Educazione
«Parla al tuo ragazzo dell’Isis prima che lo faccia l’Isis»
Attirati nella rete dalla potente macchina della propaganda del Califfo, adolescenti e giovani sono disposti a lasciare le loro famiglie per inseguire un’ideologia di morte. Più vigilanza da parte dei genitori.
Shamima Begum e Amira Abase, 15 anni, e Kadiza Sultana 16 anni, le tre adolescenti britanniche di religione musulmana che sono fuggite da casa lo scorso 17 febbraio per arruolarsi nell’Isis sono state intercettate dalla polizia di Scotland Yard al confine fra la Turchia e la Siria. Sembra che volessero raggiungere una loro coetanea partita a dicembre per infoltire il gruppo delle «mogli della jihad». Sono forse solo le ultime di un folto numero di adolescenti e giovani adescati spesso attraverso il web attratti dal fascino del Califfo. Anche Damian Clairmont, ragazzo canadese andato a combattere con gli jihadisti al servizio di Abu Bakr al-Baghdadi, è uno tra questi. Ma la sua avventura è finita nel 2014 durante una dura battaglia ad Aleppo, aveva appena 22 anni. La mamma, Christianne Boudreau, ai microfoni della CNN, ha raccontato il suo dramma denunciando aspramente i responsabili dello Stato islamico ricordando che suo figlio era un ragazzo tranquillo fino a 17 anni quando alcuni conflitti con compagni di scuola lo turbano al punto di tentare il suicidio. Quando si è ripreso ha chiesto di convertirsi all’Islam, ma da quel momento la propaganda su Internet e negli ambienti islamici estremisti ha fatto braccia nel suo cuore e catturato il suo cervello. Così Damian, con la scusa di recarsi in Egitto per imparare l’arabo, viene cooptato dalla potente macchina del Califfo e per lui ha combattuto ed è morto. Come Damian tanti altri adolescenti e giovani vengono adescati su internet, restano affascinati dall’ideologia e attraverso i canali web vengono indottrinati e persuasi ad arruolarsi. Un’organizzazione internazionale Hayat Canada ed ExtremeDialogue.org si preoccupa di fornire a genitori ed insegnanti gli strumenti per contrastare questo fenomeno con lo slogan: «Parla al tuo ragazzo dell’Isis prima che lo faccia l’Isis». Un pericolo da non sottovalutare. Le vie preferenziali utilizzate sono i social network, nei quali l’Isis fa circolare contenuti virali, cioè video di esecuzioni che vengono condivisi e visti da milioni di persone in poche ore. Queste immagini amplificate dai media tradizionali come Tv e stampa, trovano terreno fertile tra i soggetti più vulnerabili in modo particolare giovani e adolescenti.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento