Maternità surrogata
Un altro colpo alla dignità umana
I vescovi europei accendono i riflettori sulla maternità surrogata: “No ai bambini fabbricati come prodotti”.
“La maternità surrogata attenta gravemente alla dignità umana”: è la voce che si è levata ieri a Bruxelles dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) insieme al gruppo di lavoro del Ppe sulla bioetica nel corso della conferenza “Surrogacy and human dignity” al Parlamento europeo.
I dati. La maternità surrogata (Gpa) è in crescita in Paesi come la California, l’India, la Thailandia, l’Ucraina e la Russia. Invece, nell’area europea, sette sono i Paesi che vietano completamente la Gpa, sei la proibiscono parzialmente e dodici non hanno alcuna previsione normativa in materia. L’Inghilterra riconosce un compenso di circa 4 o 5 mila euro alla madre surrogata.
La deriva. Secondo gli autori del parere illustrato da Patrick Verspieren (Centre Sèvres) la Gpa costituisce una pratica che “attenta gravemente alla dignità umana” per la strumentalizzazione del corpo della madre surrogata e il conseguente sfruttamento delle donne più fragili e povere, a favore di coppie o singles ricchi.
Si tratterebbe di una violazione del principio della dignità umana e del divieto di fare del corpo umano una fonte di lucro, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Una “reificazione del bambino” che si impone sempre più come ideologia in assenza di un “diritto al figlio” ed in un contesto in cui la questione dello status giuridico dei bambini nati nell’ambito degli International Surrogacuy Arrangements va seriamente riconsiderato.
Le proposte. Norme comuni di diritto internazionale, riconoscimento reciproco delle sentenze in materia di affiliazione legale ed una convenzione europea: queste le proposte presentate nel testo della Comece.
Un pronunciamento secondo cui è “inaccettabile” la commercializzazione del corpo della donna e del bambino e, di conseguenza, la Gpa. Non è in discussione soltanto il mercato della “maternità surrogata” e il relativo “turismo procreativo”. “La questione cruciale – scrivono gli estensori del documento – è se vogliamo istituire una società in cui i bambini siano fabbricati e venduti come prodotti”.
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