’improvvisa e non è affatto facile. La famiglia è come un pacco sul quale dovremmo scrivere: fragile, usare con precauzione.

Luci e ombre. Dobbiamo insistere di più sul valore della famiglia e mettere in luce quella ricchezza di valori e di affetti che passa attraverso la vita della comunità domestica, anche di quella più semplice, una ricchezza che spesso resta nascosta, lasciando la triste impressione di una famiglia perennemente in crisi. Troppi medici oggi si affollano al capezzale della famiglia, ciascuno con la propria ricetta. Appare a tutti come un’ammalata grave. Per alcuni già in stato terminale. I più ottimisti prevedono una lunga convalescenza.

Considerare la famiglia sempre e solo come un malato non aiuta a capire e ad affrontare la crisi. Anzi, paradossalmente la rende ancora più grave perché, a furia di dire le cose che non vanno, finiamo per convincerci che non esiste una via d’uscita. E che la famiglia sia giunta al capolinea.

Non sono così ingenuo da non vedere il disagio che si annida nella comunità domestica, parlo con tanti sposi e conosco i problemi che appesantiscono la vita della coppia e della famiglia.

Tanti di loro hanno smarrito l’amore e non sanno più come ripartire. Altri non hanno ancora imparato a conciliare i tempi del lavoro e della famiglia. Tutti vivono con preoccupazione il compito educativo.

E poi vi sono le situazioni di sofferenza: la sposa abbandonata dal marito che ancora si domanda se ha fatto tutto per custodire l’amore; le coppie che sperimentano una esasperata conflittualità e non sanno se e fino a quando potranno resistere. Ci sono case in cui risplende l’amore e la convivialità ma anche quelle in cui si lotta e si soffre. Tante, troppe famiglie sono costrette a camminare da sole sopportando problemi più grandi di loro.

“La civiltà dell’amore”. La famiglia è un microcosmo che riflette le ferite che attraversano l’intera società. E tuttavia, la Chiesa invita ancora una volta a scommettere sulla famiglia perché è la culla di quella che il Beato Paolo VI, con indefettibile speranza, chiamava “la civiltà dell’amore”.

Dinanzi ad uno scenario così complesso, in cui luci e ombre s’intrecciano, generando paura e confusione, abbiamo bisogno di certezze. È vero che la famiglia risente pesantemente della crisi sociale e del relativismo culturale, è vero che la fragilità coniugale presenta livelli sempre più preoccupanti. Ma con altrettanta chiarezza – e con quella autorità che nasce dalla fede – dobbiamo dire che la famiglia non è destinata a soccombere. Da molti anni ho la possibilità di accompagnare gli sposi: ho potuto conoscere da vicino le difficoltà che essi vivono ma ho anche avuto la grazia di sperimentare la forza che il Signore dona loro. Molti sposi si fermano, incapaci di sciogliere le catene della mediocrità. Coloro che accettano la sfida del Vangelo riescono a camminare speditamente nelle vie della santità.

 




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